Il settimo sigillo di Ingmar Bergman
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Argomento in sintonia con il mese dedicato al ricordo dei defunti, ma anche un tentativo di dare una visione multiculturale e ampia dell’argomento. Un tema sempre meno comprensibile, sempre meno accettato nell’ottica della cultura occidentale, dove tutto deve essere orientato alla perfezione, alla positività della produzione, al consumismo sfrenato.

Il culto della morte è un argomento molto delicato, nasce insieme al genere umano, si diversifica, perfeziona e si raffina fino ad assumere una vera e propria ideologia. Non solo culto dei morti, con tutte le tradizioni (cibo, arte, costumi e musiche), ma culto della morte in se. La consapevolezza della morte come fine, oppure, per le religioni, come inizio di altre vite. La morte come unica via, come rinuncia alla vita o come piacere estetico. La morte non solo come contrario della vita, un’altra dimensione. Il discorso filosofico di Heidegger ad esempio è molto pregnante: la morte è sempre dentro il “circolo”, dove da sempre siamo “gettati”.

Poi c’è l’aspetto della perdita, descritto da Claudio Basile nel suo “Lutto, perdita, elaborazione: morte (del) reale, morte simbolica”. La morte come assenza, abbandono, lacerazione. La morte è anche cambiamento: la morte dell’adolescenza, o della giovinezza, uccidere il padre, o la madre per la psicanalisi. C’è il contesto dove “vive” la morte, i mestieri che incontrano la morte: medici, e centri per la terapia di malattie terminali, centri dove si praticano le cure palliative, discorso molto importante raccontato nel bel pezzo di Carmen Bilotta “Alla fine della vita. La Rete delle Cure Palliative in provincia di Bergamo”.

L’altro aspetto fondamentale è quello del suicidio, adorazione della morte come purificazione. La morte come estetica nel pezzo di Maria Grazia Sussarellu “Tra etica ed estetica: il suicidio gesto estremo o massima espressione di libertà?” La musica si è occupata dell’argomento in tutta la scena dark anni 80/90, si ispirava alla morte come liberazione, come territorio da esplorare artisticamente, da cui prendere ispirazione. Come dice Giuseppe Novella nel suo pezzo A darkwave “non manca l’ossessione per il lato oscuro, per la morte, per l’ineluttabilità delle cose”. Della musica per i morti, nella tradizione mediterranea si occupa Fabio Ciminiera nel suo “Morte e resurrezione”.

La letteratura si è occupata della morte in milioni di pagine, opere “immortali”. Alessandra Ghiani nel suo “All’ombra de’ cipressi“, ci parla di un classico, bellissimo, intramontabile, “Dei sepolcri” di Ugo Foscolo, un’opera che ha affascinato e continua ancora oggi a colpire l’immaginazione e il cuore dei lettori. Un viaggio letterario sul tema della morte ce lo propone Alessandra Granata ne “Le arti cantano la morte per esaltare la preziosità della vita“. Un’intervista ad Erika Polignino, autrice di Modamorte, un romanzo fantastico sulla visione originale sull’arte di vestire i defunti. Un pezzo magistrale di Michela Becciu “L’uomo Sisifo si suicida ne L’Assurdo” dove fa un parallelo tra Camus e Salvatore Quasimodo. Un piccolo racconto “Il paradiso può attendere” della nostra nuova penna Cansuelo Melis a cui diamo il benvenuto nella famiglia mediterranea.

La morte intesa come rinuncia. Si rinuncia alla vita se una parte di noi non agisce, non fa esperienza. Si muore lentamente nel momento in cui si rinuncia.
C’è poi una morte istituzionale. Gli ultimi vent’anni hanno generato un meccanismo economico che ha escluso un’intera generazione dal mondo del lavoro, milioni di giovani perdono la possibilità di fare progetti, la mancanza di prospettive in Italia (ma in tutto il Mediterraneo in genere) ha già ucciso una parte importantissima di esperienza umana. Infine il fascino della morte come spettacolo, si veda l’aumento di ascolti delle serie tv dedicate, delle notizie di morti violente esasperate dai media. Argomento sempre vivo è quello del paranormale, del discorso su “La morte tra esoterismo, medianità e parapsicologia“, di Veronica Matta.

Si può fare un viaggio nell’arte dei cimiteri monumentali e nelle opere dedicate ai caduti in guerra nel pezzo di Adriana De Angelis “Culto della morte e i cimiteri nell’arte e nell’architettura“. Un curioso reportage “I cimiteri del Cairo, dove vita e morte convivono in perfetta simbiosi” di Cristina Giudice dal Cairo dove i cimiteri sono stati ripopolati dai vivi, che abitano questi luoghi per estrema povertà e per la mancanza cronica di alloggi della metropoli egiziana. O ancora il viaggio di Viviana Maxia, un reportage sulle aree cimiteriali di Cagliari come Tuvixeddu e Bonaria: una passeggiata cagliaritana nei luoghi di sepoltura. La fotografa Sabina Murru presenta una galleria fotografica di cimiteri in giro per l’Europa, fotografando l’immortalità delle opere d’arte.

Novembre è il mese dedicato ai morti, a cui si offrono doni e cibi appositi. La tradizione dei dolci sardi per i morti “Faghide bene a sos mortos“, di Claudia Zedda

Nicola Lecca ci parla di una breve lettera “simbolo”, scritta da un giovane ad un sacerdote morto improvvisamente a cui aveva “bisogno” di dire tante cose (a volte l’occasione mancata è persa, quella colta è guadagnata). Maria Giovanna Peru, con la sua sensibilità da pensatrice, ci parla della “Paura della morte“, e l’allontanamento della conoscenza della morte come parte della vita. Il pezzo di Barbara Picci ci allontana per un momento dalla serietà dell’argomento proponendo la storia delle “Ridicole dipartite…

Daniela Trudu un pezzo sulla pedagogia della morte, e gli studi che sono stati fatti in questo senso anche da un punto di vista psicologico: da Piaget o Freud (in particolare il concetto di pulsioni che egli chiama Eros e Thanatos, Amore e Morte), e filosofico di Heidegger.

Gabriella Dessì (Fata jana), ci parla de Su Tapinu de mortu, il tappeto che pare venisse usato per la veglia funebre.

Giulia Palomba ci descrive, in un bellissimo pezzo, il cinematografico piano sequenza e le considerazioni di Pasolini nel suo “osservazioni sul piano sequenza”- l’infinito presente. Donatella D’angelo, (consigliato ai maggiorenni e ai caratteri forti), ritratto fotografico della morte come opera d’arte.

Buona lettura!

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