Lavoro
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Esiste un nesso necessario tra il contratto “atipico” e una vita precaria? Tutti i lavoratori sono tutelati allo stesso modo? La soddisfazione o la salute del lavoratore sono aspetti legati alla durata del contratto? Abbiamo scelto questo titolo pensando al nesso necessario, alla conseguenza diretta tra Contratto atipico (a tempo determinato in genere) e una vita precaria.
Idea rafforzata dagli articoli che questo mese ospita mediterranea. Un tema apparentemente facile nelle conclusioni, che invece fa pensare ad un ripensamento dell’organizzazione sociale a partire dalle condizioni di lavoro.

I giornalisti di mediterranea si sono occupati del tema in modo appassionato ed esaustivo, utilizzando le sezioni della rivista: In viaggio, Arte, Musica, Libri, Storie meridiane, Economia internazionale

Che fare?

Il “contratto sociale”, deriva anche dal “contratto atipico”? Ossia il nostro modo di vivere, di organizzare la vita, di prendere decisioni, di fare delle scelte, di formare una famiglia, di fare investimenti, di crescere, dipende dalla stabilità del contratto di lavoro?
Queste sono le domande con cui sono nate e si sono poi sviluppate le maggiori dottrine politiche del secolo scorso. L’organizzazione del lavoro, rispetto dei diritti dei lavoratori, difesa dello stato sociale, rispetto della concorrenza, rispetto per i diritti dei pensionati, diritto alla pensione. Sono temi antichissimi, ormai quasi dimenticati, quasi facessero parte di una retorica teorico-politica e non della pratica quotidiana di vita.

Anni ’90 del secolo scorso

Cerchiamo di analizzare i vantaggi e gli svantaggi della rivoluzione della liberalizzazione del mercato del lavoro con l’introduzione delle Agenzie Interinali. Questa terminologia è comparsa in Italia agli inizi degli anni 1990, periodo in cui comincia a farsi sentire il bisogno di flessibilità nei rapporti di lavoro. L’introduzione di questa tipologia di contratto lavorativo si deve alla Legge Treu del 1997 (legge 24 giugno 1997, n.196). Questa legge determina la chiusura dei vecchi Uffici di collocamento a gestione pubblica, (risalenti addirittura al fascismo), in cui il mercato del lavoro doveva essere controllato dallo Stato. Una normativa europea invece, considera questi uffici come aziende poiché in concorrenza con le agenzie di collocamento private. La prima legge Treu ha dei tratti positivi: garantire al lavoratore interinale lo stesso trattamento retributivo di un lavoratore assunto a tempo indeterminato, garantire gli stessi diritti generali come la malattia, ferie, straordinari, permessi vari. L’evoluzione di questa legge con la Legge Biagi, apre moltissime varianti del contratto a tempo determinato, come i famigerati Contratti a progetto, CO.CO.CO, contratto ad affitto o Leasing. Questa estrema liberalizzazione del trattamento contrattuale fa si che il lavoratore sia considerato solo ed unicamente in base alla spesa, al suo costo, non come risorsa importante per l’azienda, si utilizza la risorsa solo per un tempo determinato, quando serve. Questo sistema, purtroppo, viene usato anche dagli enti pubblici che continuano a non volersi impegnare direttamente usando le agenzie interinali o contratti a tempo determinato.

Dopo vent’anni di tempo determinato

L’Italia, come tutti i Paesi della Comunità europea, ha rivoluzionato in questo modo il mercato del lavoro. L’obiettivo era quello di favorire la ripresa economica delle aziende, e trovare occupazione per tantissimi lavoratori in cerca di lavoro. Dopo un arco di tempo importante possiamo affermare, senza dubbio di smentita, che la situazione è peggiorata. Le aziende continuano a chiudere e i lavoratori a non avere un impiego stabile. Il lavoro a tempo determinato è comodo, e addirittura utile, quando si tratta di consulenze, ossia di lavori per progetti a termine. Se si pensa alle consulenze esterne per gli enti pubblici, che diventavano eterne senza un contratto a tempo determinato o a progetto, quindi straordinario. Ma questo metodo non può certo essere usato per un lavoro ordinario che ha bisogno di svilupparsi negli anni: amministrativi, contabili, urbanistica ecc. Solo per parlare del pubblico. Se poi entriamo nel mondo dell’editoria o dell’informazione la precarietà del contratto incide subito nella qualità del lavoro. Possiamo fare una relazione fra lavoro precario e qualità del prodotto, in tutti i campi.

Un milione di posti di lavoro
Vignetta su Parentopoli

Conclusioni

Le domande che ci siamo posti sono di difficile risposta. Le domande, se ben poste, fanno nascere nuove e più articolate domande, fanno venire a galla altri problemi e punti di vista. Possiamo analizzare il mercato del lavoro collegandolo direttamente alla società in cui viviamo, il lavoro determina e forma la nostra vita. Come molti altri aspetti della vita certo: i nostri studi, le scelte familiari, la città in cui vivere, il Paese in cui vivere, le scelte politiche. Ma finché non esiste una base economica o dignitosa, nessun’altra scelta è possibile.
Si ritiene appurata la conseguenza necessaria tra contratto atipico e una vita precaria, ma sarebbe molto interessante discuterne con i lettori…

Buona lettura

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