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In questo numero indaghiamo il ruolo attuale delle minoranze. Nella sponda sud, come in quella europea del mare nostrum, il discorso delle minoranze continua ad essere molto vivo in vari ambiti sociali.

Nonostante l’importanza del tema, nell’informazione mainstream il discorso non viene mai affrontato, anzi si cerca sempre di generalizzare, semplificare.

L’essere minoranza è un problema per molti governi, ancora di più per le dittature. La minoranza viene calpestata quando ambisce a diventare maggioranza, o perché disturba in qualche modo la tranquilla e sicura navigazione del governo di turno. L’Italia, per stare vicini, cerca affannosamente da più di vent’anni una stabilità di governo attraverso l’idea di maggioritario secco: trasformare la rappresentanza politica in due soli schieramenti, che puntualmente si moltiplicano alle elezioni, e successivamente in parlamento. L’obiettivo della proposta di riforma costituzionale avrà come conseguenza il depotenziamento delle minoranze parlamentari con maggiori poteri all’esecutivo. Sicuramente utile per velocizzare l’attività parlamentare, ma si mette in pericolo il concetto stesso di minoranza.

L’essere minoranza è certamente una questione numerica: riguarda la gestione del potere e dell’amministrazione, si tratti di politica o governo del mercato. La grande politica non è più costruita intorno ai due blocchi storici del ‘900, oggi si è trasformata in competizione finanziaria e commerciale su vasta scala, dove ogni decisione è già stata presa in sedi lontanissime dal proprio paese. Non c’è un senso di appartenenza così forte ad un’idea, ma ad uno stile di vita, che tende naturalmente ad omologare l’intero pianeta. In questo caso, una minoranza di persone domina sulla maggioranza del pianeta. Poche migliaia decidono su 7 miliardi di persone.

Cambiano le maggioranze e rinascono finalmente le molte comunità culturali e linguistiche soffocate dalle ideologie totalitarie. Oggi si può registrare un nuovo ruolo delle minoranze, che preme per avere più autonomia: dalla Catalogna alla Sardegna, dalla Corsica alla Scozia. La comunità europea ha rappresentato per molti decenni l’idea che gli stati possano lavorare e vivere insieme, superando molti confini, reali e ideali. Ma il progetto di unire comunità, orgogliose delle loro diversità, solo con il mercato unico sta andando a dissolversi. E’ arrivato il momento di costruire una politica comune più coraggiosa, meno conservativa e aperta al cambiamento epocale che arriverà dall’ondata migratoria, che non rappresenta una massa unica di persone, ma un’infinità di comunità distinte.

Una questione di qualità. Il discorso sulla minoranza è anche una questione qualitativa, riguarda la diversità in genere. Chi si discosta dalla maggioranza dei costumi, delle opinioni, è chiaramente in minoranza. Dunque diverso, con tutte le conseguenze del caso, che molto spesso sfociano in repressione e violenza.
L’età contemporanea segue una tradizione antica, in ambito politico e non solo, è diventata la patria dell’uomo qualunque, che vuole stare nel caldo abbraccio della maggioranza: degli elettori, lettori, viaggiatori o scriventi sociali. E’ l’uomo statico, che accetta decisioni altrui senza doversi mettere in discussione.
La dimensione minoritaria, in questo contesto, è sempre più faticosa. La tendenza all’accorpamento impedisce di riconoscere la realtà in cui viviamo. Ma oltre alle minoranze occasionali, congenite ad ogni società democratica che preveda l’alternanza, ci sono le minoranze che sono tali da sempre e non ambiscono a diventare altro.

In alcune aree della sponda sud la situazione è molto pericolosa per le minoranze. In quasi tutti i paesi della sponda sud troviamo decine di gruppi identitari, gruppi che spesso si confondono (o fingono di identificarsi) con la religione: dal Marocco all’Egitto, dalla Libia al Libano. La propaganda di stato “islamico” che propone Daesh, fa credere di rappresentare i fedeli dell’Islam, ma sono chiaramente una estrema minoranza.
Ci sono invece le minoranze religiose storiche, che rappresentano una comunità precisa. Queste non hanno come obiettivo conquistare proseliti, piuttosto la conservazione di una tradizione, a volte millenaria. Nonostante ciò, danno fastidio perché diverse dalla religione ufficiale, dalla maggioranza. Gli esempi si sprecano, dai Copti in Egitto o gli Yazidi iracheni, tragicamente attuali in questi ultimi anni per la deportazione e violenze di ogni genere perpetrate dallo stato islamico.

Minoranza e rappresentanza politica. Ci sono partiti nati a difesa di una comunità particolare e non ambiscono a rappresentare l’intera nazione di appartenenza. Le decine di movimenti e partiti indipendentisti ne sono un esempio. Alcuni cercano di ottenere più autonomia, diritti e libertà di azione, altri, come la Lega in Italia, nati per ottenere più vantaggi per il nord ambiscono a diventare movimento nazionale, con un risultato nettamente fallimentare. Quello che nasce a difesa di una minoranza può diventare patrimonio di una maggioranza?

Internet ha dato finalmente spazio ad ogni minoranza possibile, ci si accorge che ogni nazione è costituita da un’insieme di comunità, ognuna diversa per tradizioni, usi e costumi. A volte però, legate da molti aspetti comuni, i quali costituiscono la cultura.
Naturalmente queste differenze non sono rappresentate allo stesso modo nei vari parlamenti, anche se ci sono casi sempre più importanti. Ricordo solo il referendum per l’indipendenza della Catalogna avversato con ogni mezzo dal governo di qualunque colore politico; il caso del Belgio, dove per più di un anno la disputa tra i Valloni e la minoranza fiamminga ha bloccato ogni attività istituzionale; il referendum scozzese, solo per stare in Europa.
Se volgiamo lo sguardo ad est ci accorgiamo che i Balcani sono un esempio pericoloso di soffocamento delle minoranze: si prepara una bomba ad orologeria che prima o poi scoppierà.

Ogni comunità, coltiva il proprio orto, anche in senso letterale: il cibo è per natura minoritario, è diverso in ogni comunità che lo ha tramandato e contaminato negli anni. Superfluo dire che il cibo rappresenta una parte importante della cultura di un territorio, una sorta di scrittura continua delle tradizioni vive.

Ci sono mille spunti che possono aiutarci a capire e discutere sul tema, un lavoro che continua e che speriamo apprezziate.

Gli articoli di questo numero:
Carloforte: una minoranza arabo-genovese in Sardegna di Cristina Delunas
La cucina mediterranea e le sue mille isole
di Cristiana Grassi
Le minoranze sono un lusso?
di Fiorenzo Caterini
Maggioranza e minoranze
di Irene Melis
Più simili all’acqua che al denaro
di Matteo Tuveri
Minoranze che si incontrano in cucina
di Maria Antonietta Angioi
 In nuovo teatro in Kosovo, le minoranze unite sul palco contro ogni nazionalismo
di Gianmarco Murru
Le minoranze in Europa di Maria Antonietta Angioi
DELLA FATAL QUIETE, ovvero lo “spirto guerrier “ della cultura che vince
 di Viviana Maxia

Buona lettura!

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