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Si parla della crisi della classe media occidentale da circa vent’anni. In parte dovuta alla crisi generale del sistema capitalistico, in parte dal predominio della finanza in ogni ambito. La scomparsa della produzione a scapito dello scambio finanziario, l’economia di scala globale e la creazione di enormi gruppi che determinano le regole del gioco, al quale la classe media non partecipa. La malsana commistione tra pubblico e privato. La storica dicotomia tra pubblico e privato viene meno, lasciando alle grandi aziende private la gestione diretta del bene pubblico, così le piccole aziende escluse da guadagni sicuri, periscono nel mare della concorrenza privata pura. Anche questa melma malefica determina, di fatto, il clientelismo politico più becero e l’inquinamento del mercato reale.

Si può ragionare su una semplice equazione: meno classe media + povertà. Si, perché la fascia tra ricchissimi, o la ” grande borghesia”, e la classe che sopravvive, si allargherà sempre di più. Non ci sono alternative valide. Thomas Piketty, nei suoi studi ha rilevato che la situazione attuale è identica a quella precedente alla rivoluzione francese. Dopo una serie di rivoluzioni, due guerre mondiali, la caduta delle ideologie totalitarie, siamo di fronte ad una nuova élite di ricchissimi contro una stragrande maggioranza di umanità che a stento sopravvive e non consuma più. La teoria di Marx che prevedeva la fine della borghesia, ha avuto ragione, ma la causa non è stato il socialismo ma il capitalismo finanziario.
Piketty da anche una data precisa del declino, dal 1983 in poi, probabilmente da quando l’economia non è stata più legata alla produzione di beni ma allo scambio di denaro.

Le banche in tutto questo hanno un ruolo enorme, e la politica ormai è troppo debole per correggere i danni provocati dall’abrogazione nel 1999 della legge americana Glass-Steagall Act (nata nel 1933 negli stati Uniti per evitare la speculazione della borsa nell’economia reale), che determinò l’unione delle banche commerciali e quelle finanziarie.
Si favoriscono ormai solo le grandissime aziende, ossia la grande borghesia. Non può più resistere un’azienda che sta sotto una certa soglia di grandezza, vincono solo i più grandi. Allo stesso modo succede nella classe lavoratrice, che sarà sempre più esigua. Nel 2020, in America il 40% della popolazione lavoratrice sarà autonoma. Nessuna sicurezza per il territorio, delocalizzazione ecc…

Mentre nel vecchio continente e nel nord america la classe media sta lentamente cambiando forma, impoverendosi in larga parte, in altri paesi invece nasce una nuova e dinamica classe media. Si tratta del continente africano, con paesi come il Marocco e la Tunisia che viaggiano con tassi di crescita più alti dell’Italia, parliamo del Brasile e della Cina dove una nuova classe di professionisti e imprenditori sta prendendo piede, cercando di cambiare anche la struttura politica e sociale nel paese in cui vive. La Tunisia e la sua rivolta contro la dittatura, ma soprattutto contro una corruzione enorme che impediva la libera concorrenza economica. Pensiamo alla Cina che ha bisogno di riscrivere il suo codice civile, cambiando anche se lentamente le regole per l’iniziativa privata.

I paesi europei non cercano riparo, non muovono proposte e non ci si lamenta più delle scelte politiche dei governanti. La situazione è di calma piatta: una mancanza di prospettive di cambiamento per le nuove generazioni; il proletariato si è accomodato, non ci sono più spinte rivoluzionarie contro chi sfruttava il loro lavoro (la borghesia); una sorta di rassegnazione preventiva che sfocia però nella lotta contro lo straniero, reo di rubare le certezze che non esistono più da tempo.

Abbiamo cercato di toccare più punti del complesso e articolato tema: dall’economia alla musica, dal cinema alla letteratura, alla cultura tipica della borghesia. Perché se scompare la divisione in classi che abbiamo conosciuto nel ‘900, scompare per sempre un intero mondo culturale e sociale, un cambiamento antropologico. E non è detto sia necessariamente un male.

Gli articoli di questo numero:

Tutta la vita davanti: la classe media come punto di riferimento di Valentina Cuzzocrea; Miracolo Marocco: dal Nord Africa un modello di rinascita economica di Giuseppe Novella; L’insostenibile leggerezza dell’essere borghese di Daniele Carbini; Benestanti a spese altrui. Intervista all’antropologo Fiorenzo Caterini.  di Veronica Matta; Borghesia sarda e indipendentismo di Maurizio Onnis; Nascita e crisi della classe media in Sardegna. Intervista al sociologo Nicolò Migheli di Gianmarco Murru; Consumo di dischi di Fabio Ciminiera;  Capitale nel Ventunesimo Secolo, o scomparsa della classe media di Marika Galloro; Un altro tempo, una poesia di Giorgia Satta; Il cinema anti borghese di Irene Melis; Ricercatori tra borghesia e povertà. Intervista al botanico Gabriele De Martis di Cristina Delunas; Capitalism: a love story di Alessandra Ghiani; Risplendere fuori dal Palazzo. La moda e la borghesia di Matteo Tuveri; Se scompare la classe media… una riflessione sulla rivoluzione francese di Erica Verducci

Buona lettura!

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