PEÑÍSCOLA
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Il tema di questo mese ci conduce verso I porti del Mediterraneo.

Un argomento che ci ha appassionato tutti per la ricchezza di spunti e prospettive. I porti sono da sempre delle città all’interno delle città, sono luoghi che si muovono e si comportano in modo quasi indipendente dal resto del territorio. Il porto è sempre stato costruito in un’insenatura naturale dove le navi potevano attraccare, scaricare e far scendere con tranquillità persone e merci. La struttura di un porto contemporaneo è ovviamente molto diversa da quella immaginata e progettata dagli ingegneri dell’impero romano. Pur conservando alcune caratteristiche, alcuni tipi di struttura necessari perché tutto funzioni.

Una delle cose che in un porto colpisce sempre l’attenzione sono i fari. I fari nei secoli hanno avuto diversi utilizzi, a partire dal più celebre faro dell’antichità, ossia il Faro di Alessandria. “Il grande edificio, infatti, fu voluto da Tolomeo I Sotere e completato dal figlio Tolomeo II Filadelfo intorno al 280 a. C., magistralmente progettato e accortamente diretto dall’architetto greco Sostrato di Cnido”. Era una torre alta più di 100 metri, imponente per l’epoca. Ci sono diverse interpretazioni al riguardo, una riguarda l’altezza spirituale, ripresa poi dai minareti islamici e dai campanili cristiani. L’altezza del faro e della luce avvicina a Dio, ma la funzione principale è sempre stata quella di orientare il navigante. Orientare chi parte e dare la possibilità di rientrare al porto, che già nell’etimo della sua parola riporta a “destinazione”, un segnale per ritrovare la strada, in senso reale e spirituale appunto. Approdare in un porto significa arrivare in lidi sicuri, in un posto protetto per la persona e per l’anima.

Ma a parte le digressioni spirituali, i porti sono stati e continuano ad essere molto importanti per la mobilità dell’uomo.

Nelle banchine dei diversi porti, che siano turistici o commerciali, si conserva la caratteristica forse più visibile, che è quella del movimento. Si immagina il porto come un luogo dove non ci si ferma mai, dove le persone arrivano e partono continuamente: dal porto ci si muove e ad un altro porto si arriva. Un movimento produttivo nel senso economico, ma anche nel senso culturale. Il porto ha permesso i viaggi per le scoperte geografiche e scientifiche, soprattutto dal medioevo ad inizio novecento, ossia quando l’aereo ha dato inizio ad un’altra epoca.

Le navi e le barche a vela partivano pare anche dai porti della Sardegna in età nuragica per esplorare il Mediterraneo, fino ad arrivare nell’attuale Marocco. Poi l’ingegneria navale migliora notevolmente con i Fenici e progressivamente con i Romani. L’aumento del traffico marittimo necessitò sempre più della costruzione di nuovi porti, che permettevano di risparmiare tempo rispetto alla terraferma. Un’isola come la Sardegna aveva una discreta quantità di porti organizzati per l’attracco, segno di una vitalità del commercio e degli scambi culturali.

I porti sono stati così importanti per lo sviluppo del Mediterraneo, ancora oggi si conserva lo splendore di città nate insieme alla costruzione del porto stesso come Nora, nelle vicinanze di Cagliari.

Insieme allo scambio di merci si conoscevano altri mondi e altre culture. Il porto è sempre stato la porta d’accesso di una città, l’ingresso ad un mondo e ad una geografia. Consiglio a chi non l’avesse mai fatto, il viaggio verso il porto di Cagliari. Un viaggio che fa scoprire poco a poco la linea della costa, poi in lontananza la collina dove sorge la “città bianca”, come la chiamava David Herbert Richards Lawrence nel suo Mare e Sardegna (1921).

Il porto quindi come via d’accesso, come luogo che vive di vita propria, come luogo di produzione culturale, come luogo dove i sapori arrivano e si mescolano, dove le storie si moltiplicano, attraverso le persone e i romanzi, dove l’economia vive e si sviluppa, dove iniziano i viaggi e dove i viaggiatori approdano.

Il tutto è descritto magistralmente dalle penne della redazione di Mediterranea. Con Tommaso Palmieri scopriamo la lingua dei porti del Mediterraneo Sabir, lingua dei porti…,e sempre con lui i le squisitezze di Approdi e influssi nella cucina mediterranea, accompagnato dal pezzo di Claudia Zedda su Carloforte, un viaggio sull’isola tabarchi Porto di sapori mediterranei, e legato a Carloforte non si può non segnalare il bellissimo pezzo di Sara Palmas Porto Flavia, da sito minerario abbandonato a perla del turismo. Serena Maffei scrive un pezzo molto bello su Istanbul, Arte e porti: una leggenda. La sezione viaggi ci offre nuove conoscenze con l’ottimo lavoro di Cinzia Olianas Da Tiro a Cartagine, da Ostia a Karales. L’economia dei porti è descritta in modo esaustivo e importante da Paolo Sigura con Operai in mare aperto e da Laura Boi, con L’importanza dell’invenzione dei Container. Il bel pezzo di Claudia Santa Cruz Il porto: vero concentrato di storia, che chiamerei di memoria condivisa, riesce a far pensare cose universali, a sensazioni che tutti possiamo avere. Della stessa autrice il pezzo sul Linguaggio da porto che vuole essere una protesta per i pregiudizi verso la categoria dei portuali.

Segnaliamo il pezzo di Ivano Steri, che è a metà tra una storia di viaggio e di musica, I porti invisibili.

Continua ad allietarci la nostra Veronica Paniccia, con un pezzo che ci racconta l’altissima tecnolgia della progettazione dei porti all’epoca dell’impero romano con I porti del Mare nostrum.

Ma sono particolarmente contento di ospitare il pezzo molto bello di Giorgia Virzì, una nuova redattrice di mediterranea che ha scritto la recensione del famoso libro L’ombra del vento. Una storia che si divora, come si divora il suo articolo.

Buona lettura

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