Vaccino anti covid-19
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Siamo ai nastri di partenza della campagna vaccinale di massa contro il nuovo coronavirus. Il Governo mira all’adesione del 60-70% della popolazione italiana entro l’autunno 2021, che corrisponde circa a 40 milioni di cittadini vaccinati. Questo numero è ritenuto sufficiente a raggiungere la cosiddetta “immunità di gruppo”.

Solo con l’immunità di gregge riusciremo ad uscire in qualche modo da questa tragedia” – dichiara in merito Domenico Arcuri, il commissario straordinario all’emergenza COVID-19 sul sito dell’agenzia di stampa AGI – “Il mio dovere è di mettere tutti gli italiani nelle condizioni di vaccinarsi” – e poi aggiunge: “ Noi auspichiamo che grazie ad una campagna di comunicazione massiva si possano superare le ritrosie a sottoporsi al vaccino che pure ci sono, non so se nella popolazione o in chi ritiene di rappresentarla sui media“.

Quali sono le cause della diffidenza verso i vaccini?

Per scoprirlo è utile condurre un’indagine sul campo, preferibilmente prima della campagna di vaccinazione. Troviamo il suggerimento in un documento sulla pianificazione della comunicazione sanitaria, realizzato nel 2010 dal Centro Europeo per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie (ECDC).

Oltre a fugare i dubbi sulla presenza di ritrosie nella popolazione, i sondaggi ben costruiti individuano anche le motivazioni che portano al ritardo o al rifiuto del vaccino, un atteggiamento che la comunità scientifica definisce “esitazione vaccinale”. Allo stesso tempo essi rivelano come le persone percepiscono la gravità dell’infezione e se si sentono a rischio. Così come le eventuali lacune in cultura sanitaria.

In sostanza, le indagini sul campo forniscono le informazioni che sono il punto di partenza di una campagna di comunicazione empatica, cioè calibrata sulle domande e sui dubbi che i cittadini si pongono sui vaccini.

L’efficacia della comunicazione, chiariscono gli esperti dell’ECDC, dipende anche dalla sinergia tra chi organizza la campagna e coloro che devono supportarla, in particolare la comunità scientifica e i media. In altre parole, la popolazione deve respirare aria di cooperazione e armonia tra ruoli e poteri. Altro aspetto cruciale è la fiducia che i comunicatori devono riuscire a trasmettere ai destinatari, se questa è poca o assente, la comunicazione rischia di mancare gli obiettivi. Gli studi condotti prima della campagna di vaccinazione aiutano a farsi un’idea anche su questi aspetti.

In definitiva, i sondaggi contribuiscono a far raggiungere l’adesione desiderata con meno fatica, ovviamente in assenza di criticità organizzative e di logistica.

Durante l’emergenza COVID-19 sono stati condotti studi sulla popolazione? Ovviamente sì. Periodicamente società e centri di ricerca hanno monitorato lo scenario in evoluzione. Quali sono le intenzioni degli italiani alla prospettiva di vaccinarsi contro il virus SARS-CoV-2? Ad esempio, il sondaggio di Ipsos registra un calo nella percentuale dei favorevoli al vaccino (67% ad agosto e 65% ad ottobre).

E cosa pensano gli italiani della pandemia? Della gestione dell’emergenza da parte delle istituzioni e della comunità scientifica?

Lo ha chiesto l’Osservatorio Scienza, Tecnologia e Società (Observa) in un sondaggio condotto in primavera e nuovamente dal 21 al 30 ottobre. Vediamo qualche dettaglio.

Per quanto riguarda la percezione della pandemia, i dati di ottobre dicono che il 60,3% la considera una “minaccia grave e concreta per difendersi dalla quale sono necessarie molte precauzioni”, mentre per il 29,8% è “un rischio reale ma sopravvalutato da politica e media”.

La gestione del Governo riceve in prevalenza un giudizio “positivo”, ma il risultato non è schiacciante, inoltre perde consensi da marzo a ottobre (53,3-49,6%). Vale anche per l’operato dei mezzi di informazione: la percentuale dei giudizi “positivi” è più alta di quelli “negativi”, tuttavia si registra un calo rispetto a marzo (da 47,5 a 43,8%).

Più drastica la perdita dei consensi degli esperti scientifici. La percentuale di coloro che hanno dato un giudizio “positivo” al loro contributo durante la pandemia passa dal 72,4% di aprile al 49,5% di ottobre.

Il sondaggio di Observa chiede anche di valutare gli interventi pubblici della comunità scientifica. L’opzione che riceve più preferenze, sia nel rilevamento di aprile che di ottobre, è la seguente:

da parte degli esperti scientifici italiani ci sono stati pareri troppo diversi, si è creata confusione” (47,8% ad aprile e 67,9% ad ottobre).

Non stupisce che sia diminuita la percentuale, già bassa, di coloro che condividono l’affermazione “gli interventi pubblici degli esperti scientifici italiani sono chiari ed efficaci” (33,3-19,2%).

Veniamo alle intenzioni di sottoporsi al vaccino anti-coronavirus. Come nel sondaggio di Ipsos, anche in quello di Observa prevale il “sì”, ma non c’è la trepidazione di mettersi in fila.

Infatti il 37,9% degli intervistati dichiara che “si farà vaccinare, ma non subito” mentre il 36,2 % lo farà “appena possibile”. Il 21,5% rifiuta di sottoporsi al trattamento. Gli autori dello studio chiariscono che non è stato chiesto di motivare il rifiuto.

Comunque in un’ indagine del 2017, l’Osservatorio Observa chiede agli italiani di esprimersi sui rischi e benefici dei vaccini. Ben l’80,2% dei rispondenti dichiara di essere “molto o abbastanza d’accordo” con l’affermazione che “i benefici dei vaccini sono sempre superiori ai potenziali rischi”.

L’esitanza sul vaccino contro il nuovo coronavirus, invece, è approfondita nella ricerca dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, condotta da febbraio a ottobre 2020. I risultati rivelano un aumento nella percentuale dei contrari o degli indecisi (40-48%). Come viene motivata?

La crescente esitanza verso il futuro vaccino può avere diverse cause – commenta la professoressa Guendalina Graffigna, direttrice dello studio e docente di Psicologia dei consumi e della salute presso la Cattolica – probabilmente è legata a timori sulla sua sicurezza, anche per le modalità rapide del suo sviluppo e test. Circa un italiano su due, infatti, teme che il vaccino contro il Covid-19 potrebbe non essere testato in maniera adeguata” spiega la prof. Graffigna.

I dati che abbiamo riportato non si discostano in modo significativo da quelli emersi da altre ricerche. Tra l’altro riflettono l’aria che tira in molte discussioni sulle pagine Facebook di divulgatori scientifici e scienziati. Sostanzialmente i cittadini italiani hanno compreso la serietà della pandemia e il valore della vaccinazione. Tuttavia non basta contare sul senso civico del singolo, per raggiungere la copertura vaccinale desiderata.

Infatti i cittadini chiedono le condizioni per compiere la miglior scelta possibile, per sé stessi e per gli altri. Nella speranza che le dosi di vaccino siano disponibili per tutti, la comunicazione istituzionale riveste un ruolo cruciale nel favorire l’ampia adesione alla campagna e nei tempi previsti.

Le premesse ci sono, come leggiamo sulle linee guida del piano strategico sui vaccini anti-SARS-CoV-2/COVID19. Nel corso della campagna verranno fornite informazioni “complete, obiettive e accurate”.

Poi viene precisato che i messaggi saranno “sviluppati e diffusi anche considerando le diverse fasce d’età”. A onor del vero, il criterio dell’età non è sufficiente a raggiungere tutti i cittadini. In una fascia d’età possono esserci differenze di varia natura. Difatti il documento dell’ECDC citato all’inizio, gli suggerisce di pianificare la comunicazione sanitaria tenendo conto di criteri demografici, socio-culturali e clinici. I sondaggi preliminari realizzati per conoscere la popolazione facilitano questo lavoro di stratificazione.

Dalle linee guida del piano sui vaccini anti-coronavirus apprendiamo, inoltre, che il Governo affida la comunicazione istituzionale ad un’”unità di coordinamento composta da rappresentanti del mondo medico-scientifico e delle istituzioni”. Il diretto coinvolgimento di professionisti della comunicazione, in particolare sanitaria, non è dichiarato in modo esplicito, ma nemmeno escluso. Sicuramente è auspicabile.

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