Share

La Marineria Italiana è un grande mosaico tenuto insieme da tutte le discipline che costituiscono lo Scibile Nautico e la Pratica Marinaresca necessari all’andar per mare e governare natanti, imbarcazioni e navi a seconda dei criteri d’Architettura e di Ingegneria Navale mediante i quali vengono costruiti, il propulsore e la destinazione d’uso degli stessi.

La Marineria è costituita dalla Marina Militare, la Marina Mercantile, cui appartengono anche le navi da crociera, la Marina da Pesca e la Marina da Diporto, che hanno come unico denominatore, indipendentemente dal ruolo, dal mezzo e dalla destinazione d’uso dello stesso, l’Uomo di Mare. Troppo spesso sono state rimarcate, se non esacerbate, le differenze che pur certo esistono tra le consorelle della Marineria Italiana, più certo è che l’ignoranza della Gente di Mare è stata determinante nel fare distinzioni tra le sezioni di Coperta e Macchina, Comando e Bassa Forza, matricole di seconda e terza categoria, ignoranza che è degenerata in una vera e propria classificazione tra presunti equipaggi di serie A e di serie B.

Delle tante cause che si potrebbero elencare a detrimento della Categoria dei Naviganti e dello sfacelo della Marineria Italiana, di base, c’è proprio una mancanza di coesione che col tempo è costata a questo Paese, non più ormai Repubblica Marinara se non nei fasti del passato, intere generazioni di Marittimi d’Italia, sacrificate per dare retta alle scioccaggini, assecondando la propria ignoranza ed egoismo piuttosto che fare fronte comune contro il Registro Internazionale, contro una condotta sindacale scellerata, contro l’egemonia dei centri di formazione e contro le riforme scolastiche che hanno trasfigurato per sempre il volto dell’Istituto Nautico.

Ce n’è di terrazzani che van per mare che, pur senza sapersi annodare le stringhe delle scarpe, si credono dei Magellano redivivi e snobbano chi degnamente issa le reti e sa stimare il vento e le correnti senza dover interrogare l’anemometro. Son decisamente rari i Gentiluomini di Fortuna oggigiorno a circolare con un Libretto di Navigazione, difficile imbattersi a bordo, fatte salve le dovute eccezioni, in Spiriti Liberi che hanno per davvero dentro la Vocazione del Mare.

E poi c’è Nicola Zecchillo, un vero e proprio Marinaio, come purtroppo non se ne vedono più in giro…

Classe del ’79 ed originario di Trani, Nicola ha visto il suo bel pezzo di mondo, ha collezionato parecchi giri d’elica e, anche se ha navigato prevalentemente in Mar Mediterraneo, è un marittimo scafato di prim’ordine.

È stato avviato al mare presso la Scuola Sottufficiali della Marina Militare di La Maddalena, poi subito imbarcato sulla nave scuola Amerigo Vespucci per ben due anni, diventando un prode nocchiere di bordo. Successivamente al congedo militare viene arruolato in qualità di mozzo, benché tra i più esperti dell’equipaggio, sulla Signora del Vento, un brigantino a tre alberi con una superficie velica di oltre 3000 metri quadrati, varato in Polonia presso il cantiere navale Gdynia nel 1962. Prima del refitting che lo vedrà diventare il candido Peace, opera per circa 30 anni nei mari del Nord come motopeschereccio e, a partire dagli anni ’90, il veliero verrà impiegato come nave scuola nei mari di tutto il mondo, partecipando ad innumerevoli raduni di navi a vela. Nel 2006 sarà la Società Italiana di Navigazione ad acquistarla, iscrivendola col nome di Signora del Vento al Registro Navale Italiano, provvedendo all’armamento, alle ultime modifiche e stanziandola a Civitavecchia dove imbarcherà il nocchiere Zecchillo, dove resterà per ben 8 anni, promosso dapprima a marinaio e successivamente, come già di diritto, a nostromo. Successivamente imbarcherà, mantenendo il ruolo, sulla Croce del Sud altra grande regina dei mari armata a schooner, precisamente una goletta a tre alberi sui quali sono inferite delle rande. Fu realizzata negli anni ‘30 dai cantieri Martinolich a Lussin Piccolo, allora in Istria, progettata da Nicolò Martinoli: costituisce uno dei pochissimi esempi di yacht che dal varo, avvenuto di preciso nel 1933, che ha avuto un solo nome e una sola famiglia di armatori; lo volle Ezio Granelli, industriale farmaceutico che per oltre venti anni di sue uscite tenne un puntiglioso diario di bordo, articolato in 50 quaderni. La Croce del Sud passò di mano solo una volta, durante la seconda guerra mondiale: fu requisita dai tedeschi e destinata ad alloggio ufficiali della Wermacht che erano di stanza nell’Alto Adriatico.

Al termine del conflitto, semiaffondata nelle acque di Venezia, riuscì a ritornare ai legittimi proprietari grazie a una nave militare che la scortò attraverso le acque infestate dalle mine, disseminate un po’ ovunque; nel 1957 passò a Giuseppe Kerry Mentasti, genero di Granelli e allora patron della San Pellegrino.

Attualmente Nicola è imbarcato al comando di un motoryacht ed è responsabile anche dell’Alcyone, di proprietà dello stesso armatore, il dott. Eugenio Cividini. Armato a sloop bermudiano e con lo scafo interamente in legno, l’Alcyone è stato progettato da Cesare Sangermani nel 1948, nato come III classe RORC (Royal Ocean Racing Club), e varato presso il suo cantiere a Lavagna nel ‘52, presentando una lunghezza fuori tutto di 11,24 metri, un baglio massimo di 2,45 metri, un pescaggio di 1,85 metri ed una superficie velica di 51 metri quadrati.

Nicola appartiene ad una famiglia di pescatori ed agricoltori, quindi avvezzo tanto alle pratiche marinare e della pesca, quanto alla passione per la materia agreste, soprattutto quella di innestare le piante e di potarle, con una particolare predilezione per le viti.

Nella domenica del 29 maggio scorso nelle acque prospicienti a Grazie di Porto Venere, nel Golfo di La Spezia, l’Alcyone ha vinto il primo posto nella sua categoria in occasione della IV edizione della regataLe Vele d’Epoca nel Golfo”, aggiudicandosi quindi il TrofeoChallenge Perpetuo Gianfranco Vecchio”, gara valevole anche come terza prova del Trofeo Artiglio 2022. Altro grande risultato il primo posto conseguito durante la XVII edizione della regata “Vele Storiche” di Viareggio, avvenuta nelle giornate dal 13 al 16 ottobre ed organizzata dall’omonima associazione e dal Club Nautico Versilia. Al comando tattico dell’Alcyone c’era naturalmente Nicola Zecchilo, i cui meriti vanno accreditati ben prima dell’ultimo giro di boa, frutto non soltanto di una grande perizia marinara ma anche di una costante ed amorevole manutenzione.

Quando hai sentito per la prima volta il richiamo del Mare?

Sono nato in un borgo marinaro. Quando avevo circa 6 anni i miei parenti, proprietari di pescherecci, mi portarono con loro per una processione di santi via mare e da allora ho iniziato ad amare la navigazione. Portavano San Nicola di Trani dal Monastero di Colonna al porto e poi via mare, dopo la processione, lo riportavano nel luogo. Mentre ero di leva ad Ortona un bel giorno vidi un vecchietto che stava su una piccola barca che andava a pesca e gli chiesi se gentilmente mi faceva provare l’emozione di andare a pesca con lui e lui accettò. Il giorno successivo lo andai a trovare e mi fece salire a bordo del suo gozzo, la prima cosa che fece fu di mettermi subito al timone e io gli risposi di non essere capace e lui mi rassicurò dicendomi che mi avrebbe aiutato. Inoltre mi disse che se io avessi imparato subito e se lui fosse caduto in acqua avrei potuto aiutarlo e portarlo a terra. Questo mi aiutò a comprendere che noi marittimi dovremmo trasmettere sempre alle giovani generazioni ciò che sappiamo. Se c’è egoismo o avarizia nel dare conoscenza le categorie scompaiono.

Cosa si prova ad aver fatto parte dell’equipaggio di nave Amerigo Vespucci?

Il Vespucci è la Nave Scuola per eccellenza. Provo da sempre un grande orgoglio per essere stato imbarcato sulla nave più bella del mondo e vado molto fiero di aver fatto parte della fratellanza dei nocchieri, condividendo a riva il mare, la nave e la tempesta con tutti loro, vivendo assieme un periodo indelebile della nostra esistenza.

Quali sono gli imbarchi che ricordi di più e perché?

Oltre alla Vespucci che mi ha dato le gioie e le soddisfazioni maggiori per avermi fatto maturare l’esperienza di una palestra di vita marinara che mi ha formato nel carattere e nel mestiere, ricordo gli imbarchi sulla Signora del Vento e sulla Croce del Sud. La prima perché quando sono salito a bordo non c’era neanche una vela: con la competenza acquisita precedentemente ho contribuito alla loro inferitura, sostituendo circa 18 chilometri di cavi, tra manovre correnti e volanti. La Croce del Sud mi ha trasmesso l’esperienza di un modo nuovo di navigare, grazie al suo diverso armo e lavorando sin da subito come nostromo, orgoglioso di esserlo su una nave piena di storia. L’attuale imbarco su Alcyone pure mi ha dato grande soddisfazione e l’emozione di far rivivere un’imbarcazione affondata e in stato critico: infatti, assieme ai maestri d’ascia conosciuti a La Spezia, ho recuperato e sostituito ordinate, bagli, rifatto i madieri, il dritto di prua e restaurato il fasciame.

Cosa significa per te essere un Marittimo?

Essere figlio del Mare, portarsi negli occhi i colori di Albe e Tramonti di superba bellezza, come non se ne vedono mai sulla terraferma, ed essere uno spirito libero.

Di cosa ha bisogno oggigiorno la Gente di Mare?

Innanzitutto di rispetto e considerazione da parte dei nostri connazionali, dei politici e della società civile, siamo ancora la spina dorsale del settore terziario, su cui si basa la nostra economia. Credo d’altra parte che molti colleghi che hanno avuto maggiore fortuna, indossano divise immacolate e navigano su navi più comode, dovrebbero essere più umili ed aiutare la categoria ad essere più unita. Alla fine siamo tutti sulla stessa barca.

Un tuo sogno nel cassetto…

Vivere tranquillo e sereno con la mia famiglia, avere buona salute per continuare a lavorare e la giusta stabilità economica.

Cosa suggeriresti ad un giovane che voglia andar per Mare?

Ci vuole la testa e il cuore, quindi avere nervi saldi e coraggio, una vigile attenzione, flessibilità nell’affrontare le situazioni, imparare a leggere le persone che ti circondano, avere pazienza e buon giudizio, senza mai sottovalutare il Mare. Occorre capire quando è il momento di essere fatalisti, quando essere coraggiosi e quando occorre ripiegare. Avere voglia di imparare, non avere paura di chiedere, non avere paura di cominciare e di farsi avanti.

Buon Vento e Mari Calmi da tutti noi di Mediterranea Online.

Leave a comment.