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Le indiscusse qualità del Fiano proveniente dalle terre di Lapio sono un’evidenza ascrivibile alla vocazionalità dei suoli, argille e materiale piroclastico in primis, e dei fattori pedoclimatici, con presenza di grande ventilazione, che talvolta rendono i vini di questo distretto vitivinicolo dell’Irpinia caratterizzanti quanto i vini di alta quota.

la Tenuta Scuotto nasce in questo borgo nel 2008 e si profila come attività produttiva proprio quando Adolfo Scuotto affianca suo padre Eduardo sia in vigneto che in cantina, ottenendo in un lasso di tempo relativamente breve un ampio riconoscimento, sia da parte del pubblico di winelovers che degli specialisti e delle guide più autorevoli di enologia. Complice del successo Angelo Valentino, tra gli enologi più rinomati del Sud Italia che, interpretando il pensiero e la filosofia della famiglia Scuotto, traduce il frutto in vini di estrema precisione e dal grande edonismo, senza tralasciare naturalmente l’effetto terroir.

La Tenuta Scuotto vede, in quanto a principi fondamentali, una conduzione produttiva rigorosa sia in vigna che in cantina. Il Fiano viene pertanto interpretato, conferendogli una singolare personalità, creando un vino dalla grande pulizia gusto olfattiva, dall’alto profilo qualitativo e di modo che costituisca, come già detto, l’autentica espressione di un territorio. In Adolfo Scuotto pertanto non manca lo spirito imprenditoriale, la consapevolezza di dover attuare una comunicazione efficace, la passione per la sua terra ed una grande assertività, tale da renderlo persona affabile, anzitutto nelle relazioni umane e poi in quelle professionali.

Il nome di questo nettare, che vede i natali nell’anno del 150° dell’unità d’Italia, trae spunto dalla maniera con la quale Eduardo Scuotto era solito chiamare suo figlio e che oggi, oltre a farsi metafora di un passaggio di testimone da padre in figlio, è la rappresentazione della giovinezza avvenuta, predestinata a diventare radiosa maturità.

Le uve, per questo Fiano in purezza che se la gioca da outsider in tutti i sensi, sono state raccolte nella prima decade di novembre e provengono dallo storico vigneto di famiglia, dall’età di oltre trent’anni e sul cui sfondo si staglia la sagoma del Monte Tuoro. La pressatura soffice ha avuto luogo in modo tale che non vi fosse contatto alcuno con l’acciaio ed ha preceduto l’inizio della fermentazione alcolica, innescata per mezzo di lieviti indigeni, direttamente in botti ovali a temperatura controllata. Al termine del processo fermentativo l’Oi Nì è rimasto a contatto con le fecce fini per circa 12 mesi, per poi essere imbottigliato senza alcuna filtrazione e quindi affinato per altri sei mesi.

Dall’esame visivo l’Oi Nì Fiano Campania Igt 2011 dimostra che l’estro giovanile del paglierino ha ceduto il passo alla foggia del giallo dorato con lievi venature verdoline, le quali quasi vanno alternandosi alla luce del sole in un gioco di trame damascate e nella lenta danza di archi e lacrime, tracce evidenti di consistente densità. Al naso è decisamente intrigante nei suoi riconoscimenti di nespola candita, yuzu, salvia essiccata ed essenza di zagara, subito avviluppati in un vortice di suadente fragranza del pan brioche, del s’ollu e stincu ed acqua di rose, cioccolato bianco, lieve percezione di sottobosco e note fungine, quasi di tartufo bianco, unitamente al burro di nocciola, al tostato di anacardi e pecan, oltre che di una finissima nota di pepe bianco veicolata da un’elegante scia di idrocarburo. Il sorso è voluminoso, presenta una copiosa nota glicerica, quasi oleosa, decisamente avvolgente e che scende giù come un fiume di seta, cedendo nuovamente tutte le note olfattive, precedentemente avvertite, alla via indiretta e con maggior veemenza. Vibrante in freschezza, con un bagaglio alcolico di insospettabile tenore, vistane la perfetta integrazione al corpo del vino, briosa sapidità e persistenza aromatica intensa considerevole. In abbinamento ad una lettura in ordine sparso delle dodici poesie erotiche di Pablo Neruda, ascoltando Mina in sottofondo, per poi ricominciare daccapo. In alternativa vi potete consolare con un’aragosta in crosta di noci su fonduta di provolone del monaco al pepe di Sichuan e broccolo friariello. Vino dal grande appeal edonistico che dimostra il potenziale ed il perdurare del vitigno Fiano, da riassaggiare assolutamente tra un altro lustro.

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