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L’ostricultura ha una storia che investe il pianeta a livello globale, soprattutto nel continente europeo e asiatico, ove costituisce un vero e proprio indotto economico, molto cospicuo e che nutre mercati piuttosto importanti, per quanto non manchino allevamenti in Africa e nel Nuovo Mondo.

È bene rilevare però che l’ostrica ha una storia millenaria nel Mar Mediterraneo e l’Antica Roma ha da sempre rivestito un ruolo fondamentale, tanto nella diffusione, quanto nella produzione che nella storia gastronomica, come già riportato approfonditamente qui. I ritrovamenti fossili odierni, le spedizioni in Inghilterra e Francia al tempo dell’espansione dell’Impero, le strategie di trasporto e le abitudini alimentari dei nostri antenati, incluse le ricette di Marco Gavio Apicio, primo gastronomo dell’antichità, e la golosità dei grandi condottieri che non se ne separavano neanche durante le campagne belliche, sono fatti comprovati da innumerevoli fonti storiche.

Fatto sta che all’epoca, né in Oltremanica né in Gallia, seppero cogliere la conoscenza profusa dagli Antichi Romani. in realtà, più avanti, Gaio Sergio Orata, imprenditore e ingegnere romano, vissuto a Lucrino tra il 140 a.C. e il 91 a.C. circa, fu il primo a creare il più grande centro di ostricultura presso i Campi Flegrei, avviando un business per soddisfare la classe elitaria dell’epoca, quei pochi eletti che si potevano deliziare del prezioso frutto di mare. A parte le altre realtà disseminate sulle sponde del Mare Nostrum, bisogna riconoscere a Sergio Orata che fu uno dei primi ad occuparsi di acquacoltura, dando un notevole impulso all’allevamento di ostriche in località di Baia, presso il Lago di Lucrino e, nonostante in età imperiale le ostriche campane fossero stimate inferiori a quelle provenienti dalla Britannia, ne ribadiva il grandissimo pregio e la loro superiorità organolettica, fatto sostenuto anche da Plinio il Vecchio.

Dopo la caduta dell’Impero Romano il consumo di ostriche iniziò a ridursi notevolmente, fin quasi a cessare nel Medioevo, per poi vedere una ripresa durante il Rinascimento.

Ma l’attività produttiva presso il Lago di Lucrino in Campania non cessò a causa del bigottismo religioso in epoca medioevale: fu l’eruzione vulcanica del 1538, motivo della formazione del Monte Nuovo tra l’altro, a ridimensionare drasticamente la superficie del lago, rendendolo poco fruttuoso. Fu Ferdinando IV di Borbone però a ripristinare qualche secolo dopo, precisamente nel 1764, l’ostricultura nell’area flegrea, riavviandola però presso il Lago Fusaro, già riserva di caccia e pesca, acquistato nel 1752 da Carlo III dalla Real Casa dell’Annunziata. Qualche anno più tardi vennero avviati i lavori di bonifica per conferire il giusto bilanciamento tra acqua dolce e salata, oltre che per favorire il ricambio delle acque, ed il re volle venisse edificata la Casina Vanvitelliana e la villa detta L’Ostrichina. Nel 1853 Napoleone redisse un importante editto marittimo, riguardante tutte le attività attinenti al mondo della navigazione e lungo le coste, avviando una vera e propria legislazione sull’ostricultura. Il governo francese commissionerà quindi delle ricerche che sortiranno la visita del naturalista Maurice Coste presso il Lago Fusaro, il quale avvierà uno studio meticoloso sulle tecniche di allevamento avviate anticamente dai romani e ben consolidate dai regnanti borbonici, così come riportato nel Manuel Pratique d’Ostréiculture di Arnould Locard, importandone la conoscenza sulla sponda atlantica della Francia, fattore determinante per il successo dei cugini d’Oltralpe in questo campo e a discapito di coloro che scioccamente concessero loro il know-how.

Con la nascita dell’AIOST, l’Associazione Italiana Ostricari, la primissima nel suo genere nel nostro Paese, sembra che la cultura del mollusco bivalve ritornerà in auge presso i Campi Flegrei, e non solo.

Daniele Testa e Andrea Cutino

A promuovere questa associazione con l’intenzione di formare la figura dell’ostricaro nella ristorazione sono Daniele Testa, Simone Testa ed Andrea Cutino. La presentazione dell’associazione, unitamente all’ambizioso progetto, avranno luogo mercoledì 19 aprile alle ore 12:00 presso la Sala dell’Ostrichina al Lago Fusaro, con la moderazione dalla giornalista Brunella Cimadomo, insieme al presidente e al vicepresidente dell’Aiost, appunto Daniele Testa e Alessio Cutino. Tra gli interventi figurano quelli di Josi Della Ragione, sindaco di Bacoli, di Luigi Manzoni, sindaco di Pozzuoli, d di Antonio Limone, direttore generale  dell’Istituto Zooprofilattico sperimentale del Mezzogiorno, di Antonio D’Amore, vicepresidente della Federazione Italiana Aziende Sanitarie, di Luigi Castellone, direttore del Dipartimento Prevenzione dell’Asl Napoli 2 Nord, e di Fabio Postiglione, presidente dell’Organizzazione di Produttori dei Campi Flegrei, assieme a Ciro Laringe con altri imprenditori ed enti sul territorio.

Tra gli obiettivi dell’AIOST quello di creare dunque personale qualificato ad evincere il concetto di “merroir”, per mezzo di un corso su tre livelli, a poter riconoscere le ostriche e la loro provenienza, in base alle componenti organolettiche e l’indice delle loro carni, come servirle alla giusta temperatura e saperle conservare. Pertanto, dal punto di vista dell’associazione, la figura dell’ostricaro è più ascrivibile a quella del sommelier delle ostriche, in quanto ad esperto degustatore e conoscitore delle strategie di allevamento delle stesse. Tale figura dovrà inoltre misurarsi con le nuove tendenze di consumo delle ostriche, come si può evincere daqui, nella moderna ristorazione e saper prevenire ed assecondare il gusto del grandissimo pubblico di appassionati di questa prelibatezza, in abbinamento al vino, al sake giapponese, ai cocktails e, perché no, anche a grandi distillati come i gin.

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