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Si è tenuto stamane, presso il Galoppatoio Reale entro la Reggia di Portici, l’evento celebrativo più atteso tra gli atenei del Sud Italia. Sono trascorsi infatti ben 150 anni dal 9 gennaio del 1873, data in cui veniva inaugurata da Stefano Castagnola, allora ministro dell’agricoltura, la Scuola Superiore di Agricoltura, scuola che nel corso degli anni è divenuta il rinomato Dipartimento di Agraria dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II“.

Prima di essere inaugurata, esattamente un secolo e mezzo fa, la Scuola Superiore di Agraria venne fondata verso la fine del 1872, costituendo sin da subito un importante punto di riferimento per le Scienze Agronomiche di tutto il Mezzogiorno d’Italia. La sua importanza strategica fu tale da necessitare il successivo incorporamento nel complesso delle sedi universitarie dell’Ateneo degli Studi di Napoli nel 1935, poi “Federico II”, anno in cui divenne a tutti gli effetti Facoltà di Agraria.

Tra le figure più importanti ad aver dato lustro all’attuale Facoltà è bene menzionare il sannita Nicola Antonio Pedicino, colui che edificò di fatto l’Orto Botanico di Portici integrandolo ai preesistenti Giardini Reali del parco superiore della reggia, dedicato al famoso botanico Giovanni Gussone, dando al contesto generale estetica ed armonia. Lo stesso prof. Pedicino fu il primo ad essere richiamato a Portici al principio dell’Italia post-annessione dallo stesso Vittorio Emanuele III per poter dirigere la cattedra di Botanica nella scuola ormai a conduzione sabauda e, inoltre, fu autore di diverse pubblicazioni di Anatomia, Algologia, Ecologia e Istologia, diventando professore di Botanica anche presso l’Università di Roma a partire dal 1877.

Nello scorso secolo l’Istituto Superiore di Agraria iniziò la raccolta di varie specie, oggi rientranti nelle collezioni che tutt’ora è possibile visitare, come quella del Museo Entomologico dedicato a Filippo Silvestri. Con l’assegnazione dei tre appezzamenti del “Parco Gussone” l’estensione dell’Orto Botanico di Portici raggiunse ben 20 mila metri quadrati, area dove oggi si trova il palmeto, il felceto con un piccolo laghetto e uno spazio attrezzato di circa 1000 metri quadrati riservato alle serre riscaldate, dedicate alle collezioni di piante succulente, ove è possibile ammirare la Welwitschia Mirabilis la cui rara grandezza, inedita per il nostro continente, non potrebbe che essere riscontrata in Namibia, tra i suoi luoghi di origine. Qui infatti è possibile studiare oltre 400 specie di piante provenienti dai deserti africani, americani e australiani, come ad esempio la Xanthorrhoea Johnsonii, dando quindi non soltanto lustro all’ateneo partenopeo ma rendendolo bensì l’unico, nel complesso generale della “Federico II”, l’unico al mondo ad essere dotato di due giardini botanici in un contesto in cui coesistono importanti testimonianze storico-culturali del periodo borbonico, entro un raffinatissimo sito architettonico d’epoca.

Durante la Seconda Guerra Mondiale la Reggia venne occupata dalle truppe alleate, con la conseguente distruzione di numerose piante a causa degli accampamenti montati presso i giardini, le cui collezioni, così come le conosciamo oggi, vennero restaurate, recuperate ed ampliate soltanto grazie il duro lavoro iniziato a partire dal 1948. Dell’impianto originario dei giardini restano i muri di cinta, sormontati da busti marmorei, e la Fontana della Vittoria, ornata con tritoni e sirene. Recentemente lo storico edificio borbonico è ancora soggetto ad opere di ristrutturazione, orientato sempre più a diventare un sito di aggregazione socio-culturale e non solo sede universitaria, attivo per numerosissime attività sociali e meta per tantissimi visitatori, oltre che per fruitori di fiere e convegni.

La cerimonia di apertura ha visto i saluti istituzionali di Matteo Lorito, rettore dell’Università Federico II, della deputata Marta Schifone, in forza al Miinistero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, di Vincenzo De Luca, presidente della Regione Campania, di Gaetano Manfredi, sindaco di Napoli, di Vincenzo Cuomo, sindaco della Città di Portici, e quelli di Danilo Ercolini, direttore del Dipartimento di Agraria. Dei 150 anni di formazione profusa dall’ente hanno parlato i docenti Stefano Mazzoleni, Domenico Carputo, Paola Adamo, i rappresentanti degli studenti e delle associazioni studentesche, con la moderazione di Pippo Pelo, noto conduttore radiofonico. È stato presentato per il restauro dei saloni della Reggia, riaperti al pubblico proprio in occasione della cerimonia dei 150 anni, mentre alle 12:30 presso la Sala Cinese, la fanfara del X Reggimento Carabinieri Campania ha tenuto una piacevole esibizione.

Per usare le parole di alcuni tra i relatori presenti nessuno tra i fondatori della Scuola, chiamati ad istituire la Riforma Agraria e la Cassa del Mezzogiorno, oltre che a dover fronteggiare gravi epidemie agronomiche quali l’attacco della fillossera e della peronospora, avrebbe mai potuto immaginare il progresso compiuto nell’ultimo secolo ed il futuro radioso della istituzione cui loro hanno contribuito a gettare le fondamenta.

Non a caso la Facoltà di Portici si è attestata al primo posto in Italia e tra i primi trenta al mondo fino a diventare principale promotrice della nascita di Agritech, centro nazionale per lo sviluppo delle nuove tecnologie in agricoltura e progetto coinvolgente numerose altre università italiane e centri di ricerca per un valore di 350 milioni di euro: un finanziamento senza precedenti per la ricerca nell’ambito agroalimentare, inclusa l’Agricoltura Spaziale. L’ateneo federiciano è inoltre l’ente promotore e responsabile dell’hub nazionale che ha sede nell’ex Manifattura dei Tabacchi, in un’area di Napoli Est da anni in stato di abbandono ed oggi finalmente rivalutata. Tra l’offerta didattica si evidenziano Scienze Agrarie, Forestali e Ambientali, Tecnologie alimentari, Scienze Gastronomiche Mediterranee, innovativo corso di laurea triennale ingegnerizzata dal prof. Raffaele Sacchi, e Viticoltura ed Enologia, specializzazioni presiedute dal prof. Luigi Moio, presidente dell’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino, oltre agli altri percorsi di studio che accolgono oltre 2000 iscritti, affiancati da un corpo docenti costantemente aggiornato, 150 ricercatori, 90 tecnici, 85 dottorandi con progetti di ricerca per 9,7 milioni di euro.

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