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«Qual è il rapporto fra la “civetta” della filosofia, che interpreta in maniera vigile e cosciente le modificazioni prodotte dall’epoca, e la “talpa” dello “spirito”, che trasforma e scalza inconsciamente le fondamenta dell’epoca stessa mediante un lavorio cieco ma istintivamente rivolto a un fine sconosciuto ai contemporanei?» si chiede Remo Bodei in questo suo La civetta e la talpa. Sistema ed epoca in Hegel (Il Mulino, 2015).

Chiedersi questo equivale a interrogarsi sul link fra la filosofia e il movimento storico – ovvero fra qualcosa «che sembra vedere e non fare» e qualcosa «che sembra fare e non vedere»? «Nell’ottica di Hegel lo smembramento del suo sistema sarebbe stato probabilmente attribuito non alla sua intrinseca inadeguatezza, ma al fatto che lo scavo della talpa ha aperto un’altra epoca in cui la precedente architettura delle idee è destinata a crollare in quanto inadeguata a tenere insieme le nuove componenti». Un’altra epoca; un altro sistema; un’altra architettura delle idee.

Ma cos’è un sistema? E che cos’è un’epoca? «Per arrivare alla trattazione di un problema controverso come il sistema ero partito dalla forza di suggestione esercitata da alcune metafore hegeliane, e dai luoghi comuni, pregiudizi ed errori che derivano a cascata dalla loro interpretazione. Mi ero soffermato (e sono poi ritornato) sulla più famosa, quella della “civetta di Minerva”, intesa come emblema della filosofia al crepuscolo. La civetta, come avevo scoperto, ha tuttavia un suo antagonista-collaboratore nella “talpa”, a conferma di come la storia non finisca col tramonto di un’epoca e di come la filosofia non concluda affatto il suo cammino». La civetta e la talpa: due metafore! Il sistema, la filosofia, la storia e il senso del sistema e dell’epoca in Hegel? Spicca il suo volo solo sul far della sera: è la filosofia. Ovvero: rispetto al costituirsi autonomo della realtà, la filosofia (in quanto metafora) giunge sempre troppo tardi. La realtà ec-cede la filosofia! La filosofia (la «civetta») sembra che debba solo attestare (passivamente) una situazione storica (reale) che si è già compiuta – e, nella notte, dopo aver spiccato il suo volo rifugiarsi nella propria coscienza (le sue eterne domande).

La civetta è un animale (come i pipistrelli) notturno; la talpa (come si sa) non ci vede bene. Ma la «civetta» è anche sforzo di comprensione di forse (reali) che prefigurano un futuro; cioè, è vero che la «civetta» si alza in volo solo sul far del tramonto (quando tutto è stato compiuto) ma, essendo essa la filosofia, essa cerca di cogliere col pensiero («apprendere nel pensiero») proprio quel mondo dormiente che, nella notte, ha smesso di essere attivo: e nello sforzo di coglierlo, la filosofia «apprende il futuro». La filosofia «pensa» questa realtà e prefigura un «futuro» che non sa dire. Ma il volo della «civetta» è spiccato: il mondo (la realtà) è rimasto molto al di sotto delle ali della civetta. Scrive Bodei: «La filosofia, infatti, nel comprendere il proprio tempo, lo modifica e lo rende dominabile». Ma quale elemento concettuale «domina» più di tutti gli altri la realtà se non il sistema? Tutto il reale è razionale… Mica sono bruscolini!

La civetta, attraverso la realtà, giunge al sistema che, attraverso la talpa, si fa storia! Scrive ancora Bodei: «Con l’era moderna l’universale scende nel mondo e si intreccia alla realtà, che diventa a questo contatto, effettualità; e il mondo terreno, ottenendo la sua autentica consacrazione dalla coscienza, diventando “patria” dello spirito, si innalza verso la ragione». C’è una «trama contigua» di pensiero (filosofia) e realtà (storia). La civetta e la talpa sono on line : interconnesse insieme in un unico «Interconnected Network» che sarà, poi, lo spirito assoluto. Scrive ancora Bodei: «Hegel è convinto di vivere in una fase storica in cui il singolo avverte ferocemente la sua inadeguatezza rispetto all’universale già attivo nella realtà (universale che è, del resto, un prodotto collettivo, frutto del lavoro di generazioni e, non potendo separare di tendere più in alto, a una comprensione e a una presa di possesso sistematica del mondo, si incanaglisce in fini o obiettivi limitati oppure tenta di scardinare il corso del mondo senza fare la fatica di comprenderlo per mutarlo, alla ricerca di una privata “fetta di cielo” sulla Terra». Questa è dunque l’«epoca». Che vuol dire «la storia»? Ma che cos’è la talpa? E in che rapporto stanno la civetta e il sistema? Gli occhi della talpa sono ciechi ma il suo procedere e scavare sotterraneo, per quanto lento e tortuoso, è sicuro. Inoltre Bodei dice: «La metafora della talpa deriva dall’Amleto di Shakespeare, dove è riferita allo spettro del padre, al suo desiderio di vendetta che si fa strada nell’animo del giovane principe: “Ben detto, vecchia talpa. Come fai a lavorare sottoterra così svelto? Sei un molto degno minatore». La talpa è lo sviluppo storico che segue «l’istinto della ragione». «Civetta e talpa sono immagini complementari, una coppia di opposti che si presuppongono a vicenda nell’antagonismo fra acutezza visiva e cecità, tra stare a guardare e fare istintivo».

Il problema in questione – tra «sistema» ed «epoca» – pare dunque essere quello della vista, della visione, del vedere – insomma di uno dei cinque sensi dell’uomo. L’intervento della filosofia nel lavoro della storia, l’intervento del sistema sull’epoca, l’intervento della civetta sul lavoro della talpa ha il compito di «mitigare» le contraddizioni nelle quali si dovrebbero conciliare i conflitti. Cioè di rendere meno acute le «convulsioni» storiche che generano opposizioni altrimenti irrisolvibili. «La civetta accellera quindi il lavoro della talpa». La ragione (che è storia) si realizza necessariamente ma la filosofia (con fare bonario) «ne accelera il cammino». La filosofia è al servizio della storia: il suo servizio è proprio quello di «facilitarne» il cammino.

La storia si fa «aiutare» dalla filosofia. La vista è una «visione filosofica» che scaturisce dall’«impulso al sapere». Bodei dice: «La conoscenza aiuta perciò a prendere possesso del mondo “storico”». In definitiva la «visione» (che è il sapere) fa si che si possa prendere «possesso» del mondo storico «nel pensiero». La conoscenza è visione dalla quale scaturisce il lavoro febbrile della talpa e il volo (con vista acuta) della civetta. La vista è «bisogno di assimilare il mondo in una fase storica di estrema complessità e mobilità». Bodei afferma che: «Per il singolo e per l’epoca, la filosofia è la risposta più organica (a questo bisogno)… in una fase storica di estrema complessità e mobilità, e di fatto, per così dire, dal ponte di comando dell’autocoscienza». Infine: «La civetta deve completare l’opera della talpa, la coscienza porsi alla testa delle trasformazioni che avvengono realmente nel mondo, che essa, singolarmente, non sempre provoca (come accadde nel caso dell’Illuminismo francese), ma alle quali contribuisce sempre inserendosi nel movimento generale della civiltà». Ma la vista è uno dei cinque sensi dell’uomo.

Afferma ancora Bodei: «L’io dell’uomo, il “punto” nel quale si condensa il mondo come in un “fuoco” o in un “crogiolo”, il luogo in cui esso viene registrato e trascritto nella forma del pensiero, è in sé una notte, un pozzo notturno». La civetta, la talpa, la vista… E adesso la notte! In questa notte l’uomo è posseduto da «Potenze inconsce» che possono essere “soggiogate” solo dalla filosofia che è «coscienza vigile». Come essere che è sveglio: l’uomo è portatore di «luce» e «nella misura in cui è coscienza vigile domina la sua epoca». La filosofia, come risveglio, è perciò la «radiografia di un’epoca». Hegel passa quindi a considerare cinque metafore: la civetta, la talpa, la vista, la notte e il ri-sveglio. Dice Bodei a questo punto che: «Hegel, stabilisce, come ormai sappiamo, un contrasto e una simultanea complementarietà fra un filosofia giunta alla fine di un’epoca, che vede nel buio con i grandi occhi di civetta, e la talpa della storia che frattanto continua inconsciamente ad avanzare: l’una contempla, l’altra fa».

La nuova «epoca» – in virtù del lavoro di scavo della talpa – avrà un nuovo inizio prima o poi e poi, sul far della sera, si alza in volo la civetta che fa proprio un «principio» giunto alla sua massima maturità: il sistema. «Contemplando» un «principio» la filosofia diventa sistema quando «alla fine della storia» (Francis Fukujama) la storia stessa si «fa» storia di un nuovo inizio – che, comunque, ci sarà! Bodei afferma: «Il mondo descritto da Hegel è veramente un “regno animale dello spirito”, in cui permane la dualità funzionale e ineliminabile di talpa e civetta, di fiducia in meccanismi terapeutici ciechi, e nel miglioramento della visione notturna. E quanto più è ignota la direzione sotterranea della talpa tanto più la filosofia è costretta a inoltrarsi nella “notte”». Quali sono i rapporti fra la filosofia hegeliana e l’epoca (non necessariamente la sua)?

Ovvero: ciò che è vivo e ciò che è morto nella filosofia di Hegel (Benedetto Croce)? Cosa significa, infine, per noi, comprendere nel nostro tempo e per il nostro tempo l’epoca di Hegel colta in pensieri? Dice Bodei: «La talpa dell’istinto della ragione, dopo avere aperto le vene della natura alla ricerca di sè stessa, si rivolge ora alla ricerca di un senso della storia. E malgrado ogni arbitrio costruttivistico, c’è in questo tentativo la volontà (o la presunzione) titanica di appropriarsi e di guidare un movimento finora cieco, di comprendere e sottoporre alla “ragione” anche la storia umana». La storia non ha senso: è una serie di fatti irrelati: la storia ha un «movimento finora cieco»; la talpa ne traccia un senso; così come la civetta (la filosofia) trova un «senso» alla realtà. Il sistema e l’epoca , la filosofia e la storia, la civetta e la talpa sono solo delle «metafore».

Hegel, raccontato da Bodei, spiega tutto quello che ha di fronte: natura e storia. Che senso ha questo spiegare tutto? Intanto c’è una coscienza. Un io. Una persona. Un uomo. Un animale razionale. Qualcuno. Una persona che si pone delle domande. Non esiste, in Hegel, possibilità di una filosofia senza un soggetto. Egli non è uno scienziato che cerca e trova verità oggettive. Due più due fa quattro esiste anche senza un soggetto che la pensi. La somma dei valori dei due cateti, in un triangolo rettangolo, è uguale al valore dell’ipotenusa: è una realtà che esistenza senza che ci sia alcun uomo. Hegel, invece, scrive una «Fenomenologia (che)… è una guida al nuovo mondo realizzata mediante una serie di rivoluzioni della coscienza, di esperienze che la coscienza attraversa per giungere alla comprensione della grande e folgorante rivoluzione collettiva compiuta dallo spirito umano». Insomma: «Il bisogno della filosofia è una risposta alle contraddizioni di un’epoca». Il soggetto (la coscienza) elabora una filosofia per «capire» la sua epoca e tale «sistema» diventa spirito assoluto. In fondo: «La filosofia è sempre stata il proprio tempo appreso in pensieri, ma solo ora lo sa». Siamo alla svolta del sapere, della conoscenza, del possesso (in sé) di determinate cognizioni.

Dice Bodei: «Ma a questo automatismo della coscienza in trance, a rimorchio della cosa stessa, si intreccia nella Fenomenologia lo “sguardo di assieme “ del für uns – assente nel calcolo -, che tocca il culmine nel sapere assoluto, nella congiunzione di certezza e verità. Qui finalmente questo scavare inconscio dello spirito cessa e si raggiunge il sole del concetto, dove il movimento cosciente del für uns procede di pari passo con la cosa stessa, il pros emas con l’auto to pragma». Avendo giustificato la sua apparenza di mondo alla rovescia ed essendo diventata trasparente a se stessa nel suo cammino, la scienza può ora iniziare la sua marcia apparentemente autonoma, e la filosofia, superata la soglia di soggettività avulsa dal mondo, dirigersi verso quella «méta raggiunta la quale sia in grado di deporre il nome di amore del sapere per essere vero sapere».

Ma cos’è questo sapere assoluto? E’ una «ghianda». «Ma sapere assoluto è sapere non più inconsciamente condizionato dall’epoca, slegato quindi dai presupposti che lo vincolavano; è un sapere povero, addirittura vuoto, ma capace di produrre un nuovo inizio. Non è quindi sapienza onniscente, capace di dare un senso a tutto, o scienza senza limiti. Il suo vuoto è, per così dire, la camera di compensazione per abituare la coscienza al puro “etere” del sapere sistematico, del mondo nuovo in potenza che ora appare come una “ghianda”». Da adesso in poi il «sapere assoluto» costruisce da sé. La civetta, la talpa, la vista, la notte e, da ultimo, la ghianda. «L’oscurità del reale, il lavoro sotterraneo della talpa potrebbero scomparire solo se l’“essenza dell’universo” potesse svelarsi completamente. Ma questo, per Hegel, perché eliminata la resistenza, si elimina anche lo spirito, che deve perciò procedere con il doppio regime dell’inconscio e del suo recupero cosciente, del progetto cosciente e del suo trasformarsi inconscio e così via.

Nello spirito assoluto l’opacità del reale e la devastazione del mondo vengono drammaticamente conciliati in un sistema carico di tensioni, teso ad addomesticare il lato animale dell’epoca, con la certezza di riuscirci, malgrado la “tragedia dell’etico”». Lo spirito «soggioga» le «lacerazioni» dell’ «epoca» e conclude la filosofia in quanto sistema. Dice Remo Bodei: «L’unica filosofia egemone in ciascun periodo è lo sforzo immane di fondare l’auto-comprensione del proprio tempo sul terreno ereditato dall’intero processo storico». Che questo progetto sia «riuscito o no» non ha importanza: resta infatti «l’audacia dell’impresa e la fecondità della sua direzione».

Ma cos’è la «ghianda»? Essa consiste nell’«abbandonare» il «vuoto formalismo che lo (al «nuovo»)… caratterizzato e di porgere ascolto all’esigenza di un’universale concreto nella forma di sistema, come risposta al sistema di fatto già vigente nell’epoca». Giunta a una certa epoca (la talpa), la filosofia stessa (la civetta) «esige» il sistema. Qui si «conciliano»: la storia, la filosofia, la vista, la notte e la «ghianda». «Il sistema appare così come dominio sul caos». Era questo il punto a cui Bodei voleva arrivare: la talpa scava ciecamente e la filosofia ha occhi buoni per vedere la storia. Con le sue contraddizioni che verranno «conciliate», la storia conduce a un senso. Tale senso è il senso di questo libro di Remo Bodei!

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