La chiave per il proprio futuro
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Il futuro è molto aperto, e dipende da noi, da noi tutti. Dipende da ciò che voi e io e molti altri uomini fanno e faranno, oggi, domani e dopodomani. E quello che noi facciamo e faremo dipende a sua volta dal nostro pensiero e dai nostri desideri, dalle nostre speranze e dai nostri timori. Dipende da come vediamo il mondo e da come valutiamo le possibilità del futuro che sono aperte.

(Karl Popper, Il futuro è aperto)

Al contrario dello spazio, il concetto di tempo, astratto e inafferrabile, ci appare come una dimensione difficile da definire e da percepire. Il fenomeno temporale non è evidente come quello dello spazio e lo possiamo percepire solo valutando il susseguirsi delle giornate, lo scorrere degli eventi o, di riflesso, nella valutazione dei nostri ricordi e nello scorrere del nostro tempo biologico, che mostra un mutamento progressivo del nostro stato di essere. Il cervello umano non è fatto per percepire in forma intera la dimensione del tempo, come avviene per lo spazio. Esso consente all’uomo di vivere un presente che continuamente si trasforma in ricordo dell’evento vissuto, proiettato su un divenire continuo che perpetua l’esistenza in un altro presente.

Proprio grazie all’esperienza del cervello è possibile, quindi, fornire dei parametri alla dimensione temporale che, in relazione alla continua esperienza del presente, vengono definiti come passato e come futuro. Tempi diversi dello scorrere della freccia del tempo.
Seguendo la direzione della freccia del tempo, in ogni istante ci troviamo proiettati all’interno della dimensione temporale del futuro senza tuttavia intravvedere in anticipo nulla di quanto avverrà.
Infatti, al contrario di quanto avviene per la percezione del passato, il cervello non sembra essere attrezzato fisiologicamente per consentire la percezione della dimensione del futuro se non nel momento in cui lo raggiungiamo e si trasforma in atto esperienziale del presente. Per l’esperienza umana sembra esistere solamente un continuo presente e un passato immediato e remoto. La percezione del futuro gli è negata, non c’è l’equivalente di una funzione, come quella svolta dalla memoria, che possa mostrarglielo in qualche modo. L’unica modalità che possiede l’uomo di concepire il futuro risiede solamente nella proiezione concettuale dei propri progetti o delle proprie aspettative. La sua percezione del futuro non è che un pallido riflesso di qualcosa di intuito che non viene mai messo decisamente a fuoco. Oppure, occasionalmente, può svilupparla attraverso facoltà cosiddette extrasensoriali che però sembrano sfuggire ad una razionale riproducibilità e si sottraggono a una analisi statistica che possa quantificarle.

Numerose riflessioni, oggi, mettono in luce come il futuro stia perdendo rilevanza a fronte di una ideologia del presente in cui sempre più ci troviamo imbibiti e che si è soliti ricollegare ai processi di globalizzazione, all’affermazione di una società in cui l’uso pervasivo e quotidiano della tecnologia ha ridefinito la stessa dimensione spaziale e temporale, appiattendo passato e futuro in un presente esteso e ossessivamente simultaneo. Con James Ballard, potremmo dire che “il futuro sta cessando di esistere, divorato dall’onnivoro presente. Questo futuro noi l’abbiamo annesso al nostro presente, facendone una delle molteplici alternative a noi offerte (…) viviamo in un mondo quasi infantile, nel quale può trovare istantanea soddisfazione ogni domanda, ogni possibilità, si tratti di stili di vita, di viaggi, o di ruoli e identità sessuali”.

Eppure, il futuro desta da sempre l’attenzione non solo di profeti, astrologi e chiromanti, ma anche di pensatori e filosofi; del resto è verso il futuro che tutti ci dirigiamo e gli stessi esseri umani sembrano necessitare di una predizione degli eventi che accadranno.
La concezione del futuro è uno degli aspetti più preziosa che una cultura possa contenere. Ma che cos’è il futuro? Come possiamo definirlo? Innanzitutto è importante tener conto che il futuro è strettamente legato al presente. Non è vero che ognuno di noi ha un destino già prefissato fin dalla nascita. Se così fosse significherebbe che dovremmo rassegnarci a quello che la vita ci offre quotidianamente e non potremmo adoperarci in alcun modo per mutarlo. Proviamo a pensare se in un preciso istante volessimo fare una determinata cosa e poi all’improvviso cambiassimo idea e decidessimo di farne un’altra. Cosa succederebbe se avessimo agito in un modo e nell’altro? Certamente le conseguenze e le conclusioni dei nostri agiti sarebbero stati differenti. Ad ogni azione corrisponde una reazione, poco importa se positiva o negativa, produttiva o conservatrice. Ciò che importa è che siamo noi a determinare la nostra vita.

K. Popper definisce il futuro aperto nel senso che offre continuamente possibilità nuove e può in parte venir modellato da noi stessi, sottraendosi, così, al determinismo. Affermare che il futuro è aperto significa che in ogni momento esistono infinite possibilità di quanto accadrà nell’immediato futuro. Alcune di queste possibilità sono molto remote e giocano un ruolo verosimilmente irrilevante. Altre possibilità, e ne esistono moltissime, invece, sono reali. In ogni momento ci sono dunque cose possibili e cose invece impossibili. L’ambito delle possibilità è incredibilmente grande. Una cosa può accadere o non accadere ed esistono molte possibilità del genere e queste possibilità appartengono futuro. Se le possibilità sono possibilità aperte, evidentemente anche il futuro è aperto e pertanto, almeno in parte, è per noi possibile modellarlo e plasmarlo.

Nel sostenere l’idea di un futuro aperto ci riferiamo soprattutto al futuro dell’uomo e della società. Ciò che accadrà dipende in parte da fatti accidentali, in parte da ciò che effettivamente ed attualmente esiste. Noi dobbiamo essere consapevoli del fatto che esistono possibilità aperte e che tra queste ci sono le possibilità per noi di influire su quel che avviene. Ad influire su ciò che avverrà in futuro sono, nello specifico, le nostre speranze e le nostre valutazioni. Se le possibilità sono prevedibili, le certezze, tuttavia, non esistono e la stessa predizione, inoltre, altera la situazione, modificando le possibilità in gioco. Molto spesso, infatti, le nostre azioni producono un risultato opposto rispetto a quello che intendevamo raggiungere. Questo si determina perché se le predizioni possono produrre ciò che si predice, possono anche far sì che quanti sono contrari a quello che si predice compiano un più grande sforzo per impedire che questo accada. In tal modo è possibile che la predizione di fatto porti all’evento opposto rispetto a quello che era stato predetto. In una predizione sono, cioè, implicite ambedue le possibilità e solo tentativi modesti possono venire sufficientemente controllati e ispezionati nelle loro conseguenze al fine di essere ragionevolmente sicuri del fatto che esse corrispondano almeno approssimativamente ai nostri intenti.

L’idea che il futuro sia anche il risultato dei nostri tentativi di realizzare le speranze e le aspirazioni che guidano il nostro agire ci riconduce al problema dei valori. Del resto, nel momento in cui affermiamo che il futuro è aperto, con la nozione di “apertura” intendiamo la possibilità di scegliere quei valori che sentiamo come valori importanti per noi e per la nostra vita. La valutazione è caratteristica della vita sin dalle sue prime origini: risolvere i problemi significa compiere delle valutazioni; la stessa idea di miglioramento contiene l’idea di valore e se parliamo di miglioramento, allora parliamo di qualcosa di meglio e qualcosa di peggio, e anche queste sono valutazioni. È così che la vita, fin dai suoi primissimi inizi, ha creato i valori e i valori si sono evoluti insieme con la vita e hanno in essa una immensa rilevanza. Non a caso, uno dei valori più cari agli esseri viventi, è la libertà: la libertà di azione, la libertà di migliorare la propria situazione, di risolvere i propri problemi. Parlare di futuro aperto, allora, non significa solo affermare che non è possibile predire quel che accadrà; piuttosto che quello che accadrà sarà influenzato da noi e dai nostri valori.

Fonti

Dorato M., Futuro aperto e libertà. Un’introduzione alla filosofia del tempo, pref. di R. Bodei, Laterza, Roma-Bari, 1997.

Dorato M., Tempo e divenire tra fisica e metafisica (Time and Becoming between Physics and Metaphysics), intervista di Laura Felline, in Humana.Mente, vol. 8, Jan. 2009, pp. 207-214, http://www.humana-mente.it/Volume8_Models.of.Time.pdf

Dorato M., “L’enigma del tempo e il controllo del futuro”, in Spazio ricerca, N. 9, ottobre 2009, pp.54-59.

Popper K. R., Lorenz K., Kreuzer F., Il futuro è aperto, Bompiani, Milano, 2002

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