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Tra i vari flussi che percorrono la terra ci son quelli migratori. Oggi più che mai son determinati da guerre, povertà, disordini politici e, trovando molti ostacoli fino allo sbocco, si insinuano sempre più spesso nell’aperto e ingovernabile mare. Seguono delle promesse che son state seminate lungo la storia da realtà che, come l’Europa, hanno creato falsi miti di progresso e che oggi non possono biasimare chi bussa alle porte delle loro terre spaziose e opulente.

Vista da fuori la terra sembra una grossa palla avvolta da fili che si allungano da una parte all’altra, dandole ogni volta una fisionomia diversa. Flussi consistenti di merci, capitali, informazioni e altro ancora corrono con il loro fare luccicante e veloce, tipico di chi segue le vie del profitto e della globalizzazione. Dall’altra parte flussi più lenti: son la diretta conseguenza dei primi e, pur nascendo dal disordine, percorrono strade ordinate. Si tratta delle rotte dell’immigrazione.

I popoli che migrano da parti del mondo avvilite da bombe, povertà e intolleranza politica lasciano la loro impronta sul terreno a forza di passi impauriti e stanchi, ma anche, e soprattutto, sul mare. Il mare, simbolo di libertà e allegoria della speranza, si sta trasformando in via obbligata (e omicida) per raggiungere le numerose “terre promesse” del mondo, perdendo tutto quel senso arioso e vibrante che ha per natura. Per chi è costretto ad abbandonare il proprio Paese non esistono vie di fuga legali ed è, quindi, impossibile usare imbarcazioni ufficiali. L’unica soluzione è ricorrere a mezzi di fortuna, messi su da trafficanti di uomini[1] organizzati ad hoc.

Così, i messicani viaggiano su zattere che costeggiano l’Oceano Pacifico[2]; i birmani cercano di raggiungere la Malesia a bordo di imbarcazioni di legno[3]; ma, soprattutto, migliaia di persone attraversano il Mediterraneo diretti in Europa con pescherecci obsoleti e gommoni. Questi son i mezzi più facili ed economici da reperire per i contrabbandieri del mare, ma anche i più fragili e pericolosi per la vita umana, specialmente se il numero di persone a bordo è alto. E questo cresce in maniera esponenziale. Infatti, gli sconvolgimenti politici e sociali degli ultimi anni, la guerra civile in Siria e tutte quelle africane tristemente famose da decenni, l’invasione della Libia e lo stato di abbandono in cui versa hanno generato un forte aumento di clandestini, sfollati e rifugiati. La conseguenza è un incremento della domanda di viaggi furtivi che passano per il Mediterraneo. L’urto delle onde sui deboli natanti sovraccarichi, poi, non perdona: migliaia di persone ogni giorno affondano e muoiono nella più totale indifferenza. In questo modo i fili srotolati dai migranti si fanno sempre più netti, ispessendosi e colorandosi di tragedia soprattutto nei tratti marittimi.

Con loro, affondano anche tutte le speranze di una vita migliore in una terra promessa. L’Europa somiglia piuttosto a un grande tiranno che usa il mare per tenere lontano i mostri che ha contribuito a creare: la povertà, la disperazione, l’instabilità politica, la fame e il generale malessere dei popoli del Sud del mondo. Storicamente il Vecchio Continente si è fatto portatore di valori universali, gli stessi che sono nati in quel mare. Ha fatto del progresso economico il suo più grande alleato e si è vantato di avere un ruolo civilizzatore. In realtà non è riuscito nemmeno a educare se stesso e i suoi cittadini. E infatti, se è vero che la storia insegna, quella europea ha lasciato come eredità solo il cattivo esempio. Così oggi, anche se in modo diverso da ieri, ci ritroviamo di fronte a trafficanti di esseri umani che si adeguano a un mercato dettato anche dalla negligenza europea; mentre i poveri del mondo son ancora schiavi, non potendo scegliere di vivere dove sono nati ma, con informazioni e speranze sbagliate, son costretti a raggiungere la terra, geograficamente e storicamente, più vicina a loro. E nel frattempo in Europa le ondate xenofobe contro gli immigrati, sempre più frequenti, mostrano che quei principi di umanità e uguaglianza son solo parole sbiadite in vecchie carte post bellum.

Ultimamente si è parlato di adottare un sistema di quote attraverso il quale i Paesi europei possano spartirsi i pochi fortunati che riescono a raggiungere l’Italia o Malta dopo estenuanti traversate. Le discussioni che son susseguite evidenziano che a Bruxelles domina la discordanza. Inoltre, i vari tentativi di intervento nel Mediterraneo per salvare i migranti o per respingerli, rispettivamente Mare Nostrum della Marina Italiana e Triton dell’agenzia europea Frontex, mostrano tutta la disomogeneità e inadeguatezza dell’Europa, come continente e come Unione. In effetti, se l’Europa fosse un organismo unito sotto ogni punto di vista, che credesse veramente nei diritti umani che tanto professa, non cercherebbe di ovviare in modo frettoloso e disorganico a tragedie che non si può permettere, ma avrebbe condiviso la sua terra o saltato il mare per risolvere il problema dell’immigrazione.

I fenomeni migratori non nascono nel Mediterraneo e nemmeno sulle coste libiche, ma in tutte quelle terre dove i vari Stati europei che oggi chiudono gli occhi, stringendo il culo, quando sentono di nuove mille persone morte in un colpo solo, hanno colonizzato, depredato, sfruttato e imposto modelli per ampliarsi il mercato.
Il continente europeo, pur sembrando geograficamente insignificante, è uno spazio fisico organizzato in modo razionale, carico di ricchezze e relativi sprechi. Mentre qui ventotto Stati membri si fanno quasi la guerra (ricordiamoci che la storia non solo insegna, ma è sempre la stessa) per ricevere poche centinaia di migliaia di persone[4], nel lato Sud del Mediterraneo un paese come il Libano, con quattro milioni di abitanti, ospita un milione e 500 mila rifugiati siriani su oltre i due milioni del totale[5], senza poterselo nemmeno permettere.

Se questo puzzle scomposto chiamato Europa, o i suoi Stati o anche i singoli individui, riuscissero a provare il senso della vergogna tutto sarebbe più semplice. L’umanità prenderebbe il posto dell’indifferenza, i confini diventerebbero porosi e si creerebbero vie dirette[6] per far sì che i profughi raggiungano l’Europa in modo sicuro. Ecco come si toglierebbe ai mercanti di uomini, spesso additati semplicisticamente dall’Europa come i soli responsabili delle disgrazie in mare, la loro stessa merce di scambio: le persone.

Diversamente, l’unica prospettiva possibile è quella delineata da Tondelli nel suo “Camere separate” e, a quel punto, l’Europa tremerà mentre la terra avrà ancora un altro volto: “I poveri si vendicheranno seminando figli ovunque, riproducendosi a raffica come il crepitio delle mitragliatrici, occupando ogni postazione con i propri cadaveri, usando se stessi come forza di sfondamento. Vinceranno, e di loro, evangelicamente, sarà la terra”.

Daniela Melis

[1] Si intenda col termine “trafficante di essere umani” una persona che esercita traffici illeciti, v. Treccani http://www.treccani.it/vocabolario/trafficante/.

[2] Maria Cristina Fraddosio, Messico, le nuove rotte degli immigrati verso gli Stati Uniti, da “La Repubblica” del 21 gennaio 2015

[3]L’esodo dei rohingya, da “Internazionale” 1102 del 15 maggio 2015

[4] Nel 2014 l’Unione Europea ha accolto 185 mila richiedenti asilo, un numero irrisorio rispetto al Libano. Fonte: http://www.west-info.eu/it/quanti-sono-i-richiedenti-asilo-in-europa/

[5] Alcuni dati sugli sfollati siriani e relativi paesi d’accoglienza. Fonte UNHCR: http://www.unhcr.it/sostieni-i-rifugiati/i-progetti/progetto-emergenza-siria

[6] Varie organizzazioni internazionali propongono da tempo soluzioni in questo senso (l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), Human rights watch, ecc): lo spiega bene in un suo articolo Maximiliam Popp, del tedesco “Der Spiegel”, che si può trovare tradotto in italiano su “Internazionale” 1099, del 24 aprile 2015, sotto il titolo Come evitare altre morti nel Mediterraneo.

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