Ragusa Ibla
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di Laura Gatto

“L’Altra Sicilia: così Ragusa è stata spesso definita da letterati ed artisti, politici ed economisti, perché ha rappresentato e rappresenta un modello positivo di convivenza civile e di coesione sociale che la rendono diversa, e per molti versi migliore, rispetto agli abusati cliché che connotano l’Isola nella comunicazione prevalente a livello nazionale e internazionale. Ragusa, che essendo ormai “patrimonio dell’umanità” riconosciuto dall’Unesco e “set” privilegiato da non pochi registi cinematografici contemporanei, costituisce esempio di antiche e vive tradizioni rurali, di archeologia greca e di suggestiva architettura barocca e ottocentesca, di sana e diffusa imprenditoria agricola, artigianale e piccolo industriale, di gastronomia tipica e folklore; ma anche di vivacità culturale, artistica e sportiva, di volontariato attivo e di convivenza pacifica e solidale fra i suoi abitanti”: sono queste le parole di Nello Dipasquale, primo cittadino del capoluogo siciliano, come introduzione alla guida turistica della città consultabile online all’indirizzo www.comune.ragusa.gov.it. Sembra un discorso di parte e una trovata pubblicitaria per quello che potrebbe rappresentare un investimento economico nel settore turistico, ma queste parole suonano modeste per tutti coloro che hanno già avuto modo di esplorare le straordinarie bellezze della città: paesaggi architettonici e agresti che ci riportano indietro nel passato, un assetto urbanistico a misura di cittadino, un modus vivendi vivace e coinvolgente, ma al contempo, mite e rilassante, insomma, luogo ideale per trascorrere una vacanza e staccare la spina dalla frenesia quotidiana.

L’identità di “Raùsa”, il nome della città in dialetto siciliano, è l’esito di un processo iniziato in tempi ormai lontanissimi, agito da popoli differenti nel corso dei secoli e segnato da un catastrofico terremoto avvenuto nel 1693: l’intreccio di questi eventi antropici e naturali ne hanno nutrito la storia e la cultura. Con le espressioni “Raùsa iusu” e “Raùsa supra” ci si riferisce alla particolare suddivisione dell’abitato cittadino in due nuclei urbani, rispettivamente, Ragusa antica e inferiore e Ragusa moderna e superiore. Le affascinanti passeggiate a Raùsa iusu, oggi conosciuta come Ragusa Ibla o semplicemente Ibla, distesa sulle pendici dei Monti Iblei, ci richiama ad epoche ancora più remote rintracciabili in Hibla Heraia, il primo nucleo della città fondata dai siculi in epoca preistorica e che in seguito conobbe le dominazioni greca, romana, bizantina, araba e, in epoca medievale, anche quella normanna. Ai bizantini si deve l’edificazione di un castello che poi Goffredo, il primo signore e figlio di Ruggero il Normanno, si apprestò a fortificare munendolo di torri e a circondare la città di una muraglia difensiva la quale assunse così sembianze medievali e un’organizzazione feudale. L’assetto medievale con il castello in cima al colle, oltre a difendere la città dai nemici, serviva per rimarcare la distanza dai villani: i privilegi in alto e il popolo e la terra in basso. La fortezza, di cui non rimangono più neanche le rovine, fu riadattata alle nuove esigenze militari dalla signoria bellicosa dei Chiaromonte, sotto la dominazione aragonese succeduta a quella sveva ed angioina.

Sia dentro che fuori la città si rintraccia il seguito dell’affascinante storia che determinò l’assetto urbano bipartito di Ragusa e una caratteristica distribuzione delle campagne. La rivoluzione socio-economica, determinata dall’introduzione dell’enfiteusi da parte del casato dei Cabrera e, successivamente, da quello degli Enriquez partorì un nutrito ceto di proprietari borghesi, presto diventato una nuova classe nobiliare. La concessione e suddivisione delle terre, avvenuta nella prima metà del Cinquecento, lascia una sorprendente eredità: i tipici “muri a siccu”, cioè muretti di recinzione realizzati, secondo la tradizione, con pietre di forma e dimensione differenti e artisticamente incastrati a mano.

Nel frattempo, precisamente l’11 gennaio del 1693, la terra di Ragusa tremò rovinosamente. Le scosse sismiche , verificatesi in tutto il territorio della Val di Noto, nella sola città di Ragusa fecero cinquemila vittime e distrussero secoli di reperti materiali a testimonianza delle dominazioni precedenti. Si passò presto all’opera di ricostruzione preceduta da un clima di contrasti: l’antica nobiltà rivoleva Ragusa sullo stesso loco della distrutta Ibla mentre l’emergente nobiltà desiderava la sua ricostruzione in un’altra parte più consona ad uno sviluppo urbano al passo coi mutamenti socio-economici. A rendere più complesse le vicende della ricostruzione contribuì l’inasprirsi dell’antico contrasto tra il partito dei “Sangiorgiari”, in cui vi rientrava l’antica nobiltà, e quello dei “Sangiovannari” dei borghesi e dei massari. Partiti questi scaturiti da una caratteristica commistione tipica del tempo tra vita politica e religiosa e sostenitori delle due chiese principali, rispettivamente, quella di San Giorgio e quella di San Giovanni Battista,. Ma d’accordo entrambi sul costruire la chiesa di San Giovanni a Ragusa nuova e quella di San Giorgio a Ragusa antica, i contrasti sorsero tra gli stessi Sangiovannari. All’interno del partito vi erano infatti fedeli che desideravano ricostruire il tempio sulle sue rovine appena fuori le antiche mura di Ibla. Superati i contrasti tra conservatori sangiorgiari e innovatori sangiovannari si diede vita alla suddivisione urbana in Ragusa inferiore, con patrono San Giorgio, e in Ragusa superiore, con patrono San Giovanni. I primi edifici della nuova Ragusa, si innalzarono tra strade ampie e rettilinee in contrasto con i vicoli stretti e sinuosi di Ragusa Ibla. Le “due Ragusa” divennero quartieri autonomi e, dopo l’unità d’Italia, comuni distinti ma sempre uniti dai trecentocinquanta gradini delle Scale; solo nel gennaio del 1926 avvenne l’unificazione in concomitanza con la nomina di capoluogo di provincia, per volere del governo fascista.

Messe a tacere le aspirazioni dei sangiovannari tradizionalisti, si procedette alla ricostruzione delle due chiese. Dell’originario tempio di San Giorgio in stile gotico-catalano oggi rimane solo il portale; la struttura fu fatta costruire dal conte Goffredo per ringraziare il Santo cavaliere che per volontà divina, come racconta la leggenda, era sceso sulla terra in aiuto delle conquiste normanne. La nuova costruzione del Duomo oggi domina l’omonima piazza a Ragusa Ibla, impreziosita da una fila centrale di palme centenarie e innalzata nel luogo in cui sorgeva la chiesa di San Nicola edificata dai bizantini. Il progetto dell’edificio religioso venne affidato a Rosario Gagliardi, sommo architetto siciliano del tempo, che impreziosì Ragusa delle architetture barocche apprese dal Bernini e dal Borromini. La chiesa di San Giovanni Battista, invece, fu fatta edificare nel centro storico di Ragusa superiore. Così, l’origine duplice della città si ripropose anche col patrono: non uno ma ben due patroni e, quindi, due meravigliose processioni.

Oltre alle due chiese che custodiscono i Santi protettori della città, a spasso per Raùsa iusu e supra è possibile nutrirsi di altri numerosissimi edifici religiosi e civili di pregevole interesse. Nel centro storico di Ragusa superiore lo stile barocco convive armoniosamente con le meraviglie di palazzi più recenti dell’Ottocento e del Novecento e lo stesso avviene a Ragusa Ibla, quartiere che inoltre coniuga in sé il passato rovinosamente cancellato e l’allora di moda stile barocco: l’antico impianto urbanistico medioevale di origine normanna si intreccia agli eleganti palazzi e chiese barocche in una sintesi architettonica che lascia senza fiato. Non a caso, nel 2002, le bellezze architettoniche sono valse alla città la nomina di patrimonio dell’umanità da parte dell’Unesco. Appena fuori la città, tutto il paesaggio agrario della provincia iblea costituisce un panorama di altrettanta straordinaria bellezza: entro i muri a secco si scorgono paesaggi bucolici, immagini di pascoli bovini e ovini in immense distese incontaminate e cariche dei prodotti della terra tipici della zona. Sebbene le campagne si dispieghino tra strade asfaltate percorse in comode autovetture moderne, il loro fascino richiama gli antichi percorsi intrapresi magari in groppa all’indigeno asino ragusano. È attraverso queste scene rilassanti, che richiamano un tempo ormai passato, che si giunge al Castello di Donnafugata, altra meraviglia imperdibile che, per la sua bellezza, è divenuto set di riprese televisive e cinematografiche per alcune scene dei film “Il Commissario Montalbano”, “ Il Gattopardo” e “I Vicerè”. In realtà, non si tratta di un castello ma di un edificio nobiliare a tre piani del tardo Ottocento. La leggenda quattrocentesca attribuisce a Bernardo Cabrera la prima costruzione del castello entro il quale tenne prigioniera Bianca di Navarra, vedova del re Martino I d’Aragona, con l’intento di sposarla e di diventare sovrano. Si sa per certo, però, che la dimora fu fatta edificare dal barone Corrado Arezzo, sui resti della piccola casa costruita dall’antenato Vincenzo Arezzo-La Rocca che, a metà del Seicento, acquistò il feudo. La facciata neogotica e le due torri laterali catturano subito l’attenzione del visitatore che si lascia coinvolgere in un sogno ad occhi aperti. L’interno non è da meno: più di centoventi stanze arredata con stile e gusto diverso e per usi differenti. Oggi è possibile visitarne circa venti con i meravigliosi arredi dell’epoca lasciandosi trasportare in un fantastico passato in giro tra la stanza della musica, la sala degli stemmi, il salone degli specchi, l’appartamento del vescovo, la pinacoteca, i salotti delle donne e tantissime altre preziose stanze. Il monumentale edificio si completa con un ampissimo e altrettanto monumentale giardino tripartito in una zona all’inglese, un’altra alla francese e una terza tipicamente siciliana coltivata ad agrumi. Nella sua stupefacente estensione, oltre alle numerose specie vegetali, il giardino ospita il labirinto, il tempietto circolare, la Coffee House e le grotte artificiali: tutti accorgimenti, che insieme ai giochi d’acqua, vennero studiati dal barone per render lieta la permanenza degli ospiti. L’imponente bellezza e sfarzosità del palazzo rispecchiano senza dubbio la personalità influente, eccentrica e vivace del barone; per averne un breve assaggio basti sapere che gli fu permesso di utilizzare le foglie dei grandi ficus, posti all’entrata del parco, come francobolli postali e di “avvicinare” alla propria dimora la stazione ferroviaria modificando il tratto Ragusa- Comiso!

Meta irrinunciabile per chi non vi è mai stato e luogo in cui tornare per chi si è già arricchito delle sue bellezze, Ragusa rappresenta la città ideale da scoprire in ogni periodo dell’anno. Se decideste di andarci adesso, in questo estivo mese di agosto, non dimenticate il costume da bagno per una nuotata rinfrescante nelle coste della frazione di Marina di Ragusa, toccasana per gli amanti delle spiagge pulite e del tranquillo relax. Buon viaggio!

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