Panorama di Livorno
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di Silvia Nebbia

Livorno non esiste. E’ questo il miglior motivo per andare a vederla. Occorre aprire il diapason dell’anima, però, perché è lì che si “sente” Livorno: nel suo karma. Da villaggio di pescatori a “città ideale” dei Medici, che ne fecero il porto di Firenze dopo la caduta di Pisa, l’antica Leburna vide alcuni secoli di fasti come forse nemmeno la Serenissima. Fatta salva la Fortezza Vecchia, e il magico quartiere Venezia, il sovrapporsi di culture mediterranee, nord europee e mediorientali, è oggi scarsamente visibile. Eppure è proprio questo il tratto profondo della città: un melting pot di culture straordinariamente ricco e misterioso. Un livornese d.o.c., non è solo un marinaio, un commerciante, o un affermato artista: è soprattutto un sacerdote, un guru, anzi: uno scienziato. E un pirata.

La Costituzione Livornina di Ferdinando I (1591) sancì il porto franco e iniziò l’età dell’oro. Le leggi livornine, nel tempo, resero la città cosmopolita e tollerante, aprirono le porte agli ebrei cacciati dallo Stato Vaticano e ad ogni etnìa, furono il rifugio ideale di ogni esiliato, compresi Casanova, Goldoni e Shelley: un’isola felice. Ecco perché Livorno non c’è: fosse possibile un mondo così, vorremmo andarci tutti e questo al leburno odierno ‘un gli garba. Gli secca, all’illustre indigeno, di non poter fare mostra della grandezza delle su’ origini: “Leghorn”, dice Henry James nel suo “Ore italiane”, “ ha poco di toscano.

Non ha un’architettura interessante, né chiese degne, né un palazzo municipale ed è l’unico caso in Italia di assenza di opere pittoriche di rilievo”. Ma le opere di Modigliani scintillano nei musei di tutto il mondo. Il convento di S. Caterina dei Dominicani, ad esempio, fu trasformato in carcere (vi soggiornò Pertini, mentre Carlo Azeglio Ciampi ebbe in città i natali) ma il 22 maggio a mezzogiorno, si recita in coro la supplica alla Santa Degli Impossibili…E’ una tradizione del cuore. Dov’è dunque la bellezza di Livorno? In quel po’ che è rimasto dopo la guerra: nella sua pianta architettonica progettata da Bernardo Buontalenti in forma di pentacolo, nelle sue molte torri, tra cui quella del Marzocco, tra Calambrone e la Fortezza vecchia dove un tempo c’erano i migliori stabilimenti balneari.
La Torre della Meloria, ricostruita tre volte nei secoli per segnalare le omonime secche. Qui, nel 1722, emersero quattro teste bronzee rinascimentali (Bronzi della Meloria), raffiguranti Omero, Sofocle, Eschilo ed una di ignoto, portate poi a Firenze.
Il Fanale dei Pisani, è il faro del porto di Livorno. D’epoca medioevale, è uno dei più antichi d’Italia (ricostruito).

Per la sua bellezza è citato dal Petrarca nel suo “Itinerario siriaco”. C’è poi la Torre vecchia, sull’isola di Gorgona che, assieme a quella di Capraia, è descritta da Dante Alighieri nel Canto XXXIII dell’Inferno. Gorgona ha molti misteri…
Ma di torri ce ne sono ancora molte nel territorio labronico: solo questo sarebbe un itinerario più che degno di quelle agenzie che ti spellano per portarti a fare trekking&cultura nei deserti. Invece qui c’è “solo” il Mare Nostrum, l’ombelico di tutte le civiltà e si mangia anche da dio, cacciucco in testa (si cerchi il migliore tra: Il Sottomarino, All’Antico Moro, Alla Barcarola, Il Deserto e Da Galileo). Con le isole di Capraia, Pianosa, Elba, Giglio, Giannutri e Montecristo, Gorgona costituisce il Parco Nazionale Arcipelago Toscano, che tutela questi ambienti naturali di grande valore culturale e scientifico. A volte qualcuno crede di avvistare ancora delle foche Monache nella grotta del Bue marino alla Cala Scirocco. Tutto ciò che non si può vedere direttamente in mare o in cielo lo si vedrà nella Sala del mare del Museo di Storia Naturale del Mediterraneo, dove, in anteprima mondiale e fino al 4 luglio c’è la mostra: “Leonardo e il volo – Dagli uccelli alle macchine volanti”.

Poi, un salto alla Villa Mimbelli col Museo Fattori e quindi, prima di prendere il largo, si passi al Teatro Goldoni ad ammirare i Percorsi Mascagnani. E’ divertente aggirarsi per mare davanti all’Accademia Navale ma non fatelo tra aprile maggio, durante il TAN-città di Livorno: è la più importante manifestazione velica del Mediterraneo (www.26tan.com). In giugno invece si, perché la Coppa Barontini, altro trofeo marinaro, si svolge all’interno dei fossi medicei della Venezia Nuova. Il 3 agosto scatta l “Effetto Venezia”, il maggior evento estivo, dedicato l’anno passato alla fratellanza tra i popoli attraverso la poesia. Questa scelta non è casuale.
L’utopia è di casa qui già da molto prima che Gramsci convocasse i dissidenti del XVII congresso socialista fuori dal teatro Goldoni per proclamare nel vicino teatro S. Marco la nascita del Partito Comunista d’Italia, dopo i fiammanti scioperi dei portuali in tutta la costa ligure. Arte per tutti, dunque? Il detto popolare recita:

<A Livorno, ’r peggio portuale sona ’r violino co’ piedi.>

Vero o no, di poeti e di artisti a Livorno ne nascono a schiere e i più lasciano il segno davvero.

Donna che apre riviere

Sei donna di marine,
donna che apre riviere.
L’aria delle mattine
bianche è la tua aria
di sale e sono vele
al vento, sono bandiere
spiegate a bordo l’ampie
vesti tue così chiare.

Anche Giorgio Caproni studiò il violino e, con ogni probabilità, con le stesse dita della penna. Piero Ciampi, invece, suonava il violoncello, beveva e girava il mondo. A Parigi conobbe Céline di cui Caproni tradusse “Morte a credito”. Ciampi lo riscosse troppo presto quel credito: a soli 46 anni.

<Tonica, terza, quinta, / settima diminuita. / Resta dunque irrisolto / l’accordo della mia vita>

G. Caproni (“Cadenza”, 1972)

Potesse chi scrive slacciare le sue catene, non andrebbe alle Tremiti o in Sardegna ma alla Fortezza vecchia a vedere come si fa “a pettinare le acciughe” o “a rimirar le stelle” (nel quattrocentenario del cannocchiale di Galileo) ma anche a fare un bagno libero allo Scoglio della Ballerina lungo il viale d’Antignano o ai celebri Scogli Calafuria vicino al curvone de “Il sorpasso” di Risi, oppure alla Spiaggia del Sale, accanto ai più borghesi Bagni Roma.

Livorno esiste. Perlomeno nei film di Paolo Virzì, che sta girando proprio in queste settimane: “I Bagni Pancaldi”, ovvero gli storici Bagni Pancaldi Acquaviva a suo tempo frequentati da Mascagni, Carducci e Pascoli. Distrutti anch’essi dai bombardamenti e poi ricostruiti, si trovano sul viale Italia tra la Terrazza Mascagni e l’Accademia Navale. Sciccosi assai, forniscono una visuale privilegiata durante il Palio Marinaro della prima domenica di luglio, quando i 16 rioni cittadini si lanciano in due gare: quella riservata alle “gozzette”, cui partecipano 8 rioni e il Palio Marinaro vero e proprio in cui gareggiano gli altri 8 rioni con i famosi “gozzi” . E’ questa la più autentica espressione di “livornesità” durante l’anno, da non perdere. E’ straordinaria Livorno, un porto franco dell’anima, l’ingresso verso l’essere se stessi a qualunque costo, colta e superba. Invisibile, finchè non la si “sente”. Dopo, si dirà, col poeta

< Mi manchi. Quello che mi manca di te
è tutto quello che non ti posso dire.
In altre parole te lo potrei dire,
se le parole non si spostassero sempre come alghe ad ogni battere di respiro
contro la mia scogliera di costole.
Solo un vestito, un anemone di riflusso…
Ho bisogno di un asse, un pretesto d’amore
su cui far repliche del mio spettacolo>

Vittorio Cielo, (Mi manchi)

P.s. Vittorio Cielo inaugurerà il Cambini Opera Festival di Luca Faggella a maggio, al Goldoni di Livorno.

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