Mice and world
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Intervista sul presente e futuro del web al filosofo Daniele Carbini

Per leggere la realtà, o meglio, per vivere la realtà che ci circonda, dobbiamo necessariamente prendere sul serio la rivoluzione digitale. I dubbi sulla possibile influenza del “virtuale” sul reale, non hanno più senso di esistere. E’ ormai chiaro che la convivenza e il buon uso, sia la strada con cui affrontare l’argomento. Qual’è secondo te il grado di competenza generale perché si possa parlare di buon uso del web?

Il grado di competenza generale è pessimo, ma ciò non è da considerarsi un reale problema. Mi stupisce che la maggior parte delle discussioni vertano su quest’aspetto. Il web è dal un lato uno straordinario strumento di comunicazione e, da un altro punto di vista, un luogo aspaziale. Si tratta concretamente di un intricato sistema di strade comunicanti tra di loro, un labirinto in costante definizione e mutazione. Immaginiamo di essere semplicemente gli abitanti di una metropoli. Che interesse può avere per noi sapere come sono realizzate le strade o di cosa sono composte o di quali siano le regole che le rendono possibili?

Piuttosto al cittadino interessa muoversi consapevolmente all’interno della metropoli, poterne partecipare attivamente, sapersi spostare da un punto all’altro. Ecco, da questo punto di vista la competenza è più che sufficiente. Oggi è estremamente semplice entrare nella rete ed essere partecipanti attivi, costitutivi di essa. Il nostro esserci nella rete ci rende costitutivi della rete stessa, le diamo una specifica di determinazione, con il nostro esserci. Nel momento stesso in cui decidiamo di partecipare ad un social network o di visitare costantemente lo stesso sito di informazioni, da cui assorbire il “che succede” nel mondo, noi decidiamo l’importanza di uno luogo della rete, non diversamente da ciò che avviene nella realtà materiale fuori dal web. Le aziende più importanti giocano proprio su questo per determinare il proprio successo e futuro, ovvero far sì che un numero sempre maggiore di abitanti della rete sia attratto dal loro luogo e sia invogliato a rimanere in questo stesso luogo. Affinché tutto ciò sia possibile sono necessari l’interazione degli abitanti fra loro, la loro possibilità concreta di comunicare nella più totale libertà. Il segreto del successo di facebook o di twitter verte proprio in questo aspetto: non entro in facebook perché mi interessa facebook in sé e per sé, non mi interessa andare a leggere contenuti determinati dall’azienda, dove io subisco in modo passivo le informazioni. I contenuti sono decisi di volta in volta da tutti i partecipanti, è un luogo dove esprimo la mia espressione del sé e la condivido con gli altri, i quali a loro volta vi partecipano e la modificano, rendendola qualcosa di compiuto, di determinato. Si partecipa collettivamente alla definizione del sé nel mondo, è il luogo della propria determinazione in uno spazio in cui potenzialmente i confini sono illimitati.

Il buon uso del web è un concetto pericoloso. Che cosa si vuole intendere? L’uso del web è la dannazione di tutti i governi, perché con esso e con la cultura morale diparte che ne fonda i principi s’intende in realtà definire il controllo dall’alto dei contenuti e dei comportamenti che ogni cittadino del web deve tenere. Google ad esempio, che è di fatto la porta principale di accesso alla rete, il tassista che è in grado di portarci in ogni luogo che desideriamo, si trova spesso a scendere a compromessi sul cosa rendere visibile a seconda della nazione in cui viene interrogato. Il buon uso vuole perciò essere un limite alla libertà di chi popola la rete. Ti dico io cosa puoi visitare e cosa è proibito, cosa è bene e cosa è male. Oggi ci si trova dentro la rete in modo naturale e trasparente, con uno smartphone, con un tablet, con un computer, ma anche con un oggetto di diverso tipo e natura, un elettrodomestico o anche l’automobile. La rete è diventata un’estensione naturale del nostro corpo, ci siamo dentro senza consapevolezza e senza nessuna competenza reale del mezzo stesso. Il punto perciò è: altri stanno decidendo come veicolare il nostro ingresso nel web e soprattutto ci stanno vincolando le strade da percorrere, una sorta di posti di blocco, con tanto di recupero informazioni sul chi siamo e sul che cosa stiamo facendo e, ancora più preoccupante, cosa abbiamo intenzione di fare. L’intento è una schedatura dettagliata di ogni essere umano, la quale avviene senza che ci si accorga di nulla, è stato sufficiente il semplice “io sono stato qui!”.

All’inizio della sua storia il web era descritto dagli stessi addetti ai lavori, al massimo da qualche filosofo illuminato. Si può citare il prof Tagliagambe, che usava il funzionamento del web (la rete) per spiegare i possibili sviluppi della conoscenza. La rete annulla il concetto classico di enciclopedia, la conoscenza non usa più i percorsi e le tappe prefissate dagli autori. Il percorso di conoscenza sul web, secondo Tagliagambe, dipende dalla serie di incroci, di gangli, di cui la rete è composta. Se il testo classico è fatto di capitoli, da uno schema preparato dall’autore, nel web è il lettore a costruire il percorso. L’estrema libertà di approccio alla conoscenza, con le infinite possibilità di usare le informazioni della multimedialità, può in qualche modo impoverire la struttura di base della nostra cultura? O, al contrario, è il nuovo metodo che crea una nuova conoscenza, una nuova qualità della conoscenza?

Uno dei concetti più esaltanti e rivoluzionari del web è l’interattività dell’utente-lettore con l’autore. In questo però io vedo un mito che in larga parte va sfatato. La reale rivoluzione del web consiste nella velocità di accesso a tutti i contenuti possibili. Sostenere che prima della rivoluzione digitale il percorso fosse quello indicato dall’autore e che pertanto il ruolo del lettore fosse unicamente passivo di chi in un certo senso “subisce” la conoscenza è quanto meno offensivo e soprattutto falso. Una lettura critica dei testi presuppone una lettura critica della conoscenza. Il lettore in passato faceva lo sforzo di ricercare i testi, perciò aveva un problema concreto di reperibilità fisica della conoscenza, poi a questo doveva aggiungere il tempo necessario alla lettura attiva degli stessi, in modo da crearsi il proprio personale percorso conoscitivo. Ovvero il lettore critico faceva manualmente e con fatica il lavoro che il web ha reso immediato e completo.

Oggi bastano poche parole chiave ed un clic e il lavoro di anni viene risolto in pochi secondi. In questo è la vera rivoluzione del web. Ma non è vero che il rapporto tra l’autore e il lettore sia cambiato, perchè da un lato l’autore propone giustamente il proprio percorso e dall’altro lato il lettore si costruisce il proprio. La questione più preminente è un’altra: la qualità della conoscenza è in serio rischio, è come dire appiattita e uniformata, sta perdendo gli attributi essenziali che ne stabiliscono il valore e la credibilità. Nel momento stesso in cui effettuo una ricerca e mi vengono mostrati i risultati dai gangli più disparati, mi trovo necessariamente (per necessità di fruibilità delle informazioni all’interno della rete) ad una sintesi di risultati, raramente ho a disposizione le opere complete, ma solo le conclusioni o una presentazione sintetica e soggettiva dell’autore. In poche parole il ruolo dell’autore oggi è ancora più vincolante che nel passato, anche se pare paradossale. In passato, quando il lettore faceva la propria ricerca fisicamente, aveva la necessità di reperire i testi d’interesse e se li leggeva completamente, cosicché riusciva a capire il percorso intrapreso dall’autore e realizzava concretamente il perché delle conclusioni.

Si trattava di una lettura critica e attiva, che permetteva di definire una scelta ponderata di quali percorsi seguire e quali non prendere in considerazione. Questo lavoro nel tempo, che permetteva anche una sedimentazione importante della conoscenza acquisita, realizzava perciò un percorso consapevole e selezionato. Il web ha in un certo senso distrutto questo, per cui vengono presentati insieme tutti i percorsi possibili, privati di qualità. La ricchezza e completezza dei contenuti rischia di essere un impoverimento grave della conoscenza. Oggi si pone una questione fondamentale: l’autorevolezza dei contenuti, il loro reale valore. Su questo si dovrebbe riflettere a fondo, perchè il lavoro di grandi studiosi era proprio la selezione critica dei contenuti di valore dall’ammasso generale.

La rete è costruita per non avere confini. E’ lo stesso funzionamento della rete che determina la necessità di un’analisi multidisciplinare, di un’alleanza tra diversi approcci e punti di vista. Ma nonostante la si studi in modo scientifico, filosofico, sociologico o letterario, sembra quasi sia il metodo e non l’uomo a determinarne la conoscenza. Verità e metodo, grazie al web questi due ambiti cambiano forma. Il metodo casuale, anarchico, della conoscenza sul web cambia anche la natura del sapere, della verità. Il dubbio è questo: siamo ancora capaci e liberi di gestire la rete?

Questa tematica è legata in modo stringente con la precedente questione. L’autorevolezza di un luogo della rete è anche il punto di partenza del lettore. Se io ritengo valido e credibile una voce allora quella stessa voce diventa in modo automatico il mio punto di riferimento, perchè credo che ciò che scriva sia credibile e di valore. Al tempo stesso se non ho elementi che mi permettono di discernere l’autorevolezza di un’altra voce, quella stessa voce la scarto, non la considero, non ha peso. La conseguenza di un simile comportamento è un limite oggettivo di libertà, perché se da un lato posso scegliere di andare dove voglio dall’altro lato sono condizionato dal considerare valido solo ciò che è popolato di visite e che già conosco a prescindere dal web, altrimenti è privo di interesse e valore.

La libertà è decisamente menomata e questo succede perché l’utente del web manca di criticità dei contenuti, sia perchè impossibilitato a verificare la veridicità, per motivi meramente tecnici, sia perché non fa più il lavoro attivo e critico che faceva in precedenza lungo il periodo dei mesi e degli anni di studi sui testi completi. La moltitudine e l’immediatezza hanno reso una libertà apparente e hanno gravato sulla qualità e reale consapevolezza della conoscenza. Siamo meno liberi e con gli strumenti intellettivi pigri. Le macchine cercano al posto nostro e siamo meno bravi, meno consapevoli e più creduloni, in completa indigestione di contenuti che non sappiamo più valutare in modo compiuto. Tutto è immediato, ingurgitato, sostituito dopo poche ore da nuovi contenuti, Sta sparendo completamente la selezione critica che lascia il posto all’abbondanza priva di giudizio e perciò privata della sostanta, la conoscenza ne sta uscendo svuotata.
Essere dentro il web è essere nel mondo, sentirsi determinati e dotati di un valore, viene esaudita la necessita di sentirsi parte non isolata, che può dare una voce e che ha una risposta, un “mi preoccupo di leggere ciò che scrivi”, la presenza nel web ci fa sentire in qualche modo realizzati e dotati di senso.

Non si riesce più ad immaginare che una realtà sia fuori da internet, che è diventato estensione naturale della carne nell’essere umano e estensione necessaria belle strutture aziendali. Questo comporta benefici con il crescere costante delle infrastrutture ma al tempo stesso ha creato un uso morboso dello strumento stesso. L’umano ha sviluppato ansie e paranoie patogiche per cui è necessario essere sempre connessi, controllare e essere controllati. Disconnettersi rischia di diventare un atto rivoluzionario di libertà.

Sulla utilità e la necessità del web per la vita quotidiana, non ci sono dubbi. L’esempio delle recenti rivoluzioni arabe e il ruolo della rete per la diffusione dei messaggi e l’organizzazione delle stesse, testimonia il fatto che la comunicazione era, e rimane di tipo “orizzontale”, senza vertici. Si autoalimenta e si spegna da sola. Questo metodo è stato utile a creare massa critica, ma non a creare una classe dirigente che poi andasse a governare, e concretizzasse le richieste per cui erano nate le rivolte. Il controllo politico ed economico della rete può determinare trasformazioni reali, quale futuro troveremo in questo senso?

In questo c’è la grandezza del web, qui risiede la reale ed imprescindibile rivoluzione. Ovvero la possibilità concreta di comunicare con l’intero mondo, senza passare dal filtro verticistico dei governi di controllo. Le persone si parlano tra di loro, senza confini, qui la libertà è totale, la scelta dei contenuti diventa libera. L’impatto qui, in questa prospettiva, è devastante e i governi tutti da occidente a oriente ne sono terrorizzati. Non è più possibile nascondere le informazioni, la gente sa e vede, interagisce, è attiva e protagonista, pure chiusa in una stanza. Le rivoluzioni arabe lo dimostrano in modo palese. Da questo punto di vista internet è lo strumento ed il luogo più importante della storia dell’umanità e a disposizione di chiunque.

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