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La terza giornata è stata densa di emozioni forti, si è parlato del fenomeno sempre più importante dei minori non accompagnati.

Il fenomeno dell’immigrazione, ormai non più eccezione da molti anni, si racconta nelle sue fasi parallele, anche al cinema. Ci sono le storie tragiche delle partenze, di chi non ce la fa e muore in viaggio: nel deserto del Sahara, in Libia nelle decine di lager dove stanno i migranti prima di prendere il mare. L’ultimo viaggio seppur pericoloso, è quasi una liberazione da quello che hanno dovuto affrontare prima. Meglio rischiare di morire annegati che torturati e ridotti in schiavitù in Libia. Poi ci sono le storie di chi ce la fa, le storie di chi lotta per sopravvivere in un paese straniero, di chi si impegna per studiare e lavorare. In poche parole di vivere.

Invece, un fenomeno non ancora evidenziato abbastanza dalle cronache è quello dei minori non accompagnati. Ragazzi di 14, 15 anni che si uniscono alle carovane di migranti dalla Nigeria, Senegal, Costa d’Avorio, Guinea Bissau solo per quanto riguarda la parte occidentale dell’Africa.

L’edizione di quest’anno ha voluto dedicare una giornata a questi ragazzi coraggiosi, alcuni di questi presenti al festival. Il programma ha previsto la proiezione del toccante documentario di Gabriele Gravano “Io sono qui“, Italia, 2016, 32′, che affronta il fenomeno dell’immigrazione minorile, il desiderio di ricominciare a vivere, sperare, credere nel proprio futuro. E’ stato proiettato sia agli studenti la mattina che al pubblico adulto la sera, erano presenti il regista e i tre giovani protagonisti del documentario Dine, Magassouba e Omar, ospiti dei centri di prima accoglienza Azad e ed Elom di Palermo gestiti dall’Associazione Asante Onlus e supportati dall’UNICEF.

Marco Antonio Pani è un regista sardo molto apprezzato, in questo caso ha diretto un laboratorio nell’ambito della residenza artistica “Cosa ci porta il mare”, che ha prodotto  “About the sea“, il cortometraggio che abbiamo con piacere visto e applaudito. Laboratorio organizzato dal MuMa, Museo del Mare e dei Maestri d’Ascia di Sant’Antioco. I partecipanti al laboratorio (quattro migranti richiedenti protezione internazionale e ospitati nei centri d’accoglienza del Sud Sardegna, e da quattro di origine italiana). Erano presenti Ottavia Pietropoli del CEAS Isola di Sant’Antioco, ​i registi Marco Antonio Pani e Michela Anedda e naturalmente i ragazzi. Tutti hanno ringraziato, il ragazzo africano con molta commozione ha parlato della sua esperienza. Il viaggio terribile, il naufragio e la salvezza. “Pensavo davvero di morire quando ha iniziato ad affondare la barca, ma poi la nave italiana ci ha salvati tutti. Vi devo la vita e non ringrazierò mai abbastanza gli italiani e i sardi che mi hanno accolto con molta ospitalità. Voglio stare qui, ho già preso la licenza media e ho iniziato le superiori”. Per i ragazzi italiani è stata una bellissima esperienza “all’interno della famosa alternanza scuola lavoro” dice uno di loro, “ma per noi non è stato uno spreco di tempo. Anzi, una bellissima esperienza umana, oltre alla possibilità di vedere dal vivo come si realizza un cortometraggio. Grazie a tutti”.

importante la testimonianza di Irene Rigobello, volontaria della Caritas Diocesana di Adria e Rovigo, che ha presentato la Mostra fotografica “I have a dream”. Ci ha parlato della “difficoltà di creare le condizioni di integrazione. Si parla sempre degli sbarchi, delle condizioni difficili dei centri di accoglienza, ma poco e nulla del proseguo del viaggio dei migranti verso la terra promessa del Nord Italia. In veneto ad esempio, non sono di passaggio, è la terra di arrivo. Un programma di lavoro molto più duro della sola accoglienza. Bisogna creare le condizioni per l’integrazione vera, a lungo termine. Un lavoro molto complesso che la Caritas porta avanti da molti anni con forza e determinazione”.

Kassim Yassin Saleh

A seguire i film in tema migrazioni. “Idris” vincitore del concorso MigrArti 2017, un bellissimo racconto dello scontro/incontro tra un bambino africano arrivato orfano in Italia, ospite in una casa famiglia con bambini italiani vittime degli stesso o altrettanti gravi problemi. Era presente il regista, un somalo, “ormai romano” come si definisce Kassim Yassin Saleh. “Ho girato il film in un periodo di Ramadan, con una sete che non vi dico, e in quel periodo il sole tramonta alle nove di sera… La difficoltà maggiore è stata quella di gestire un gruppo di lavoro di bambini”. Ci parla della fortuna che ha avuto il film per l’apporto di una grande scenografa, del montatore di Giuseppe Tornatore, e poi una grande produzione (sarda) come Ombre rosse.

Un pugno nello stomaco il film di Aldo Iuliano “Penalty”. Una partita di calcio che decide chi vive e chi muore, giocata con la testa di un ragazzo sacrificato.

Da segnalare “La recita” di Guido Lombardi. Finalmente l’integrazione degli africani con la cultura italiana classica, usando il teatro come il simbolo stesso della tradizione nazionale. Molto bello. Una coppia di ragazzini si ama, ma la famiglia di lei non accetta che frequenti un italiano “che loro vogliono solo una cosa da te”, gli dice la madre. Profezia avverata. La gravidanza, la decisione di abortire, l’aiuto di una collega del corso di teatro che farà da madre (recitando una parte perfetta, da Oscar). Ma il ragazzo non è d’accordo, vuole il bambino. Parla con il padre, incontrano i genitori di lei. La storia prende tutt’altra direzione, tutto per il meglio. Una commedia dai toni semiseri, molto ben fatta, con un respiro internazionale.

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