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Il silenzio della poesia abita a Seneghe e si distende tra le liriche scritte, urlate o bisbigliate sottovoce dei poeti e delle poetesse del mondo, negli angoli incantevoli del paese tra case di basalto, gli antichi ciottolati e i luoghi di aggregazione della comunità come i bar, la piazza, o il giardino dietro il vecchio frantoio.

È il festival del Cabudanne de sos poetas che si tiene ogni anno nel piccolo borgo di meno di duemila anime i cui versi dei poeti e delle poetesse creano accordi e atmosfere uniche e rare, e chi ascolta, che sia un pubblico colto, di appassionati, o di semplici curiosi, si lascia trasportare, oltre la dimensione del tempo. Partito il 27 agosto, è entrato nel vivo della programmazione nel lungo weekend per concludersi il 4 settembre. Una festa dei poeti tra versi, musica, letture, dibattiti, dalla mattina alla sera tarda che per il suo diciottesimo anno di età vede nel cuore pulsante del Montiferru un calendario di appuntamenti dalla mattina alla sera con 70 ospiti provenienti dalla Sardegna, dall’Italia e dal mondo, oltre 40 appuntamenti, e infinite possibilità di ricostruire un tessuto organico di relazioni, azioni e amicizie, nei suggestivi Giardini di Sa Prentza e Murone, nel centro storico e a Casa Addis (Domo de Sa Poesia). Il titolo scelto quest’anno è “La capacità di agire”, un invito a una riflessione collettiva su temi propri del contesto specifico di questo luogo attraverso la poesia, la cultura e la sua promozione. “Abbiamo pensato di declinare i diciotto anni attraverso questo titolo, perché è attraverso la maggiore età che si manifesta la necessità di assumersi delle responsabilità nel doversi occupare del proprio territorio, della propria comunità, dei concittadini, della propria vita”, spiega Luca Manunza, presidente dell’associazione Perda Sonadora, ente organizzatore del festival che cura anche la direzione artistica.

Un’associazione storica che ha ormai 22 anni, è attiva tutto l’anno ed è costituita da 37 soci, di cui molti giovani under 30 e 40, che investe le proprie energie nel festival attraverso la realizzazione di attività di promozione della lettura e della poesia, in collaborazione con le reti territoriali locali, regionali, nazionali e internazionali. Ma investe molte energie anche per partecipare ai bandi con nuovi progetti per cercare di avviare un processo di cambiamento, di rinascita e di sviluppo economico nel borgo di Seneghe, da sempre riferimento culturale per la sua storica tradizione poetica e del canto “a cuntrattu” e da diciotto anni punto di riferimento della poesia e della cultura con il “Settembre dei poeti” (Cabudanne de sos poetas), e che purtroppo come tanti piccoli comuni della Sardegna è a rischio di spopolamento.

Il festival del Cabudanne è quindi anche un’occasione importante non solo come intervento culturale sul territorio ma anche come motore economico, che lascia in quei giorni un indotto economico e tantissime risorse. Coinvolge 32 ragazzi del paese, e lascia il 65% del budget interamente a Seneghe tra 150 posti letto attraverso l’ospitalità diffusa, i bar, le pizzerie e le varie attività. Tra i progetti portati avanti sicuramente quello molto importante è il Bando di rigenerazione dei Borghi della linea B del PNRR che ha visto il Comune di Seneghe e l’associazione culturale Perda Sonadora tra i protagonisti dell’ideazione e della stesura di uno dei progetti vincitori, primo in Sardegna e quarto in Italia con una valutazione di 87 punti. Progetti di rigenerazione culturale e sociale dei piccoli borghi storici, del Ministero della Cultura.

E proprio a questo progetto si è ispirato uno degli incontri sui temi di attualità di questa edizione. L’appuntamento del 2 settembre “Ripensare i Festival. Anna Rizzo:I paesi invisibili. Manifesto sentimentale e politico per salvare i borghi d’Italia”, ha visto un momento di riflessione molto importante dedicato proprio a questo tema che ha preso spunto per la discussione dal libro dell’archeo-antropologa Anna Rizzo, edito da il Saggiatore, 2022. Ne hanno discusso con l’autrice, Maria Fioretti, fine pensatrice tra le organizzatrici dello Sponz Fest a Calitri (Alta Irpinia) ideato da Vinicio Capossela, la ricercatrice inglese e videomaker specializzata in etnografia visuale Shirley van der Maarel, e il Sindaco di Neoneli, Salvatore Cau. Ha moderato l’incontro Walter Porcedda, giornalista professionista, critico teatrale del giornale in rete Gli Stati Generali. “Abbiamo deciso di partecipare al bando sui borghi in collaborazione con l’amministrazione comunale e altri enti della scrittura del bando, e lo abbiamo vinto – spiega Luca Manunza – Per noi questo incontro è stato soprattutto un’occasione di riflessione anche con le associazioni seneghesi (siamo in tanti), per confrontarci, per discutere sul futuro culturale di Seneghe e i paesi dell’Unione dei Comuni del Montiferru, per parlare pubblicamente delle nostre problematiche, del bando, e per trovare delle chiavi di volta che ci permettano di comunicare meglio con le istituzioni, con la nostra amministrazione – aggiunge Manunza – Ci sarebbe piaciuto organizzare l’incontro con più associazioni e amministrazioni locali ma in questo contesto così limitato a poche giornate non è possibile. Ci piacerebbe poter organizzare più avanti più incontri dedicati a questo tema coinvolgendo quante più associazioni possibili, e terminare magari come in una grande agorà pubblica, con l’obiettivo di conoscerci e confrontarci”.

Un appuntamento dedicato alla rigenerazione dei borghi per offrire una panoramica nitida delle piccole comunità d’Italia e un manifesto: una ricognizione fuori da ogni retorica della situazione in cui versano attualmente i nostri borghi e degli interventi necessari per evitare che, tra sfruttamento turistico e incuria dello Stato, un pezzo importante della nostra identità collettiva finisca cancellato per sempre – come ha spiegato la Rizzo durante l’incontro. “La cultura è importante per far crescere una comunità – ha aggiunto – Ma è un falso mito quello di un borgo che può andare avanti con il turismo. Un turista si trova bene in un luogo quando ci sono le strutture fondamentali quali l’istruzione, la sanità, la mobilità e le tecnologie. Strutture che devono essere garantite prima di tutto agli abitanti del paese. Se mancano queste, manca tutto. Va bene parlare di tutto, parlare di borghi, di paesi, di attività per valorizzarli e promuovere il turismo. Ma l’importante è parlare dei contenuti e portare avanti azioni politiche e amministrative che salvaguardino le strutture necessarie che sono alla base della vita e della sopravvivenza di una comunità. Dove gli anziani e chi abita stabilmente questi luoghi abbiano tutti i servizi e possano vivere bene nel loro paese, dove ci siano le scuole per i figli, affinché le giovani coppie si possano trasferire anche in un’ottica di investimento a lungo termine e quindi di ripopolamento di quei luoghi. Se ci sono queste prerogative allora si può parlare anche di azioni e promozione a fini turistici. Perché, è vero, un paese ci vuole anche solo per il gusto di andarsene via, ma un paese ci vuole soprattutto per la bellezza di ritornarvi”. Un festival deve essere quindi un investimento in attività legate al benessere, deve avere la forza di aumentare le possibilità relazionali. Deve contribuire a colmare il divario culturale, deve diventare uno strumento di crescita, deve valorizzare la capacità di agire sul territorio, deve fare in modo che la cultura intervenga sulla necessità di una ricostruzione sociale – ha sottolineato Maria Fioretti – “E il Cabudanne de sos poetas e Seneghe riesce a farlo, da quel che abbiamo potuto vedere in queste intense giornate di versi, musica, dibattiti, letture, nelle piazze e nel frutteto de Sa Prentza de Murone, alla Biblioteca Comunale, nei bar, nel cortile della cena, stando insieme e condividendo riflessioni, scoprendo universi e costruendo connessioni”. Seneghe quindi, come una comunità locale forte, in grado di custodire la cultura, la poesia, i patrimoni, ma soprattutto i giovani. E sono proprio loro, le generazioni consapevoli, da coinvolgere in questo lungo processo di condivisione, di scambio, confronto, di partecipazione, perché tutto questo non si disperda a festival concluso. Così sono i giovani oggi 25enni o trentenni dell’associazione Perda Sonadora, nati e cresciuti in questo piccolo borgo del Montiferru, che hanno respirato sin da bambini o da adolescenti i versi e l’atmosfera culturale del festival, collaborando come volontari prima e oggi operativi nel direttivo dell’associazione e attivi da diversi anni con ruoli di responsabilità.

Percorsi culturali che preparano i giovani ad aprirsi al mondo e ad affrontare nuove sfide, come quella di Enrica Illotto, 31 anni, vice presidente dell’associazione che da sei anni è responsabile della segreteria organizzativa. Insieme ad altri giovani ha fatto confluire al suo ritorno dalle esperienze in Italia e in Australia nel percorso culturale del festival e in un percorso parallelo, enogastronomico, legato strettamente all’economia del suo paese che sfocia nell’attivazione della cooperativa di comunità di Seneghe, “Mussura” (termine in sardo che sta per “plenilunio”), nata un mese e mezzo fa e pensata da Matteo Illotto, enologo, innamorato del suo paese, del Montiferru e della sua campagna, con il desiderio di restituire alla comunità le competenze acquisite durante gli studi all’Università e nel mondo del lavoro, e produrre del buon vino nei vitigni seneghesi. Una cooperativa di viticoltori costituita da tanti giovani che dopo gli studi sono rientrati a casa con la spinta emotiva di investire nella propria terra, con il sogno di restarci e di far fronte al problema dello spopolamento e dell’abbandono delle vigne. Perchè i vecchi non ce la fanno più a curarle o perché tanti ragazzi che le hanno ereditate sono emigrati in cerca di un futuro. Sono diverse le formazioni dei loro studi. Sono enologi, ingegneri meccanici, fisici, geologi, biotecnici alimentari, esperti, appassionati. “Mussura e Perda Sonadora, è per noi un intrecciarsi naturale di esperienze e di progetti condivisi, spiega Enrica – esiste una commistione di percorsi culturali e enogastronomici che entrambi fanno parte della nostra realtà e del Cabudanne. Si parla quest’anno di capacità di agire. Quale miglior esempio di quello che stiamo facendo qui noi giovani. Il paese ha bisogno di uno sviluppo economico perché altrimenti tra una ventina d’anni non ci sarà più nessuno. E l’amore per la nostra terra, la nostra lingua, per le nostre vigne, i nostri prodotti, la cultura, le nostre tradizioni, il senso di appartenenza a questi luoghi, sono per noi vitali. Portiamo i versi dei poeti e delle poetesse, dal mondo a Seneghe e viceversa, e il vino, bevanda che loro hanno sorseggiato in queste giornate del festival è quello che con la cooperativa abbiamo vinificato lo scorso anno, o quello prodotto dalle vigne dei soci. Vivere nei piccoli borghi è molto difficile, così come resistere alla tentazione di andarsene per trovare un futuro più sicuro. Ma un territorio si può salvare solo se si investono tutte le energie e le risorse possibili a casa, con coraggio e determinazione”. Uno sforzo che necessita di un sostegno e di un riconoscimento, questa è l’unica possibilità di un futuro per i giovani seneghesi. E il vino si dice, è come la poesia, si gusta meglio solo quando di studia la vita, quando si entra in simbiosi con l’ambiente in cui è nato, con il suo paesaggio, la sua cultura, la sua comunità, il suo mondo.

Un’energia e un potenziale umano enorme che fa di queste aree interne come Seneghe e il Cabudanne de sos poetas un vero e proprio spazio di resistenza, di esperienze, di possibilità. Carlo Marongiu, il più piccolo dei soci di Perda Sonadora, è alle sue prime esperienze come collaboratore del festival in questa edizione. Ha 18 anni appena compiuti, come gli anni del festival. “Non ero mai uscito dal mio paese. Ho iniziato a viaggiare da solo appena ho compiuto la maggiore età. Sono stato in Irlanda, in Germania, in Repubblica Ceca e presto andrò in Serbia. In questi paesi ho avuto la possibilità di fare esperienze lavorative culturali e progetti Erasmus Plus volti all’educazione di giovani. Viaggiare, per quel poco che ho potuto fare finora, mi ha dato la possibilità di cambiare il mio punto di vista da diciottenne soprattutto nei confronti del mio paese, Seneghe. Sono partito la prima volta con l’idea di fuggire da qui, un ambiente che consideravo statico, fermo, e che mi ha portato ad avere dei pregiudizi molto radicati, dove le persone non sono aperte spesso alle novità, e dove c’è sì un senso di comunità ma molto legato alla tradizione, difficile da sbloccare. Forse l’unico momento in cui ci si sente seneghesi è al bar il sabato sera. Il problema è che questo paese ha un enorme potenziale dal punto di vista culturale e non solo, anche dal punto di vista paesaggistico. Ci sono svariate località che si potrebbero valorizzare e allo stesso modo ci sono i poeti, gli artisti, che però forse andrebbero fatti risaltare meglio all’interno della vita del paese. Il motivo per cui partecipo al Settembre dei poeti è innanzitutto la storia dei pregiudizi, per ribaltare la mia visione, fare un tentativo di cambiamento, e anche perché ho sempre appoggiato il festival dal momento in cui ho partecipato la prima volta come attore, quando frequentavo a Seneghe i laboratori teatrali con il Teatro delle Albe e poi con l’associazione, dal 2017 in poi, avevo circa 12 anni. Diciamo che me ne sono innamorato immediatamente. Il festival ha sempre dato la possibilità di conoscere persone interessate a diverse discipline che provenivano da tantissimi posti, non solo in Italia ma anche da fuori. Era un modo di ospitare cultura proveniente da qualsiasi parte integrandola con la nostra cultura. Io sento di avere un debito nei confronti di questo festival, che mi ha dato tanto, e quindi mi sentivo di dover restituire qualcosa, e sto cercando di farlo attraverso l’impegno, dal semplice spostare un paio di sedie, a spingere i tasti di una telecamera o qualsiasi altra cosa. Vorrei poter contribuire anche io a questo tentativo, a questa piccola speranza che, come giovani e come associazione, stiamo nutrendo”.

Perda Sonadora continua a lavorare con la sua quarantina di soci e socie di tutte le età e ogni anno cerca di incrementare il numero delle giovani leve per coinvolgerle nelle diverse attività culturali, in un percorso di crescita e di formazione, anche se non obbligatoriamente all’interno di un mondo professionale. Anche Manuela Flore, 25 anni, è cresciuta respirando l’aria del Cabudanne de sos poetas sin da bambina. Come Carlo ha frequentato, ma sin dai primi anni, tutti i laboratori teatrali, o ancora prima incantata dalle letture di Bruno Togliolini nelle piazze del paese. Incoraggiata poi da Mario Cubeddu, tra gli storici fondatori dell’associazione di cui era il presidente fino a cinque anni fa, ha deciso appena ventenne di seguire poi la segreteria amministrativa del festival, un ruolo di grande responsabilità che oggi porta avanti con grande professionalità, e che la rende un punto di riferimento nell’organizzazione. Laureata in biotecnologia industriale e specializzata in biotecnologie agroalimentari (sta concludendo il percorso di studi a Viterbo) spera di poter sfruttare le sue competenze a Seneghe, all’interno della cooperativa Mussura, di cui è già socia, e di poter aprire un piccolo laboratorio per poter fare le analisi di base del vino, ma anche per occuparsi delle certificazioni dei prodotti alimentari. “Io studio ancora a Viterbo, ma ho sempre il bisogno di tornare a casa. Ci penso spesso al motivo che mi porta a tornare qua, perché c’è anche altro. Mi piacerebbe andare a vedere il dietro le quinte di altri festival, per apprendere il più possibile, festival importanti che possono dare un contributo alla mia formazione. Ma quello che mi porta a tornare è che mi piace vedere le persone passeggiare per Seneghe in quelle quattro giornate. Io mi sento felice quando passeggio qui in questi giorni, eppure al bar ci sono le solite persone. Ma ci sono anche autori, l’ambiente nuovo che si crea. Noi ci vediamo sempre, ma l’atmosfera che si crea è diversa. Mi piace questa vitalità in questa casa, la Casa della Poesia, che molto spesso d’inverno rimane chiusa perché siamo tutti impegnati su altri fronti. La poesia aiuta a essere positivi? – Porta un po’ di luce, magari ti siedi un attimo e c’è quella strofa, quel verso che ti dà quella serenità o quella consapevolezza in più, ti lascia qualcosa. La poesia qui porta luce, un po’ di speranza, di movimento, anche di litigate, e di critiche costruttive”.

www.settembredeipoeti.it

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