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Ad appena 10 chilometri da Avellino, sulle alture orientali della Toppa di Sant’Andrea, sorge il borgo di Candida ad un’altitudine massima di 646 metri sul livello del mare, di poco più d’un migliaio di anime. Dalle alture del paesino è possibile ammirare la vallata di Bosco Grande, anche detto Nemus Corilianum, area ricchissima di noccioleti, con un alto tasso di piovosità ed avamposto dei monti dell’Appennino Meridionale.

Il nome del borgo irpino è di origine classica, stando a indicare le candide e biancheggianti rocce su cui è insediata la parte più antica dell’abitato, mentre un’altra ipotesi farebbe riferimento alle denominazioni che prendevano le antiche ville romane, ispirate dalle caratteristiche ambientali presso cui erano state edificate. Per quanto non vi siano documenti storici attestanti l’esistenza di Candida fino al IX secolo d.C., i numerosi ritrovamenti di terracotta e ceramica rinvenuti presso il vallo che la separa da Montefalcione fanno ben pensare però fosse abitata in tempi più remoti: infatti nella località Cesine venne ritrovata una patera del IV secolo a.C. In età imperiale il territorio di Candida ricadeva nella Civitas Abellini sotto al controllo della tribù Galeria. Con la caduta dell’Impero Romano però e l’invasione dei barbari, il territorio fu conquistato e devastato prima da Belisario nel 536 e successivamente da Totila nel 543. Le prime notizie documentabili del castello di Candida e del suo signore risalgono a metà del 1100.

La storia della famiglia Casoli appartiene da sempre a questi luoghi per quanto il progetto delle Tenute Casoli sia più recente: Luigi Casoli, di professione ingegnere, decide nel 2005 di acquistare e recuperare l’antico palazzo un tempo appartenuto alla famiglia Iorio, situato proprio di fronte alle proprietà nobiliari dei FIlangieri, principiandone quindi i restauri nel 2005, innamorato dei dettagli architettonici, soprattutto del superbo esempio di scala vanvitelliana. Nel 2007 lo stesso ne avviò l’impianto di un primo vigneto, poiché la storia dell’antico palazzo era anche fatta di vendemmia, accorpandolo ai tenimenti vitati di famiglia ereditati da suo padre; dopo questa grande operazione di recupero storico, urbano ed edilizio, a grandissima vocazione rurale, l’ingegnere, supportato da sua moglie Katia ed i figli Archimede ed Antonella, fonda l’azienda agricola Le Crete-Tenuta Casoli, ben intenzionato a valorizzare la tradizione vitivinicola di queste terre, senza tralasciare la produzione di mele e nocciole.

Le Tenute Casoli rappresentano pertanto un esempio di azienda giovane nata da un concetto saggio e portata avanti dalla ardimentosa passione di due giovani, supportati nelle loro idee imprenditoriali da tutta la famiglia e che conta oggi circa 13 ettari di vigneto, destinati principalmente alla produzione di tutte le eccellenze enologiche irpine a denominazione di origine controllata e garantita.

L’azienda segue meticolosamente tutta la filiera vitivinicola, vinificando le uve nella propria cantina, sita nello splendido edificio settecentesco degli Iorio, che si erge proprio al centro del comune di Candida, i cui locali erano già originariamente adibiti a cantina, come precedentemente detto. Simbolo delle Tenute Casoli un dipinto raffigurante una ninfa, divinità minore della natura della mitologia greca, mentre spreme un grappolo d’uva, il cui succo ricade nella bocca di un satiro, soggiogato ai piedi della stessa, sintesi di arte, piacere, legame con la Natura e convivialità.

Le uve per ottenere il Terranatìa vengono allevate con sistema a spalliera con cordone speronato presso i comuni di Paternopoli e Bonito, situati ad una altitudine media di 450 metri sul livello del mare, i cui vitigni di Aglianico affondano le radici in terreni argilloso-calcarei, per una resa di circa 70 quintali per ettaro. Vendemmia rigorosamente manuale tra la prima e la seconda decade di novembre. La fermentazione avviene in inox con un 70% della massa che sosta per 12 mesi in botti da 25 ettolitri ed il 30% in barrique di rovere di Allier, per affinare successivamente in acciaio e per i successivi 6 mesi in bottiglia, prima della commercializzazione.

Rosso rubino intenso con accenni granato e grande consistenza, questo l’aspetto visivo del Terranatìa Irpinia Campi Taurasini Doc 2012 di Tenute Casoli. Accenni del frutto fresco della cerasa, confettura di visciola e lamponi, sentore balsamico di sapa e canfora, cenere di sigaro e lieve tocco vanigliato. Trama sapida con tannino ancora scalpitante per quanto ben integrato al corpo del vino e ben gestito dalla freschezza a render succosa la beva senza privarla di spessore, la nota pseudo calorica è evidente e foriera i retro-olfattiva dei frutti rossi e della speziatura. Finale persistente ed asciutto. Maccaronara al ragù di capra con una spolverata di pecorino di Carmasciano ed una foglia di basilico fresco.

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