Interrogazione
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Articolo di Maria Giovanna Peru

All’inizio pensi che quello che sai è talmente affascinante, è talmente reale, è talmente vitale, che creerai delle giovani menti filosofiche. Come può essere che non amino la filosofia che a te, proprio a te, mica l’hai sentito raccontare, ha cambiato la vita? Ne saranno travolti, frastornati, cominceranno a farsi strane domande, capiranno che i filosofi non sono gente normale e non potranno più farne a meno. Poi suona la prima campanella della fine della mattina. E vedi come si precipitano fuori lasciando scivolare dietro di sé un “Arrivederci prooof”, che si porta dentro un: “Sì, ok, lei e quegli altri matti di cui sta straparlando non esistete. C’è il mio ragazzo/la sigaretta/i rigatoni/il motorino/il letto/la chitarra/12 sms a cui LEI, prof, mi ha impedito di rispondere con quello sguardo inceneritore” (insieme, singolarmente presi, o in ordine sparso). E capisci che non è proprio come te l’eri immaginata, la questione.
Che loro non sono proprio come te li eri immaginati.

Eppure pensavi di ricordartelo, com’eri tu a diciott’anni. Non è poi passato tanto tempo. Eppure.
Sei diversa da loro, perché sei giovane, ma sei adulta. E se sei adulta significa immediatamente che sei una di cui ci si dovrebbe fidare, che sei una che non dovrebbe tradire. Li vedi, che ti studiano per sapere se ti si può accordare un po’ di credito o no. Se riesci ad esserci, per loro. Senti le loro antenne mandare frequenze, le percepisci proprio ronzare nell’aria. “Stanno cercando di capire se ci sei o ci fai”, pensi. “Questi qua anche con tutto l’impegno del mondo non li puoi fregare. Hai fregato professori universitari, capi ai colloqui di lavoro, ma questi no”. Ti guardano tutti insieme, occhi spalancati, non ne hai mai visto di così limpidi e grandi e vigili e implacabili. Hanno gli occhi disarmanti. Sono sincronizzati a capire se sei giusto. Se sei in grado di rimanere anche quando ti rifiuteranno. Se sei uno che vuole fare sfoggio delle quattro cose che sa, se vuoi mantenere un distacco altezzoso, o se hai le antenne drizzate. Allora realizzi due cose: la prima è che a tutta la tua teoria, la didattica, come si fa, come si dice, come si deve essere, puoi dare fuoco. Non ti servirà a nulla: ti hanno già disarmato con il loro sistema di ricezione senza filtri. La seconda è che devi abbassare le difese. Devi mantenere l’attenzione vigile su di te, ma ti tocca esporti. Questi fiutano l’autenticità come un cane addestrato fiuta il tartufo. Solo che non hanno bisogno di addestramento, loro: sono, e basta. L’unica cosa che ti servirà è il buon senso.
“Merda”, pensi. “Sono nella merda”.

Cominci ad andare per tentativi, altro non puoi fare. Riesci persino a farti piacere la storia, visto che la stai studiando con loro e la stai scoprendo in modo nuovo. Dopo un po’ di tempo, mentre spieghi storia e uno alza la mano, non sudi più sperando che voglia chiederti di andare in bagno. Insomma, comincia a diventare naturale stare con loro, e starci così come ci state. Perché c’è quello conservatore, fissato con le armi delle guerre mondiali, che conosce i dettagli di tutte le battaglie, però è da un po’ che è mogio mogio. “Che c’è?” -Prof, mi dicono tutte di no. Poi lei mi dice che per Schopenhauer l’amore non esiste, e io che faccio, mi suicido? “No, per Schopenhauer il suicidio non era una soluzione valida. Soffri.”
C’è quello che quando parla all’interrogazione è compunto e impostato, e poi è un bambino: si azzuffa come i cuccioli, tira le palline inzuppate di saliva con la cerbottana di biro, e dato che c’è ne lancia una anche a te. Così, per giocare.
C’è quello che: -Prof, la vuole la password del Wi-fi della scuola? Così può entrare su facebook. Tanto lo sappiamo che c’è, anche se se la vuole tirare e non ci dà l’amicizia. C’è anche quello che nel server della scuola c’è entrato, ha fregato le password e ha frugato un po’ nei segreti scolastici. Ti stimo, fratello, vorresti dirgli, perché per questi genietti informatici hai profondo rispetto, ma non glielo puoi dire. Tanto la tua ammirazione la sente uguale perché ha le antenne.

C’è quella matura, studiosa, competente, che un giorno ti accarezza un braccio come a dire prof, l’abbiamo accettata, stia tranquilla.
Arrivi a scuola fresca di parrucchiere, ti senti chic e anche un po’ sexy, a dire il vero. “Prof, sembra…” -non riesce a dirlo perché gli scappa la risata, di quelle meravigliose zampillanti risate contagiose- “Sembra Willy Wonka!”. In classe parte la ola, e passano la mattina a introdurre Umpa Lumpa nella dialettica hegeliana (“Prof, tanto l’abbiamo capito che Hegel non le sta simpatico”. E ti pareva).

Esci di casa la mattina alle sette, raffreddata, gelo e neve, imprecando in turco per i chilometri e lo stipendio da fame. Entri in classe, e dopo un quadrimestre passato a cercare di aprirti un varco di fiducia interroghi in storia quello ribelle, incazzato, quello a cui hai detto di non provarci che tanto tu non lo molli, quello che ce l’ha con l’universo mondo e lo spaccherebbe, figuriamoci se non ce l’ha col libro di storia. E gli dai 8, perché è esattamente come sapevi che fosse: razionale, critico, logico, curioso. Il più grande spettacolo dopo il Big Bang siamo noi, io e te.

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