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Ragionano in megabyte e in gigabyte, giudicano le immagini in pixel e in bit, si salutano con un poke e affidano ai post gioia e dolore, rabbia e speranza, odio e amore. Spesso fautori di un linguaggio semplicemente essenziale, si informano con i tweet e non apprezzano il romanticismo dell’inchiostro su carta, ma sanno far correre velocemente le dita sui tasti o sugli schermi touch screen. Sono i figli della globalizzazione e della tecnologia, sono i ragazzi di oggi, che con un monitor imparano a conoscere il mondo prima di averlo visto e la vita prima di aver iniziato a viverla davvero.

La rivoluzione hich tech degli ultimi anni, infatti, non è stata silente e ha generato profondi mutamenti sociali, innescando nuovi meccanismi di interazione personale e di veicolazione culturale e segnando in tal senso una svolta epocale. Nella storia i fenomeni di questo tipo, pur non avendo carattere ricorrente, non sono insoliti. La loro reale portata, però, può essere percepita appieno solo a posteriori. Chissà se Johann Gutenberg, quando nel 1455 introdusse in Europa la stampa a caratteri mobili, capì che da quel momento in poi molte cose non sarebbero più state come prima. Chissà se noi, che ora ostentiamo una padronanza assoluta della multimedialità dilagante, abbiamo intuito veramente quali saranno gli effetti a lungo termine, nel bene e nel male, dell’attuale progresso.

In ogni caso gli strumenti di cui adesso la società dispone favoriscono indubbiamente il dinamismo mentale e, se utilizzati correttamente e responsabilmente, possono contribuire anche alla crescita culturale e umana di giovani e di giovanissimi. Nell’agorà planetaria di internet bastano pochi click per intraprendere viaggi affascinanti, per scoprire realtà ancora ignote e per incontrare in ogni istante persone nuove. Basta il tempo di un respiro per superare la titubanza iniziale, per avviare un dialogo, per acquisire la disinvoltura necessaria al confronto con interlocutori sconosciuti e di ogni dove.

E questa dimensione, tanto materialmente astratta quanto idealmente tangibile, è apprezzata da milioni di persone, ma appare particolarmente congeniale soprattutto agli adolescenti, che della digitalizzazione incessante del nostro tempo sono testimoni e artefici primi proprio perché primi fruitori dei prodotti più innovativi della tecnologia informatica e telefonica.
Loro, così poco propensi a coltivare l’arte oratoria per la timidezza legata all’età o per la difficoltà cronica del dialogo transgenerazionale, nel web scrivono, scrivono e scrivono perché sui social network hanno centinaia o migliaia di amici virtuali. Amici che a volte sono semplici numeri, buttati nel calderone per una questione di prestigio personale. Amici che non di rado sono sinceramente sentiti come tali e considerati meritevoli di frequenti tvb. I ragazzi dei nostri giorni, infatti, probabilmente sono più votati all’istinto che alla ragione. Checché se ne dica, tuttavia, sanno anche voler bene. E senza timore, attingendo a un vocabolario decisamente singolare, esprimono sentimenti e stati d’animo con frasi sgrammaticate, metaforizzate, omologate, cifrate, ricche di k e di emoticon, povere di vocali e soprattutto di punteggiatura, intrise di neologismi e di parole mozzate. Dal punto di vista linguistico questa tendenza non è incoraggiante né da incoraggiare, ma la comunicazione è istantanea, diretta, incalzante, mirata semplicemente a garantire la comprensione del messaggio che contiene.

Tutto, ormai, viene pubblicato in tempo reale e la navigazione è diventata veloce per inseguire i fatti. Notizie e informazioni di ogni genere, che pure rimangono intrappolate a lungo tra le maglie della rete sguazzando qua e là, nella maggior parte dei casi stanno sulla cresta dell’onda soltanto pochi minuti. In molti ambiti, quindi, l’approfondimento si rende necessario. È fondamentale, pertanto, possedere un solido background culturale per poter individuare le fonti affidabili. Ed è qui che generalmente si arena l’intraprendenza dei ragazzi.
Ciò denota la presenza di non poche falle nel sistema educativo e il bisogno di una scuola che sappia guidare i giovani verso un uso ragionato dei mezzi telematici. In questa direzione la strada da percorrere è ancora lunga, ma la meta non è impossibile da raggiungere. I quindicenni, in ultima analisi, non sono senza speranza. I trentenni e i quarantenni, in un’epoca in cui per certi versi la commistione tra fasce d’età è sempre più marcata, chissà…

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