Innamorati della cultura
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di Laura Zimbardo

“Il diritto a vivere dignitosamente è riconosciuto come diritto fondamentale dall’Unione Europea”: in questa frase è racchiuso tutto l’impegno e la determinazione dell’Unione, che con politiche ad hoc, ha dedicato l’anno 2010 alla lotta alla povertà e all’esclusione sociale.
Questo tema, più di altri, riguarda da vicino ogni Nazione, Stato e Città. Siamo lontani dal credere che la povertà sia un problema distante dalla nostra società e associata esclusivamente ai paesi in via di sviluppo. In realtà tale problema e quello della ridistribuzione della ricchezza, incombono oggi con maggior forza sui nostri governi nazionali, riguardano le realtà di ciascuno di noi e gli altri intorno a noi. Le cifre della povertà in Europa fanno riferimento ad un fenomeno che cresce e colpisce oggi circa 78 milioni di persone.

Ma cos’è la povertà, se non la carenza di quelle risorse primarie che permettono di vivere appunto “dignitosamente”. Ciò significa disoccupazione, precariato, abitazioni prive di dignità, assistenza sanitaria inadeguata, ma anche barriere all’apprendimento e all’informazione, all’integrazione culturale e alla partecipazione sociale. Una povertà riconducibile altresì a disuguaglianze di genere, di razza o di etnia, di religione o di credenza, di disabilità, di età, di orientamento sessuale, di lavoro: un cittadino su quattro si trova nell’incapacità di accedere ai diritti fondamentali, ad avere condizioni di vita dignitose e ad avere un rapporto con il mercato del lavoro.

Non si tratta quindi soltanto di una carenza di tipo economico e materiale ma sempre più spesso di una condizione di privazione e di impossibilità, impossibilità di non poter innanzitutto mettere in pratica le proprie capacità di scelta e la possibilità di decidere. Così, alle insufficienze economiche e sociali, si può aggiungere ad esempio, l’impossibilità di poter lavorare nel campo in cui si è studiato o nella città in cui si è nati, abbandonando a volte tutto, comprese le proprie vite e le proprie radici.

La povertà è privazione della libertà, del potere di scelta e della sicurezza del quotidiano.

Ecco che allora il concetto di povertà, riferito a una mancanza di risorse materiali che compromette la soddisfazione dei bisogni di base, si lega e diventa tutt’uno con il concetto di esclusione sociale che riconosce la difficoltà di accesso di individui e gruppi a diritti o servizi in diversi aspetti della loro vita. Il grande rischio che corre l’Europa è proprio quello di affrontare le crisi economiche, finanziarie e sociali solo in termini di quadratura di bilancio, di tagli alla spesa pubblica, di contrasto alla speculazione finanziaria. Certo si tratta di interventi necessari ma non sufficienti, soprattutto se i grandi temi dello sviluppo sociale, della crescita sostenibile, del futuro dei giovani, rimangono nell’ombra e vengono disattesi. Accogliendo in questa chiave di lettura il concetto di povertà, appare chiaro che la crescita economica di uno Stato non deve essere il solo fine da raggiungere, ma un mezzo da utilizzare per ampliare le capacità di scelta dell’individuo per permettere il suo sviluppo sociale che è uno dei principali strumenti che si ha oggi per combattere la povertà.

Le possibilità offerte di accesso all’educazione, il livello di partecipazione femminile, il grado di integrazione tra Nord e Sud del Mondo, sono alla base della coesione sociale: presupposto fondamentale a partire dal quale la cultura può rappresentare un volano di sviluppo.
Porre dunque la cultura al centro della rinascita e del rilancio delle economie europee rappresenta una risposta concreta e uno dei mezzi di lotta alla povertà. Già nel giugno 1972 a Helsinki, in occasione della Conferenza Intergovernativa sulle Politiche Culturali in Europa, si affermò che: “La crescita economica porta a squilibri e lo si vede nel progressivo allontanamento dell’uomo dall’accordo con il proprio ambiente e dall’avere considerato il progresso quantitativo come riferimento primario, laddove lo sviluppo sociale dovrebbe raggiungersi attraverso il miglioramento qualitativo della vita”.

Le politiche comunitarie e gli organismi intergovernativi mondiali, invitano fortemente gli Stati a determinare i loro obiettivi sociali ed economici all’interno di un più vasto contesto culturale e a ribadire quei valori che realizzano una società umana. Ma l’effettivo riconoscimento delle potenzialità della cultu­ra può avvenire solo nel momento in cui, la promozione del diritto alla partecipazione culturale viene rivolta anche e soprattutto a coloro che vivono “ai margini”. Solo così la cultura potrà trasformarsi in un vero “fattore di inclusione sociale” e le istituzioni culturali potranno agire come veicoli di lotta all’esclusione sociale, contribuendo signi­ficativamente alla creazione di una società equa e coesa in grado di garantire il benessere a tutti i suoi membri, riducendo al minimo disparità e polarizzazioni.

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