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La qualità dell’aria è inconfutabilmente migliorata su tutto il pianeta durante il lockdown imposto in maniera preventiva dai vari governi per arginare i danni inflitti dal covid-19 a persone ed economia.

Si è stimato che un ulteriore fermo delle attività produttive impattanti per l’ambiente per un periodo di 45 giorni eviterebbe nei soli paesi membri della comunità europea ben 145 milioni di tonnellate di emissioni, corrispondenti ad un calo annuo del 5%. Tutto questo ha oltretutto dimostrato che nella sola Cina il miglioramento dell’atmosfera ha evitato le morti di 4000 bambini e 73 mila anziani, grazie alla drastica riduzione degli agenti inquinanti: numeri che fanno non poco riflettere sulle principali cause di mortalità a livello mondiale, soprattutto se si considera che, rispetto alle vittime del coronavirus, il numero di persone salvate è 20 volte superiore.

Se da qualsiasi punto di vista la si voglia osservare questa condizione suggerisce una condotta da assumere che non lascia adito a dubbio alcuno, è amara realtà che il blocco accidentale e forzoso delle attività economiche più nocive, piuttosto che spianare la strada ad una repentina rivoluzione green, possa costituire un pretesto per rimuovere l’ultima foglia di fico, forzare i già blandi regolamenti a salvaguardia dell’ecosistema, nonché della diminuzione della temperatura media terrestre, ed accelerare la produttività con un incremento dei fattori inquinanti;  infatti, per quanto assurdo, la Cina è intenzionata a costruire nuove centrali a carbone, il Canada intende preservare e rilanciare le attività dell’industria petrolchimica e, nel Vecchio Continente, Polonia e Repubblica Ceca sarebbero intenzionate ad abbandonare il piano europeo che punterebbe ad azzerare le emissioni di agenti inquinanti entro il 2050.

Un atteggiamento scellerato questo che trova le sue radici anche in un documento, successivo all’accordo di Parigi del 2016, il quale vede le principali banche mondiali impegnarsi a distribuire 2700 miliardi di dollari per favorire l’industria delle energie fossili. Altrettanto disallineate dalla risoluzione parigina contro le emissioni di Co2 il 90% delle compagnie di assicurazione con holding cinesi, giapponesi e statunitensi in testa. A completamento di un quadro già di per sé allarmante sono le onde elettromagnetiche emesse da tutti i devices impiegati quotidianamente, dalle antenne di telefonia mobile, dalle attrezzature radar e dalla costellazione satellitare dalle quali abbiamo deciso di dipendere, quando in realtà i soli tralicci per il sostegno ed il trasporto della rete elettrica erano già, ben oltre trent’anni fa, fonte di elettrosmog e di danni accertarti sulla salute, danni banali se comparati a quelli procurati oggi dalla tecnologia e che ci fanno vivere praticamente in un forno a microonde.

Quando immaginavamo che una tale lezione sarebbe servita a migliorare la natura dell’uomo e la sua condotta verso il Creato ci sbagliavamo di grosso. Ammesso e non concesso che i vaccini siano la risposta contro i virus preconfezionati in nome del progresso, termine affascinante quanto avverso alla più sana evoluzione, bisogna definitivamente ammettere che non esistono iniezioni o pillole contro la mancanza di buon senso e contro i cambiamenti climatici, cambiamenti di cui non è possibile immaginare e qualificare i danni che ne scaturiranno, ma che certo saranno feroci ed irreversibili.

Ovviamente il danno non è soltanto di natura atmosferica, piuttosto la qualità dell’aria che respiriamo e dell’ambiente in cui viviamo sono inficiati anche da fattori antropici concatenati, che determinano gravissimi scompensi al sottosuolo ed agli oceani.

Precessione degli Equinozi ed Asse Terrestre

Anche se la precessione degli equinozi comporta tanto una variazione dell’orientamento dell’asse terrestre che del moto di nutazione del nostro pianeta, con accertate variazioni climatologiche, bisogna però riconoscere che la temperatura dei mari si è innalzata per il 90% a causa dei gas serra emessi dalle attività umane e ciò, unitamente allo scioglimento del ghiaccio marino, sta danneggiando una delle colonne portanti del bilanciamento climatico globale: l’azione combinata della Corrente del Golfo e della Corrente Nord Atlantica; infatti la Corrente sta drasticamente rallentando il suo corso nella zona A.M.O.C. (Atlantic Meridonal Overturning Circulation) e ciò comporterà, se il processo diventasse irreversibile o si arrestasse addirittura, l’innalzamento del livello del mare lungo tutta l’East Coast degli Stati Uniti e una maggiore rigidità degli inverni in tutta Europa. Dato ulteriormente preoccupante è la velocità con la quale i mari sono costretti ad assorbire quantità sempre maggiori di anidride carbonica, quantità che grazie ad un recente studio si stima essere pari ad 1/3 delle emissioni totali, l’equivalente di ben tre giga tonnellate annue di CO2; purtroppo, per quanto non sia possibile commensurare né il valore del cosiddetto “pozzo di assorbimento di carbonio”, dipendente dalla miscelazione costante tra aria ed acqua, e neanche la soglia limite di CO2 assorbibile, superata la quale l’intera biosfera collasserebbe, è evidente una rapida e costante acidificazione degli oceani nociva alla sopravvivenza di molte specie marine.

Tendenza dell’anticiclone delle Azzorre a puntare verso Nord Est

Il nostro Mar Mediterraneo, succube dei cambiamenti e degli atteggiamenti umani su scala globale, non sfugge a queste dinamiche e bisogna far fronte a tutta una serie di problematiche, tanto dal punto di vista climatologico che ambientale: l’Anticiclone delle Azzorre fa fatica ad incunearsi entro Gibilterra e portare il ben tempo nel nostro Paese ed in tutta la fascia mediterranea: infatti l’alta pressione proveniente dalle Azzorre ha smesso già dagli anni ’80 di imporsi col suo regime anticiclonico estivo su tutto il bacino mediterraneo, cedendo il passo principalmente all’alta pressione del Nord Africa ed in minor misura alle correnti d’aria fredda provenienti tanto dal Nord Atlantico che dal Nord Europa, stazionando nell’area atlantica settentrionale o addirittura slittando sino in Groenlandia; tutto ciò ha comportato una serie di estati decisamente torride e foriere di un tasso di umidità insopportabile, a causa dell’assenza dell’anticiclone delle Azzorre che non può più esercitare la sua azione cuscinetto contro masse d’aria con gradienti termici ed igroscopici diversi tra loro, e l’osservazione che le grandezze meteorologiche non si muovono più lungo i paralleli come un tempo bensì agiscono e si spostano più frequentemente per meridiani, favorendo fenomeni atmosferici estremi come la formazione di supercelle che danno origine a temporali violenti, pesanti grandinate e trombe d’aria.

Intanto la mole di plastica che fluttua in tutti i mari del mondo ed anche nelle nostre acque è arrivata a corrompere gli ingredienti della nostra dieta a causa delle microplastiche presenti nel sale marino e nel pescato, oltre che in altri alimenti; inoltre tanto il traffico marittimo, e dunque lo sversamento di acque di zavorra prelevate da mari con habitat nettamente differenti dal nostro, che il surriscaldamento della temperatura media delle acque, hanno causato la tropicalizzazione del Mediterraneo con effetti devastanti sulla fauna e sulla flora sottomarina.

Come già detto per l’atmosfera, conseguentemente anche l’ambiente marino, inclusi i fiumi, hanno avuto requie grazie a questo periodo in cui l’uomo, costretto nelle abitazioni dalla pandemia, ha dovuto cedere il passo alla Natura e sospendere ob torto collo tutte le attività produttive. Oltre al miglioramento della qualità dell’aria in Pianura Padana, conseguente alla drastica riduzione delle emissioni, abbiamo assistito ad un vero e proprio illimpidirsi delle acque lungo tutta la fascia costiera nazionale e degli altri paesi rivieraschi, assistendo allo spettacolare ritorno della fauna marina all’interno delle aree portuali grazie ad acque più pulite e molto meno trafficate da navi, imbarcazioni e natanti di qualsiasi genere.

Purtroppo al cessare dal lockdown la ripresa della forsennata corsa per il progresso, termine in nome del quale si sacrifica l’evoluzione umana e la coscienza ambientale, è tornata a far danno, anzi a causarne di maggiori al fine di poter recuperare tutti i processi produttivi interrotti a causa del covid-19. A dimostrazione di quanto l’atteggiamento dell’uomo non sia affatto cambiato rispetto all’ecosistema si pensi che il Sarno, famigerato per essere il fiume più inquinato d’Europa, era tornato ad essere balneabile e trasparente in molti suoi punti ed oggi invece è tornato in condizioni peggiori, riversando più di prima acque fetide nel Golfo di Castellammare di Stabia ed appestando l’aria dei tanti comuni che attraversa.

Desarc-Maresanus Project

Risale a febbraio di quest’anno la presentazione del progetto Desarc-Maresanus, presentato dal Politecnico di Milano e frutto di anni di studio sul processo di alcalinizzazione delle acque marine per contrastare l’acidità: nota l’attività di alcune specie e microorganismi di cibarsi di CO2 e di veicolarla verso il fondo del mare, favorendone l’assorbimento grazie all’affetto zavorra dei loro gusci, l’acidificazione delle acque ne causa la morte dissolvendone proprio il guscio, composto di carbonato di calcio, e quindi facendo drasticamente diminuire la concentrazione di ioni carbonati che, stando alle ricerche del Politecnico, potrebbe essere reintegrata cospargendo i fondali con della calce spenta.

Restituire artificiosamente attraverso l’idrossido di calcio la funzione del mare di assorbire anidride carbonica è certo un valido espediente ma a cosa serve se le emissioni aumentano, le petroliere continuano ad incagliarsi con gravi danni all’ambiente per le perdite di greggio, se interi container cadono nelle nostre acque rigettando il loro contenuto sui litorali e la posidonia continua a morire a causa della pesca a strascico, delle attività del diporto e delle venefiche acque degli scarichi abusivi?

Probabilmente sarebbe più assennato prodigarsi a preservare ciò che già esiste in Natura piuttosto che andare ad aggiungere qualcosa che, per quanto utile, eluderebbe il problema di fondo: l’assenza delittuosa di una coscienza ambientale. Questa epoca conferma quanto negli ultimi decenni i timori della comunità scientifica fossero fondati. Infatti la condotta scellerata dell’uomo, è bene rammentarlo, piuttosto che fare dietro front rispetto a tali evidenze, si è resa ancora più ignobile e meschina poiché, malgrado l’aver assistito all’emozionante spettacolo della Natura che recuperava il suo spazio vitale, l’indole distruttrice e l’egoismo che ci contraddistinguono sono riusciti a sopravvivere alla paura di ammalarsi per una grave infezione virale, dimostrando ancora una volta l’incapacità di migliorare come specie e di saper stare al mondo. La sensibilità verso le problematiche ambientali deve diventare patrimonio morale fondamentale per educare le persone alla salvaguardia del singolo territorio su bassa scala e della preservazione di tutti gli ecosistemi a livello globale.

1 thought on “La prospettiva globale ed il riflesso sul Mediterraneo: effetti della condotta distruttrice dell’uomo sull’ambiente.

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