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Grande successo del convegno “Miglioramento dei modelli agricoli produttivi mandorlo e ulivo intensivi” tenutosi a dicembre 2017 nella Cantina di Dolianova, organizzato dall’Associazione culturale Mediterranea e dalla Oliplant Srl

Aumenta in modo esponenziale il bisogno dell’economia di produzione primaria nel pianeta. L’agricoltura non è mai stata così importante, il bisogno di cibo è in continuo aumento nei paesi in via di sviluppo. Il futuro sarà sempre più legato allo sfruttamento della terra per coltivazioni alimentari, non ci sono altre strade per assicurare il cibo per quasi 8 miliardi di persone. Siamo di fonte ad una quarta rivoluzione industriale, in cui la tecnologia soppianterà quasi completamente il lavoro manuale, anche in agricoltura. C’è bisogno della ricerca scientifica e dell’informatica per far si che la produzione aumenti senza bisogno di consumare suolo o eccessive quantità d’acqua, per citare solo alcuni aspetti del problema.

Il convegno internazionale

Il convegno internazionale ha ospitato Xavier Miarnau e Juan Francisco Hermoso, due dei più grandi esperti a livello mondiale della coltivazione di olio d’oliva e mandorlo. Hermoso ha parlato di dati, cifre e possibilità di guadagni interessanti per chi vuole seriamente fare l’imprenditore agricolo “1660 piante d’ulivo per ettaro contro le 300 attuali, un sistema completamente meccanizzato, dalla piantumazione alla raccolta”.

La Sicilia contribuisce per il 20% sul fabbisogno nazionale d’olio, la Sardegna produce appena l’1%, non riuscendo neanche a soddisfare la domanda interna. I margini di sviluppo sono enormi, ma bisogna cambiare metodo. Oliplant, azienda leader in Sardegna per l’allevamento e vendita di piante, farà da ponte in Sardegna, con l’aiuto di Juan Navarro (rappresentante in Sardegna delle innovazioni spagnole) per l’innesto di questi nuovo metodi, prevedendo un guadagno di circa 9/10.000 € per ettaro. Per il mandorlo si parla di 15.000 €, dopo solo tre anni dall’impianto.

Il convegno si è rivelato una importante occasione d’incontro tra imprenditori agricoli, mondo della ricerca universitaria e i tecnici agronomi impegnati in questo settore. Un circolo virtuoso in cui ogni parte in causa aumenta il valore dell’altra, in vista di un modello di agricoltura che diventi più produttiva e reddittizia.

La cultura del cibo in questi ultimi anni ha raggiunto ormai una maturità diffusa, non si tratta più di discorsi accademici per gli addetti ai lavori, il pubblico che ha riempito la sala era composto da agricoltori, ricercatori, politici, giornalisti e aspiranti giovani imprenditori. Parlare di olio di qualità è diventato una buona abitudine da parte di esperti, produttori, critici ma anche -e finalmente- i consumatori finali. L’olio è -insieme al grano e al mandorlo- il prodotto più antico scambiato dall’uomo, il motore dello sviluppo dell’arcipelago greco, già duemila anni fa. Le piante di ulivo nella Grecia antica rappresentavano la ricchezza che dava la possibilità ad esempio di partecipare alla vita politica. Stesso discorso per il mandorlo, pianta originaria dell’Asia Minore, che fin dall’antichità si diffuse in tutti i paesi che si affacciano sul Mediterraneo per le sue qualità benefiche.

Oggi l’agricoltura potrebbe tornare ad avere un ruolo importante a livello globale, senza aspettare miracoli.

Qual è stato il focus principale di questo convegno? La novità è nell’intero ciclo di produzione e di distribuzione: la tecnica di coltivazione si avvale della ricerca innovativa su le nuove cultivar, piante testate per anni anni con incroci e innesti tra diverse specie per resistere agli attacchi dei parassiti, e soprattutto alla cronica mancanza d’acqua; il prodotto viene gestito interamente in modo automatico (possibilmente con l’ADP, agricoltura di precisione); la distribuzione e la vendita sarà assicurata dagli stessi venditori delle piante.

L’ADP risponde a precise esigenze dettate dai cambiamenti climatici e dall’aumento della popolazione mondiale. Entro il 2050 sul pianeta ci saranno 9 miliardi di persone e per sfamarle ci sarà bisogno di un aumento delle produzioni agricole, oggi non possibile attraverso un aumento delle superfici coltivate. Al contempo il settore primario deve fare i conti con la minaccia dei cambiamenti climatici e, almeno in Europa, con un quadro normativo e un pressing dei consumatori che spingono verso la sostenibilità, intesa come riduzione degli input produttivi e maggiore tutela dell’ambiente. Insomma, dovremo produrre di più con meno. (agronotizie)

Il mercato dell’olio d’oliva è in crescita, lenta ma continua. Analizzando “Le Déméter 2018”, pubblicazione francese che registra puntualmente i dati della situazione agricola mondiale, il dato che balza agli occhi è l’aumento del consumo e della richiesta di oli alimentari. Naturalmente la fanno da padrona gli oli vegetali, ma il consumo dell’olio d’oliva è in costante aumento. La produzione è infinitamente bassa rispetto alla domanda mondiale. “Una geopolitica senza precedenti che privilegia gli oli vegetali…Ma gli oli vanno incontro a molteplici controversie, sia a livello nutrizionale che di sostenibilità del sistema. Un dibattito complesso illuminato dai contributi di scienziati, attori della società civile e istituzioni internazionali.” Il consumo razionale di risorse per la produzione e il miglioramento qualitativo sono gli obiettivi essenziali per uno sviluppo sostenibile. In sintesi, è l’olio d’oliva che risponde a queste caratteristiche.

L’olio d’oliva e il mandorlo rappresentano alimenti che rispettano l’ambiente, sono duraturi e sopportano condizioni climatiche avverse nella produzione. Più del 90% del consumo d’olio mondiale è costituito dalla olio vegetale: mais, arachidi, girasole eccetera. Meno del 3% del mercato è costituito da olio d’oliva, di questo il maggiore produttore mondiale è la Spagna, la Sardegna ricopre una parte molto marginale nel mercato internazionale. Le possibilità di crescita sono enormi. La base della dieta mediterranea è costituita dall’olio EVO, da un olio di qualità che la Sardegna può assicurare in grandi quantità.

Xavier Miarnau ci parla del mandorlo con la passione che in tutto il mondo dedica a questo argomento: “il mandorlo è passato dall’essere la coltivazione alla moda, alla coltivazione del futuro. L’enorme crescita della domanda di questo antico prodotto deve essere soddisfatta da una scelta corretta delle specie ma anche da un cambiamento nel modello produttivo.

Xavier Miarnau
Xavier Miarnau

La Spagna è attualmente il terzo produttore mondiale. Attualmente vengono piantati da sei a otto milioni di piante l’anno, la maggior parte a scopo di irrigazione, con una densità approssimativa di 300 alberi per ettaro e ciò significa 20.000 ha di nuove colture ogni anno. In numeri totali significa che nel 2025 la superficie coltivata di mandorlo potrebbe aumentare tra 100.000 e 150.000 ettari, e la produzione di 50.000 a quasi 150.000 tonnellate”.

I guadagni sono alti in questo momento perché l’offerta è bassa: è la legge del mercato. La domanda sta aumentando nei paesi in via di sviluppo dove sta nascendo una nuova classe di consumatori, attenti ai prodotti sani. “La nostra ricerca”, ci dice Miarnau, “si concentra su piante che producono di più, tolleranti alle malattie e facili da potare. Attualmente si cercano anche varietà che migliorino la qualità, come un maggior contenuto di oli o caratteristiche specifiche del frutto per soddisfare le esigenze dell’industria”. La produttività è però legata alla reperibilità di grandi quantità d’acqua: dal momento in cui si è passati alla coltivazione in terra irrigata e soddisfatte le esigenze fitosanitarie e di fertilizzazione, si è moltiplicata la produzione di dieci o anche di venti volte.

I modelli produttivi sono la chiave per far sì che l’agricoltura sarda torni a essere competitiva a livello mondiale riducendo i costi di produzione ed aumentando la massa critica di qualità. Contribuendo in questo modo a cambiare la bilancia agroalimentare sarda, la quale negli ultimi decenni si è caratterizzata per essere prevalentemente negativa, rendendo la Sardegna una regione importatrice. L’idea è di far diventare la Sardegna una regione che esporta prodotto in quantità e qualità.

I protagonisti del convegno

L’azienda sarda che farà apripista in sardegna a queste nuove tecniche di produzione è la Oliplant Srl, un’azienda pioniera nella modernizzazione della campagna sarda, storicamente incentrata nel mondo della viticoltura e da diversi anni che si è orientata all’agricoltura in intensivo soprattutto olivo e mandorlo creando attorno sé un gruppo di professionisti sardi e spagnoli con diverse competenze che hanno stretti legami con le aziende internazionali più importanti al mondo. L’obiettivo principale della Oliplant è offrire servizi agricoli a 360 gradi che vanno dalla progettazione e la messa a dimora di impianti altamente tecnologici e produttivi, alla gestione di questi, alla raccolta del frutto e alla creazione delle filiere di vendita nei diversi mercati.

Xavier Miarnau (Dott. Agronomo, esperto di sistemi innovativi del mandorlo intensivo, figura di riferimento mondiale nella ricerca e miglioramento della frutta secca) e Juan Francisco Hermoso (Dott. Agronomo esperto di sistemi innovativi dell’ulivo intensivo) entrambi rappresentanti dell’IRTA Catalana (Istituto di Ricerca della Catalunia). Al giorno d’oggi l’IRTA è, insieme all’Università di California (USA), il centro di riferimento mondiale per la modernizzazione e il miglioramento dei modelli agricoli nel settore della frutta secca (non a caso la Spagna è il terzo produttore mondiale di mandorle dietro agli Stati Uniti e all’Australia, e il primo in Europa).

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