Tradimento
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Un viaggio “sull’identità tradita” dal Dna

Eppure dalla dottrina lombrosiana (oggi considerata pseudoscientifica) sull’origine del comportamento criminale ne è passato di tempo, ma potevamo privarci della riflessione sull’ultimo studio scientifico del dna su alcuni topolini per dare una risposta alla questione più indigesta per uomini e donne, il tradimento? Un atto capace di ledere l’unione tra due esseri umani, in grado di distruggere la moralità di un’unione spesso in modo irreversibile. Riconoscere l’identità del traditore o della traditrice parrebbe, oggi, cosa possibile per ognuno di noi. Capire cos’è ciò che unisce i traditori pure. Storie di uomini e di donne aventi caratteristiche molecolari simili in diversi Paesi avrebbero consentito agli studiosi moderni di cercare un’identità comune dettata dalla presenza e attività di un ormone. Secondo una ricerca svedese, effettuata dai ricercatori dell’Istituto Karolinska di Stoccolma, esisterebbe un rapporto tra l’infedeltà ed un gene presente nel DNA. La notizia rimbalzata sul web, porta a conoscenza di uno studio in cui prevale un’impostazione di tipo psico-genetica che avrebbe rilevato l’influenza di un gene su alcuni comportamenti, tra i quali anche quello sessuale. Lo studio effettuato dai ricercatori dell’Istituto Karolinska di Stoccolma ha analizzato 2000 soggetti maschi, e tra questi la percentuale che possiede il gene dell’infedeltà corrisponde agli uomini che sono scapoli o che hanno instaurato relazioni extra coniugali. Il gene su citato agirebbe sulla vasopressina, l’ormone che interviene nei rapporti con l’altro sesso, nell’ambito della continuità e dell’attaccamento ad una donna. Le donne di cui è stato verificato siano in possesso di tale gene, dal canto loro, si ritengono poco soddisfatte degli uomini. Il professor Hasse Walum ricorda che, questo studio mette in relazione l’attaccamento di una persona nei confronti di un’altra, con la struttura del proprio DNA. Sono stati successivamente effettuati nuovi studi sui topi e si è comprovato che, l’aumento di vasopressina, determina anche negli animali il passaggio alla poligamia. Infine è stato anche sperimentato che esiste una possibilità di modificare la tendenza alle relazioni instabili.

Ma quali gradi di affidabilità hanno gli studi, oggi all’ordine del giorno, che intendono stabilire una correlazione tra un gene, una proteina ed un comportamento? Avevamo bisogno di una spiegazione scientifica per avere un’idea delle caratteristiche oggettive del traditore? Lo abbiamo chiesto all’antroposofo Dr. Giancarlo Cimino e al sessuologo Dr. Antonio Dessì.

Alcuni studiosi, tra cui il Dr Giancarlo Cimino, ne danno una buona affidabilità; in questo studio, la relazione tra tendenza al tradimento, quel gene ed il tripeptide vasopressina, sembrerebbe inconfutabile. Il punto è: cosa “ce ne facciamo” di un dato simile e di tutto il “diluvio” di dati che hanno indicato la presenza di una cosiddetta componente genetica in quasi tutte le malattie conosciute e in molti comportamenti “devianti” ?

“Quasi niente” dichiara il Dr Cimino. Infatti che ci siano disposizioni alla dipendenza dall’alcol, alla criminalità, al diabete, etc., è indubbio. Effettuare uno screening basato sull’esame completo del DNA di tutti gli umani per venire a sapere le tendenze di ciascuno – a parte i costi ancora insostenibili – non ci esimerebbe dall’impostare un sistema educativo (vedi scuole steineriane) che renda l’individuo più libero, e quindi più sensibile agli impulsi morali, ed un sistema sanitario che si concentri, invece, su malattie genetiche importanti e prevenibili quali, per esempio, la talassemia, invece di spendere soldi per cercare il gene del tradimento ed il farmaco che lo neutralizzi. Nello studio svedese a cui Lei fa riferimento, che non ho letto, delle caratteristiche oggettive del traditore veniamo a sapere soltanto, secondo ciò che lei riferisce dello studio, che c’è un gene ed un peptide che sembrano correlarsi (Attenzione! Correlazione non implica necessariamente il rapporto di causa ed effetto come nei topi) al comportamento del tradimento nella coppia. Personalmente non avrei avuto bisogno di quello studio. Forse il ricco governo svedese od il Karolinska Institut avevano curiosità al riguardo. Il valore sociale mi sembra prossimo allo zero. Ognuno ha disposizioni ereditarie, ma la vita umana acquista significato se le si riesce a dominare e quindi a non diventare schiavo delle proprie tendenze, ma libero nella loro gestione – e questo è un problema, vi ho fatto cenno nella risposta al quesito precedente, di educazione e di autoeducazione. Il matrimonio, per esempio, per la presenza di un vincolo giuridico è vincolante. Al di là dei vincoli giuridici, ci sono quelli propriamente morali, come l’onestà, la sincerità, etc. Non c’è nessun rapporto fra vincolo giuridico e tradimento, mentre potrebbe esserci una relazione fra moralità personale e tradimento – ma ciò è talmente ovvio da essere banale. Il futuro dell’uomo è che non si potranno più dissimulare gli stati d’animo, che saranno sempre più “scritti” nella fisionomia esteriore. Quindi, credo, il problema non è l’istituzionalizzazione della poligamia nel mondo occidentale, ma, di nuovo, la crescita personale, il coraggio nelle proprie azioni, il senso di responsabilità, etc. A queste qualità morali possono corrispondere i comportamenti individuali più diversi. In amore i maschi sono più densi di “brame”, le donne sono più “idealiste”, allusione contenuta anche nella domanda. Di regola, comunque, di vita in vita, noi abbiamo un’incarnazione maschile ed una femminile, affinché si faccia l’esperienza di entrambe, fino a che l’umanità avrà bisogno della reincarnazione. Si tratta del problema della estrapolazione degli studi animali all’uomo. L’animale non ha un io autocosciente, è, per definizione, non può essere libero. Posso ipnotizzare o drogare un essere umano, ma così lo disumanizzo. Nell’uomo ciò che conta sommamente, lo si sarà capito dalle altre risposte, è il rispetto della libertà. Che me ne faccio di uno che è “costretto” farmacologicamente a comportarsi in un certo modo? Non lo sospingo, forse, al livello di un animale da laboratorio? Il fatto che alcuni od alcune non vogliano rinunciare alle esperienze sessuali sta nella loro libertà.

Ci mancava lo studio scientifico del dna su alcuni topolini per dare una risposta alla questione più indigesta per uomini e donne: il tradimento? Quale il punto di vista della sessuologia a riguarda o meglio il suo?

Secondo il sessuologo Dr Antonio Dessì, lo studio suggerisce che una larga percentuale di persone che presenta una determinata variabile genetica sia più propensa a compiere queste azioni, ma essendo il tradimento un comportamento molto diffuso, alcuni studi parlano di fedeltà per 3 coppie su 10; si potrebbe ipotizzare che tra le persone selezionate per lo studio non sia stato poi così difficile trovare quelle infedeli. Constatiamo sempre più frequentemente che il tradimento è molto più che genetica, esso ha a che fare con la relazione e con le dinamiche di coppia spesso molto complesse. Se ci addentriamo a trovare l’identikit genetica del traditore, con molta probabilità potremmo cadere in credenze dettate dal buon senso comune che vedono il tradimento come una patologia della coppia. Il tradimento ha sicuramente a che fare con l’individuo, la sua sfera affettiva e relazionale. Per quanto concerne lo studio, sapere che esiste un gene, potrebbe portare a pensare al tradimento come patologia e questo è molto riduttivo. È sicuramente vero che il tradimento è la principale fonte di sofferenza psichica, ma è anche vero che spesso il tradimento rappresenta un tentativo di uscire da un’impasse relazionale tra due partner. Può esserci una relazione che diventa talmente vincolante da produrre tradimento. Trattarlo, dal punto di vista medico, come “patologia” non sarebbe d’aiuto alle persone. Tradiscono sia gli uomini sia le donne. Può capitare però di riscontrare negli uomini un vissuto relativo al desiderio sessuale che viaggia separatamente rispetto agli aspetti affettivi. In questo modo gli uomini si garantiscono degli incontri sessuali spesso affascinanti, tralasciando però l’affettività. Alle donne capita di tradire, ma spesso capita che siano innamorate dell’amante. In questo modo è possibile anche osservare come certi uomini portino avanti storie parallele, e in questo caso si parla di tradimenti distruttivi. Le donne spesso sono più propense a mettere in discussione la storia attuale per quella nascente, connotando così il tradimento in ri-strutturativo, spesso attivando un processo decisionale di mantenere o lasciare la storia attuale.

Ritornando allo studio prima citato, intervenendo sul gene RS3 334 degli animaletti e aumentando il livello di vasopressina nell’arvicola comune, l’equipe ha ottenuto l’effetto di trasformare questo piccolo roditore in un partner rigorosamente monogamo e devoto alla propria compagna. Gli studiosi hanno avuto modo di osservare delle modificazioni comportamentali a seguito degli interventi previsti in fase sperimentale. E’ certamente vero che i modelli animali sono stati fatti anche relativamente ad altri comportamenti. Si è certamente messo in evidenza un meccanismo fisiologico, ma le variabili in gioco, per quanto concerne l’essere umano sono tante e molto complesse.

A contare molto nel circuito del piacere e del sesso, sembrerebbe “l’istinto maschile “preistorico” alla riproduzione” o “l’arcaico brivido della caccia accompagnato dall’eccitazione istintuale per la nuova conquista, ma una volta coronata da successo la conquista, la novità della relazione inizia a smorzarsi e ha inizio un’altra caccia e cosi all’infinito… Ad essere importante non è l’accoppiamento vero e proprio che di fatto cambia soltanto di poco; allora quali sono le “ragioni” per le quali alcuni e alcune non possono rinunciare alle nuove esperienze sessuali?

Un individuo sente di essere gratificato nella nuova conquista, il suo cervello rilascia dei neurotrasmettitori, tra questi il più noto è la dopamina. La dopamina attiva un circuito di gioia ed eccitazione e attiva altre risposte neurali. Nonostante questo è importante riscontrare che il piacere è un’emozione che ha a che fare con stimoli sensoriali ed è sostenuta da un’attività cognitiva. Dunque le esperienze sessuali irrinunciabili non sono certamente solo l’esito di biologia.

La cultura dominante tende a disprezzare il tradimento eppure la realtà è più franca dell’idea che si ha in relazione al fenomeno.

Il tradimento non è uguale per tutti, ma il confine è molto soggettivo e connotato culturalmente. Il tradimento tra persone che sono unite da un vincolo di coppia (spesso troppo vincolante da creare tradimento) è stato da sempre considerato come un comportamento riprovevole, ma le statistiche ci dicono che è un comportamento molto diffuso e trasversale. Si pensi per esempio che le donne eschimesi si uniscono con l’ospite, e questa usanza locale, nella cultura eschimese non è considerato un tradimento. La nostra cultura invece punisce questa manifestazione giudicandola scandalosa. Spesso però, al di là della cultura, il tradimento sopraggiunge come un bisogno di autonomia, espresso dal partner che tradisce nei confronti del partner tradito. Spesso il tradimento è la soluzione ad una situazione non più stimolante. E’ considerato come un elemento disturbato delle coppie, molto spesso perché si vive nel mito dell’amore eterno che non si spegne mai.

Il tradimento può essere anche un’opportunità di crescita per i partner, se questo diviene elemento ristrutturante il rapporto. Infatti sebbene risulti sempre un’esperienza dolorosa, questa può diventare un momento in cui riflettere sul senso dello stare assieme, sulle insoddisfazioni di entrambi. Tra gli esiti del processo ristrutturativo c’è la separazione, o una nuova unione, più forte e matura.

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