Vittorino da Feltre
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Il periodo del Medioevo comprende un’epoca lunghissima, che include, come sappiamo, secoli di buio per i profondi cambiamenti avvenuti all’interno di un mondo romano ormai ampiamente decaduto; ma ci riporta anche a periodi dagli aspetti molto positivi, portatori di atteggiamenti, mentalità e costumi le cui trasformazioni in quest’epoca sono alla base per la nascita dell’identità europea. Si registra in quest’epoca il definitivo tramonto del sistema romano, con rivoluzioni sociali, economiche, culturali e religiose in larga scala.

Se si volesse tracciare un quadro generale e complessivo dell’idea pedagogica affermatasi nel Medioevo non sarebbe semplice; alla fine di quest’epoca, durante l’età umanistica si concentra la riscoperta dell’individualità e della creatività personale, che è un tratto culturale distintivo di questo periodo. Si può parlare di una pluralità di voci e di modelli, che nel loro insieme rendono conto della ricchezza del movimento culturale di cui sono espressione.
Gli ideali pedagogici umanistici, oltre alle enunciazioni teoriche, trovano espressione concreta in alcune scuole, tra le quali è esemplare quella di Vittorino da Feltre (1378-1447). Ci furono, infatti, nel Quattrocento, nell’età dell’Umanesimo, educatori e pedagogisti che sperimentarono nell’insegnamento soluzioni nuove e nello stesso tempo vecchie di secoli. I loro metodi si rifanno all’Antichità che ammirano grandemente non per fare mostra di erudizione o per curiosità, ma perché la pensano come un ‘paradigma’, una pienezza e una perfezione di armonia mai raggiunta. Aprirsi a opere mirabili e comprenderle e trasformarsi in esse significa arricchire l’anima, conquistare gli immensi tesori dello spirito.
Tra questi educatori, uno dei più grandi fu appunto il veneto Vittorino Rambaldoni, che nasce circa nel 1378 a Feltre di Belluno. La scuola di Vittorino promuove una formazione con una forte impronta morale come tratto di fondo.

Vittorino dei Rambaldoni nasce da una povera famiglia e vive una infanzia sofferta. Giovane di salute malferma lo ritroviamo a Padova per i suoi studi umanistici, terminati i quali, e ottenuto il titolo di Magister artium, studia matematica, offrendosi come famulus al maestro Biagio Pellicani. Così l’esemplare studente diventa esemplare maestro e comincia la sua carriera di insegnante.
Nel 1422 apre una propria scuola a Venezia e nel 1423 viene chiamato a Mantova da Gianfrancesco Gonzaga per educare i suoi sette figli. Gli viene messa a disposizione una villa fuori città, la Ca’ Zoiosa, che lui ribattezza Villa Giocosa, perché i giochi intellettuali e ginnici vi sono largamente praticati. Inizialmente destinata ai figli di Gianfrancesco, la scuola accoglie in poco tempo un cospicuo numero di allievi, sessanta-settanta, in gran parte figli dell’aristocrazia, ma, per volontà di Vittorino, anche di poveri. E’ la prima scuola realizzatrice degli ideali umanistici fusi con lo spirito cristiano. Nell’accettare nuovi alunni, il Vittorino preferisce sempre studenti poveri, accettati per carità, a figli di signori che dimostrino un carattere superbo e caparbio. Questo proprio perché la “Ca’ Giocosa” è organizzata in modo tale da mantenere una disciplina di uguaglianza per tutti, di rispetto della personalità, di fraternità, di ordine, in cui il castigo stesso, del resto rarissimo, è riportato all’interiorità della coscienza.

Vittorino applica un metodo pedagogico moderno, basato su un profondo rapporto tra insegnante e allievo, sull’uguaglianza e sul rispetto della personalità di ciascun individuo. Il metodo pedagogico mira allo sviluppo armonico della personalità dello studente attraverso un giusto equilibrio di esercizio fisico e attività intellettuale. I corsi comprendono lo studio delle arti liberali (ma vivificato dalla cultura rinascimentale dell’epoca), l’educazione fisica, elementi di educazione alla vita di società, nell’intento di dare all’allievo una formazione completa. Nella “Ca’ Giocosa” l’esercizio mentale si alterna dunque alle pratiche ginniche. Uno dei meriti più grandi di Vittorino è proprio l’essere stato uno dei primi a realizzare un tentativo di armonico sviluppo mentale e corporeo.

Di Vittorino scrive così il fiorentino Vespasiano da Bisticci:
La casa era un sacrario di costumi, di fatti e di parole. [Vittorino] Non voleva che ignuno uscisse de’ termini, altrimenti gli era detto che pigliasse partito [mandava via chi non rispettava le regole e voleva o uscire o fare come gli pareva].
Dava a questi sua scolari ispassi [divertimenti] onesti. I figliuoli di signori, che n’aveva, gli faceva cavalcare alle volte, o gittare la pietra o la verga, o fare alla palla, o saltare, per fare il corpo agile. Tutti questi ispassi dava loro, lette le lezioni e istudiatele e ripetutele … la sera voleva che ognuno fusse a buonissima ora in casa …[ognuno tornasse a casa presto].
Vittorino, cristiano molto devoto, tutti i giorni recita l’ufficio (le preghiere delle ore ‘canoniche’) come i religiosi nei conventi. A tavola fa sempre leggere perché mangiando si osservi il silenzio. Aiuta i giovani poveri con il suo stipendio e decide di non sposarsi per non avere impedimenti agli studi e all’educazione dei giovani. Muore nel 1446. Lascia poche opere scritte di sua mano. Come pedagogista invece porta avanti una cultura e un rito: il rispetto dell’uomo, nella sua compiutezza, anima e corpo.

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