Napoli porto e pescatori
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Come scorre il tempo nel mediterraneo? Di sicuro non corre. Dare una risposta netta e immediata, richiede una riflessione, interiore, intima, ma non solo, richiede, soprattutto, la consapevolezza di essere mediterranei, e di possedere, a prescindere da tutto, un rapporto con il tempo diverso da chi vive al di fuori di questo angolo di mondo. Tutto sta nel fermarsi a riflettere e pensare.

Ho deciso di chiedere ai passanti per le strade, quale fosse la loro opinione al riguardo. Ho fermato alcuni uomini e donne ai bordi dei marciapiedi per le vie di Napoli e ho chiesto loro “Come scorre il tempo per te, mediterraneo, te lo senti sulle dita o dentro le ossa?”.

Quello che ne è uscito fuori è un vocabolario d’immagini e di storie, inusuale ma bellissimo, un vocabolario del tempo mediterraneo. Scorre, ma non corre, il tempo nel mediterraneo. Animato, allegro, sordo, inaddomesticabile, disordinato, maldestro, sereno, piacevole, ventoso, di festa, di pianto, teatrale, sempre in compagnia. È un tempo in famiglia, ma anche in strada, è un pomeriggio sul tardi, ma ancora meglio se dopo la mezzanotte, proprio al bivio tra due giorni. È quasi sempre un tempo di pausa, ma mai silenziosa. Ognuno pensa al tempo dalla sua prospettiva, il tempo è una prospettiva. E lo capisci ancora di più quando camminando ti trovi di fronte una donna, un uomo, a cui sai di non poter fare una domanda simile, una semplice domanda sul tempo che passa. Fermi in strada, apparentemente vivi ma assonnati, dagli occhi chiusi dalla tristezza di quei bassi interrati in cui sono nati, cresciuti e vissuti e dove probabilmente moriranno. Avrei potuto fermarmi e chiedere “ Signò, come è il tempo nel mediterraneo”?
Eppure non ce l’ho fatta, come se qualcosa mi bloccasse dallo svegliare quel tempo assopito, da me lontano, quello composto da una sedia e un vicolo e il sudore di luglio e agosto, ma anche questo è tempo del mediterraneo, quello che con gli occhi fissi nel vuoto, è fermo agli angoli di strada, e forse non si è mai neanche chiesto cosa è il tempo. Un’amaca sotto una pineta, i bambini di Napoli giocano a pallone a qualsiasi ora, in qualsiasi luogo, e se li guardi, per loro il tempo sembra non esistere, e di sicuro non esiste il futuro. Correre dietro a un autobus appena partito che non tornerà prima di 40 minuti, dormire su di una panchina al sole, fotografare i tramonti sulle strade lungo il mare. Un caffè con gli amici. Quanto tempo ci metteresti a leggere tutti i tipi di caffè esistenti e possibili da ordinare? Complicati dettagli mediterranei. Terrazze all’aperto a strapiombo sul mare, le piazze dove si fa nulla e dove si parla a vuoto.

Dalle risposte esce fuori forte l’idea di tempo come di pausa, naturalmente sappiamo tutti che l’idea di pausa non ha origini nordiche, ma ci sono soffermata e cercandone una risposta non ho potuto che trovarla nel desiderio e nella possibilità di godere dell’esterno. Siamo spinti a godere del nostro tempo climatico diventando padroni delle nostre ore, spinti all’ozio dal sole e dalla mitezza del vento, ne siamo padroni e allo stesso tempo prigionieri. Viviamo un tempo aperto e all’aperto, sempre e comunque, non conosciamo le spine e gli aghi del freddo pungente che attivano e spingono alla praticità e al rigore, tutto attorno ci accomuna alla mollezza e, chi può ammettere di non esserci cascato qualche giorno di primavera di brezza leggera a desiderare di lasciar perdere tutto e abbandonarsi su qualche angolo di strada alle bellezze della nullafacenza. Non siamo certamente seguaci di Orazio, non cogliamo l’attimo, ci sfugge continuamente, è sempre un passo avanti a noi, ma non ce ne facciamo un cruccio, del nostro tempo dilatato e molle in spazi aperti. Se un uomo antico tornasse a vivere nel nostro tempo, direbbe che tutto sembra essere rimasto uguale, impolverato certo, ma uguale. È come se il nostro corpo, le nostre braccia, tutti gli arti e gli strumenti necessari alla bellezza fossero sopravvissuti al pericolo dei secoli che passano ma non la nostra anima, quella no, quella ha dimenticato, e ha dimenticato perché si è persa nella mollezza di chi non affronta mai nulla ma lascia scorrere tutto, e cosi tutto ci è passato davanti.

E adesso? Adesso siamo persi in questo tempo strano. I pescatori tutte le mattine sugli scogli, a volte mi sembrano di cera, altre volte mi chiedo se qualcuno avrà mai il coraggio di dirgli che quel mare in cui pescano è in realtà un golfo di veleni, non so se qualcuno riuscirebbe a farlo, sono sicura che nessuno glielo dirà, sarebbe come strappare con un colpo solo uno dei più bei dipinti. Cosi loro sono e rimarranno li, insieme al loro tempo, occhi all’orizzonte, senza passato ne futuro, ma solo il presente. Il tempo nel mediterraneo in fondo, è sempre e solo nel presente.

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