Videocracy
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di Laura Boi

All’indomani del caso Videocracy – Basta Apparire ( il documentario di Erik Gandini uscito nelle sale a Settembre il cui trailer non è stato mandato in onda né sulle reti Mediaset, né sulle reti Rai), non si può che riflettere sui fatti che accadono in Italia. C’è da chiedersi come il servizio pubblico radiotelevisivo, la Rai, abbia scelto di non trasmettere il trailer del film sui cambiamenti culturali portati dalla televisione commerciale nel nostro Paese. Un fatto importante, quest’ultimo, perché parla del presente, specialmente dei comportamenti e dei modelli dei giovani italiani di oggi, il futuro del Paese.

Che il Presidente del Consiglio sia stato coinvolto dal film documentario è puramente legato al fatto che è il proprietario del maggiore gruppo televisivo privato italiano. Niente di nuovo e soprattutto niente a che vedere con un film schierato contro il governo, tanto da far sollevare alla Rai la questione della par condicio. Questo episodio ha scatenato subito proteste rivendicanti una mancanza di diritto all’informazione e di non rispetto del suo fondamento costituzionale, l’Art. 211.

Sono state organizzate manifestazioni, come quella del 26 settembre a Cagliari e del 3 ottobre a Roma, contro le minacce ai diritti fondamentali di informare ed essere informati, alla base del concetto di democrazia e sinonimi di trasparenza e libertà di espressione.

Anche internet è oggetto di tentativi di controllo della libertà di espressione/comunicazione: sulla rete si possono leggere molti interventi riguardanti la paura per la libertà di espressione su internet che potrebbe essere minata da parte di alcuni Disegni di Legge proposti negli ultimi tempi. Disegni come quello dell’Onorevole Carlucci, quello dell’Onorevole Alfano e quello Pecorella-Costa sono percepiti come minacce alla libertà di espressione sul web, finora considerato uno spazio di libera circolazione di idee.

La proposta Carlucci riguarda il divieto di esprimersi in maniera anonima sulla rete. L’idea è quella di impedire l’immissione, e l’agevolazione della stessa, di contenuti in rete di qualsiasi forma (testuale, audiovisiva, sonora e informatica, comprese le banche dati). Si estende la responsabilità di eventuali reati o danni arrecati da autori che hanno agito anonimamente a coloro (anche in concorso con altri soggetti operanti in Italia o all’estero, identificabili o non identificati) che permettano tali comportamenti (internet provider, social network). Altro punto della proposta Carlucci è l’estensione al web delle norme relative al reato di diffamazione a mezzo stampa. Una pecca della proposta, secondo alcuni, è che non viene detto cosa si intende per anonimato e in dove sia consentito.

La proposta del Ministro Alfano, il famoso Disegno di Legge sulle intercettazioni, ha previsto una disposizione volta ad estendere a tutti i siti informatici l’obbligo di rettifica previsto nella legge sulla stampa (legge n. 47 dell’8 febbraio 1948 – art. 8): (…) La mancata o incompleta ottemperanza all’obbligo di cui al presente articolo è punita con la sanzione amministrativa da lire 15.000.000 a lire 25.000.000. L’ipotesi di incorrere in una tale sanzione scoraggerebbe molti a pubblicare le loro opinioni su un social network, un sito informativo, un blog.

La proposta più eclatante è stato il Disegno di Legge Pecorella/Costa, presentato alla Camera questo settembre, che sostiene la necessità di sottoporre alla disciplina sulla stampa tutti i siti Internet che abbiano “natura editoriale”. La preoccupazione verso l’applicazione di un provvedimento simile è tanta, dato che potrebbe modificare molto il livello di libertà di espressione in rete. Le motivazioni stanno nell’ambiguità del termine “prodotto editoriale”. La legge 7 marzo 2001, n. 622 definisce all’art. 1 «prodotto editoriale» (…) “il prodotto realizzato su supporto cartaceo, ivi compreso il libro, o su supporto informatico, destinato alla pubblicazione o, comunque, alla diffusione di informazioni presso il pubblico con ogni mezzo, anche elettronico, o attraverso la radiodiffusione sonora o televisiva, con esclusione dei prodotti discografici o cinematografici.”

Data la genericità della definizione, una sua interpretazione letterale fa pensare che, se venisse approvato, il DdL Pecorella-Costa comporterebbe che qualsiasi sito internet con cui vengono diffuse al pubblico notizie, informazioni o opinioni, debba essere sottoposto alla disciplina sulla stampa.

Applicando ai siti internet le disposizioni previste nella legge sulla stampa, e cioè ad esempio la nomina di un direttore responsabile (art.3), la registrazione della testata presso il tribunale dove è edita la medesima (art. 5), l’obbligo di rettifica (art. 8), i tanti che pubblicano in rete le loro idee e informazioni potrebbero scegliere di non farlo più, privando la scena della comunicazione e della libertà di espressione di un protagonista importante.

Anche le responsabilità civile e penale previste dalla legge sulla stampa sarebbero determinanti, se applicate, sulla sopravvivenza di una rete così come è oggi. Civilmente infatti, secondo l’art. 11 della legge, sono chiamati a rispondere sia gli autori del contenuto costituente reato sia il proprietario della pubblicazione e l’editore. Nel caso di internet si parlerebbe di autori dei contenuti e di proprietari delle piattaforme di condivisione o dei blog che ospitano le notizie, scritte dai propri utenti, ritenute scomode, illecite. Sapendo di incorrere in potenziali sanzioni, quanto liberamente si lasceranno pubblicare testi, video, fotografie? E quanto, altrettanto liberamente, si deciderà di pubblicare un’informazione, qualsiasi forma essa abbia? Penalmente, allo stesso modo autori e gestori/proprietari di siti internet, potrebbero dover sottostare alle pene previste per la diffamazione a mezzo stampa o radiotelevisione.

Non si può non considerare la diversa natura della rete rispetto ai media tradizionali, e cioè il suo essere un luogo di informazione che spazialmente non trova limiti (è possibile consultare siti di tutto il mondo e su qualsiasi argomento in tempo reale da una postazione internet della propria città/paese), un luogo di espressione del proprio pensiero, di discussione e di aggregazione rispetto a temi di comune interesse (vedi i blog e i social network). Internet è dunque un medium sociale complesso, attraverso cui informarsi ma in cui allo stesso tempo comunicare (e-mail, social network, chat, tecnologia VoIP), incontrarsi in una sorta di spazio pubblico virtuale e creare opinioni condivise.

Dalle diversità di internet dovrebbe derivare l’opportunità di rivedere il diritto in materia di informazione/comunicazione attraverso il web piuttosto che quella di estendere le disposizioni previste dalla Legge sulla Stampa del 1948, una legge che ha saputo rispondere alle necessità del momento storico in cui è nata e che oggi non può semplicemente essere estesa nell’oggetto di applicazione.

 


 

[1] Art.21 Cost. Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria [cfr. art.111 c.1] nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili.

In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all’autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s’intende revocato e privo d’ogni effetto.

La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica.

Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.

[2] “Nuove norme sull’editoria e sui prodotti editoriali e modifiche alla legge 5 agosto 1981, n. 416”

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