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Tra i vitigni più emblematici dell’Emilia Romagna L’Albana è noto fin dai tempi dell’antica Roma ed i primi a darne testimonianza, grazie alle loro opere letterarie, furono Catone, Varrone, Plinio il Vecchio e Plinio il Giovane, tramandandoci il gran pregio dei vini che se ne producevano già allora; plausibile che l’etimologia del nome di quest’uva derivi dal latino albus che, secondo alcune tesi, pare abbia avuto origine dai Monti Albani, area geografica dalla quale si reputa i Romani prelevarono le barbatelle per avviare la coltivazione dell’Albana nei territori circostanti al fiume Rubicone. Di altro avviso sono alcuni studiosi tedeschi che sostengono il nome provenga da Albuele, riconducibile a Elbling, vitigno anticamente allevato nella Valle del Reno, comunque di origine italica e diffuso in Germania dai Romani attorno al IV secolo. 

Il vino ottenuto dall’Albana non perse la sua fama neanche in epoca imperiale, ecco perché Elia Galla Placidia, figlia di Teodosio il Grande e regina dei Visigoti, esclamava a calice levato “non così umilmente ti si dovrebbe bere, bensì berti in oro, per rendere omaggio alla tua soavità”, ode che sembra abbia dato il nome a Bertinoro, cittadina vicina a Ravenna, urbe anch’essa storicamente legata a questa famiglia imperiale come attesta il mausoleo dedicato al padre della nobilissima Galla Placidia, divenuta a sua volta imperatrice dell’Impero Romano di Occidente.

In realtà bisognerà attendere fino al 1303 per una prima descrizione ufficiale di questo vitigno, tramandata fino ai nostri giorni grazie a Pietro de’ Crescenzi, probabilmente il più illustre agronomo del Medioevo, a cui si deve il fatto che il nome Albana sia riuscito a sopravvivere malgrado i termini che talvolta erroneamente le sono stati attribuiti a partire dal 600: si pensi che, tra le indicazioni di Vincenzo Tanara del 1644, del Bollettino Ampelografico del 1879, fino ad arrivare al 1906 con l’ampelografo Girolamo Molon, circolassero almeno 30 diversi sinonimi riferiti a questo cultivar.  

Il vitigno Albana è entrato nel ’70 nel Registro Nazionale delle Viti, il vino che se ne ottiene è il primo bianco ad aver ottenuto la docg nel 1987 e si distingue nei seguenti biotipi: l’Albana della Bagarona, l’Albana della Compadrona, l’Albana della Gaiana, l’Albana della Serra detta anche Albana della Forcella e, naturalmente l’Albana di Bertinoro.

A produrre il Vitalba è la cantina imolese Tre Monti, fondata da Sergio Navacchia e sua moglie Thea nel 1971, una tra le più solide e rappresentative realtà enologiche romagnole. Capitanata dai figli David e Vittorio con grande amore e determinazione, fermamente decisi a fare del mestiere del vino la ragione della loro vita dopo la scomparsa della madre avvenuta nell’89.L’azienda ha ottenuto da subito la fama di cantina rivoluzionaria per la scelta agronomica di impiantare con grandi densità per ettaro, potendo vantare anche  collaborazioni di prim’ordine con un Francesco Spagnolli, poi Vittorio Fiore, sino a Donato Lanati, approccio fondamentale per Vittorio, il quale ricopre il ruolo di responsabile sia nella gestione agronomica che enologica dell’azienda che oggi, dopo un lungo percorso, è a conduzione biologica certificata e praticata.

Le uve di Albana della Serra per la produzione del Vitalba provengono tutte dalla vigna di Bacchilega, tra gli appezzamenti più vecchi della cantina Tre Monti, risalente al 1983, entro il podere di Petrignone, un’ampia terrazza sulle colline di Forlì a 150 metri sul livello del mare e coi vigneti tutti esposti a Sud. Le viti affondano le loro radici in terreni argilloso-sabbiosi ed il loro allevamento è a capovolto, col quale si elimina il vecchio capo a frutto, si selezione il tralcio da piegare per l’annata corrente e si selezionano uno o più speroni con due gemme che formeranno il capo a frutto per l’annata successiva. La vendemmia è stata effettuata verso la metà di Settembre e, dopo la pigiatura, il mosto è stato lasciato fermentare spontaneamente sulle bucce nei kvevri da 470 litri, per una macerazione complessiva di ben 95 giorni al fine di consentire l’estrazione della massima carica aromatica e, una volta separato dalle bucce, ha affinato in anfora per altri 10 mesi.

Il Vitalba docg Albana di Romagna 2018 è stato prodotto per un numero di 4000 bottiglie e si presenta con un colore giallo dorato carico tendente all’ambrato, luminoso e di voluminosa densità. Una scia di gelsomino e fiori d’arancio, seguita dalla ginestra salvia essiccata, lascia spazio ad un profumo cremoso, incastonato tra una nota di ossidazione e di ridotto, che veicola note di Madeira e zabaione, poi il fruttato di pesca sciroppata e chinola, con un finale che fonde tè nero, miele di acacia e zafferano. Assaggiato ad una temperatura di 14° risulta avvolgente pur nella presenza di una certa astringenza da teina, subito fugata dalla superba freschezza e da una sapidità da umami, che ne estendono la buona persistenza. In bocca è piacevolmente agrumato, ritorna la chinola ma si avverte quasi il succo della nespola, il tamarindo, poi la pesca ed il miele. A calice essiccato rilascia ancora profumi freschi e floreali, della frutta tropicale avvertita precedentemente ed una nota di tabacco biondo e zafferano. Buonissimo con gli gnocchetti sardi con fave fresche, guanciale di nero casertano e fonduta di pecorino con le sue scaglie, ma se a seguire un’anatra all’arancia ci sarebbe stata da Dio.

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