Low Cost
Share

Se pensiamo al mondo della moda e a quello del design, pensiamo subito ad oggetti e arredamenti costosi, costruiti appositamente per una categoria di benestanti. Da dieci anni a questa parte le cose sono cambiate radicalmente, si sono aperte le porte alla “working class”, alla classe debole degli acquisti.
Per primi gli Outlet, poi i mega centri commerciali, poi i supermercati a basso costo che vendono prodotti senza marca con un prezzo decisamente inferiore. I prezzi sono bassi perché non pubblicizzati, si deduce facilmente che i capi e prodotti costosi hanno un prezzo che deriva unicamente dalla spesa pubblicitaria. Ecco, posso quindi comprare un divano che non è passato in tv per pagarlo la metà, un latte con le stesse caratteristiche di quelli famosi e pagarlo un terzo. Posso arredarmi la casa nei negozi Ikea e simili, pagare tutto un quinto del mercato in tv.

Il dubbio sempre presente è quello della differenza qualitativa, ad esempio tra i biscotti della più nota marca italiana e quelli comprati nei discount. Il più delle volte non esiste differenza, gli ingredienti sono gli stessi e ci guadagnano le finanze familiari, di questi tempi sempre meno cospicue. Il risparmio degli italiani è il più ricco al mondo, le famiglie del bel paese, riescono a risparmiare anche in situazioni disperate. Si calcola che l’intero debito pubblico non arriva a superare i risparmi dei conti correnti delle famiglie. Sarà un’attitudine italiana, sarà che non ci lasciamo convincere troppo da affari senza basi solide.

Vivere low cost però, da necessità per chi in difficoltà e disoccupato, sta diventando uno stile di vita. “Non vedo perché spendere un patrimonio per un biglietto aereo quando posso comprare un volo low cost e arrivare comunque a destinazione”. Se per le festività natalizie pochi potevano andare a mangiare fuori, oggi compri un coupon ad agosto e un’intera cena si può trovare a trenta euro per due, nello stesso ristorante dove normalmente costerebbe almeno cento. Non c’è stato ancora uno studio approfondito sul cambiamento radicale sulla società che la cultura low cost sta creando, molto più di qualunque politica, progetti e studi di ricerca. Una rivoluzione sociale.

Tutto questo cosa comporta per il mercato della moda o del design? All’inizio si aveva terrore di questa svolta “popolare” nello shopping, poi si è riscontrata l’esatta complementarietà e diversità dei due livelli di spesa. Due mondi, che soddisfano due mercati diversi e neanche sempre tanto divisi. Può capitare infatti che nei grandi negozi di abbigliamento a basso costo ci vadano a comprare i “ricchi”, magari trovando un capo che si abbini perfettamente al guardaroba. Due mondi che hanno aperto anche possibilità di posti di lavoro, diretti e indiretti.

Un mercato completamente nuovo, si è aperta la strada al consumo di massa. I settori sono quelli classici: dall’abbigliamento alla cosmetica, dall’arredamento alla tecnologia. Un mondo a costi giusti che presuppongono l’ingresso ai beni di consumo ad un numero enorme di persone. Immaginiamo cosa può succedere nei paesi della sponda sud del Mediterraneo, che sognano di vestire all’occidentale, con i costi alla portata di tutti.

Ci sono anche aspetti da chiarire in questa rivoluzione del consumo di massa, alimentato senza dubbio dalla tv che “farà più danni della dittatura”, come disse in una famosa intervista Pier Paolo Pasolini, in tempi non sospetti.

I prodotti a basso costo aiutano ad alimentare il commercio o ne distruggono un altro? Una domanda che nasce spontanea soprattutto in prossimità delle feste. Quando compriamo un regalo in una grande catena di supermercati ci chiediamo cosa comporta questo per il mondo del lavoro?
La disoccupazione e lo sfruttamento esistono anche per chi si occupa di questo settore. Ci sono stilisti che non vedono mai comparire il proprio nome in una collezione, sono di fatto lavoratori invisibili. Ci sono enormi sacrifici per l’inseguimento della bellezza a basso costo, in egual misura nel mondo dell’alta moda. La disoccupazione non esiste semplicemente perché non viene denunciata, si lavora moltissimo in nero. Se poi analizziamo l’enorme lavoro sommerso delle sartorie del sud, recentemente e tragicamente riportato dalle cronache, ci rendiamo conto che gli aspetti positivi ne contengono molti negativi.
Ma anche nel caso in cui volessi scegliere un prodotto di “fascia alta”, non si ha nessuna garanzia di come venga gestito il lavoro in tutte le sue fasi. La scelta, come sempre, va fatta caso per caso.
Un mercato e un discorso quanto mai attuale, quanto mai necessario in un mondo in cui gli acquisti uniscono direttamente produttore e consumatore tramite internet: la possibilie soluzione per comprare a basso costo con la garanzia del prodotto e del suo processo di produzione. Diventare piano piano, responsabili dei propri acquisti!

Leave a comment.