Doriana Legge
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La cittadinanza per un musicista è costituita da una serie di relazioni con il luogo in cui vive. Relazioni con i colleghi, dialogo con le istituzioni, frequentazione dei posti dove si studia e si ascolta musica. L’idea particolare di questo articolo è stata quella di sondare cosa accade quando la normale quotidianità delle relazioni viene interrotta, modificata, travolta da un evento estremamente importante, come un terremoto.

Abbiamo voluto trattare il tema della cittadinanza attraverso la musica ponendo l’attenzione su L’Aquila. E per fare questo abbiamo messo a confronto esperienze diverse e reazioni anche contrastanti, provenienti da musicisti di ambito diverso: Doriana Legge, cantante e chitarrista delle Queer Dolls, Franco Finucci, chitarrista jazz, e Stefania Di Biase, violista classica. Diverso è pure il rapporto di “appartenenza” alla città: se Doriana Legge è aquilana, Franco Finucci e Stefania Di Biase sono arrivati a L’Aquila, nel corso delle loro carriere musicali.

Prima di tutto la reazione, dal punto di vista musicale, alla nuova situazione. Nuovi spazi, distanze e relazioni mutate in modo profondo, scelte difficili – restare o andare via, come ripartire e con quali intenzioni. Le parole di Doriana Legge disegnano la reazione dei musicisti che hanno deciso di rimanere sul territorio. «Personalmente parlando, la voglia di fare ha creato molto più movimento di quella quotidianità pre-terremoto che profilava un futuro statico. Ci siamo mossi, ci siamo attivati per reagire e, con grande fatica, siamo riusciti a creare un humus nuovo, paradossalmente più vivace di quello che c’era prima. Nelle situazioni di resistenza si attivano energie che non pensavi o speravi di avere e ti trovi a usare una forza che prima non ti era richiesta».

Diverse le risposte, in ordine, di Stefania Di Biase e Franco Finucci. «Quasi tutti i gruppi con cui avevo rapporti di lavoro si sono visti ridurre le sovvenzioni dell’80% dalla giunta regionale e i piccoli comuni, con cui spesso abbiamo lavorato, ora non finanziano più di tanto festival o attività musicali perchè ovviamente devono far fronte a problemi di tutt’altro genere, quindi non c’è stata più la possibilità di svolgere una attività musicale significativa». «Il mio rapporto musicale con L’Aquila è durato più di quindici anni, dai tempi del conservatorio alle prime esperienze concertistiche e all’insegnamento nella Scuola Media di Paganica. La città è sempre stata luogo di attività musicali e teatrali: ricordo i manifesti degli spettacoli in programmazione nei numerosi teatri, le jam session che si facevano nell’unico locale aperto di sera venti anni fa e ricordo di aver ascoltato artisti come Jim Hall, Eliot Fisk, Jan Garbarek. Il rapporto diverso con la città l’ho percepito in tutta la sua pienezza, qualche mese fa, quando ho suonato al Ridotto del Teatro Comunale. Non ho incontrato nessuno dei miei vecchi amici o colleghi ed il pubblico non era molto numeroso: ma non c’è niente di strano, se si tiene conto che nel centro storico sono aperti solo due o tre, tra bar e ristoranti».

Il terremoto ha creato uno spostamento di riferimenti: un vero e proprio contraccolpo sulle persone, sulle coordinate abituali e sulle potenzialità. C’è stato anche il decentramento e sono stati molti a decidere per un trasloco definitivo lontano dall città. «In realtà a ridosso del terremoto ci siamo persi tutti, afferma Doriana: conseguenza inevitabile del trovarsi sbattuti in giro per l’Abruzzo». «I rapporti umani si sono fortificati, osserva Stefania, i contatti però sono cambiati, perchè molti, come me, sono andati via e ora è più difficile sentirsi o vedersi con l’assiduità di prima». Lo stesso vale per i luoghi: chiese e teatri, sono stati danneggiati dal sisma e «Quindi è stato più difficile trovare dei siti consoni per i concerti di musica classica». Anche Franco ha deciso di trasferirsi fuori L’Aquila. «Il mio lavoro si svolgeva nella scuola media di Paganica. L’Istituto è stato rimpiazzato da una struttura prefabbricata posta fuori dal paese: io mi sono trasferito ad Avezzano. Le abitudini sono tutte cambiate, come succede sempre quando ci si trasferisce nel lavoro, anche i rapporti con le persone hanno subito un diradamento, anche se sostanzialmente le amicizie più forti rimangono».

Una delle accezioni solitamente messe in secondo piano nel concetto di cittadinanza è la quotidianità del proprio lavoro, del proprio vivere. Il musicista ha una sua quotidianità differente, fatta di incontri e spostamenti, di lezioni e di studio: una routine allo stesso tempo radicata e sempre in movimento. Il cambiamento porta sacrifici «ma non troppi di più di quelli a cui un musicista è già di per se abituato», è la risposta di Doriana. «Gli ambienti si ricreano giorno per giorno, ma troppo spesso è solo la malinconia il vero problema». Pur in una prospettiva differente le fanno eco Stefania e Franco. «La quotidianità dello studio giornaliero non è cambiata di molto, solo che ora si svolge in un’altra città». «Le mie abitudini lavorative non sono cambiate di molto, la scuola pubblica funziona ovunque nella stessa maniera, mi fa piacere incontrare periodicamente gli ex colleghi de L’Aquila per una cena e ricordare gli episodi e le esperienze vissuti insieme».

Le persone, le relazioni, i luoghi, i ricordi: nulla è rimasto com’era. Oltre alle vittime e ai crolli, alle perdite non recuperabili, sono cambiate le regole della cittadinanza e le connessioni, la definizione stessa della vita di una città. L’Aquila è sempre stata una città dal tessuto culturale diffuso, attento soprattutto alle realtà istituzionali: tanti teatri “residenti” nelle molte chiese sconsacrate, un conservatorio attivo, alcune manifestazioni estive importanti e rinomate, come la Perdonanza Celestiniana.

I luoghi di riferimento per la vita a L’Aquila sono cambiati pur rimanendo uguali, si sono animati delle intenzioni delle singole persone. «La scena rock underground si muove sempre intorno ai luoghi di aggregazione giovanile, osserva Doriana Legge. Penso al Vicolo o al Boss, cantina aquilana nota per richiamare generazioni su generazioni di musicisti e non, ovviamente. Penso alle sale prova storiche dove, più o meno, siamo passati tutti tra i 20 e 30 anni. In realtà sono stati rimpiazzati dalla voglia di continuare a fare, di ritrovarsi ai concerti o nei locali che sono sorti pian piano dopo il terremoto: paradossalmente oggi a L’Aquila e dintorni si suona molto di più, soprattutto dal vivo. Triste a dirsi ma è facile capire come la quiete pubblica che prima veniva disturbata dai concerti rock oggi non esiste poiché il “pubblico” non è più nelle proprie case. I locali si permettono di osare di più e il pubblico ha voglia di un calendario di eventi più ampio. Oserei dire che non ricordo negli ultimi 15 anni un periodo nel quale si siano organizzati tanti concerti dal vivo come questo. Due, tre, quattro eventi a serata, l’imbarazzo della scelta è un insperato traguardo per L’Aquila. Ovviamente ci sono numerose pecche, ma, dato che la scena underground aquilana non ha mai spiccato per attivismo, potremmo essere ora sulla buona strada.

Di diverso cosa c’è? L’esserci scoperti molto più forti e meno statici di quello che credevamo. C’è stata una piccola rivoluzione, sarebbe bene oggi trasformarla in evoluzione». Più drastico il commento di Franco Finucci. «Purtroppo nelle attuali necessità di una città come L’Aquila la musica non occupa un posto in prima fila». Il panorama classico offre una ulteriore prospettiva, per atteggiamento e risposta, come nota Stefania Di Biase. «La situazione attuale permette di lavorare solo alle orchestre più grandi, come l’Orchestra Sinfonica Abruzzese o i Solisti Aquilani. Anche un evento di grande rilievo come la Perdonanza Celestiniana si è ridotto sensibilmente. Le piccole realtà fanno una gran fatica ad andare avanti, perchè, come ho detto prima, le sovvenzioni si sono ridotte notevolmente».

Come conclusione, il racconto di Doriana Legge della canzone “Domà…”, rifacimento della ben più conosciuta “Domani” degli Artisti uniti per l’Abruzzo. «Abbiamo cercato di fare – in maniera goliardica, ma con presupposti artistici e sociali notevoli – è stato riscrivere il testo a modo nostro, rigorosamente in dialetto aquilano e cantare un breve pezzo ciascuno, proprio sulla scia del video “famoso”. Anche noi abbiamo fatto un video che ha avuto sui musicisti e sulla popolazione aquilana un impatto fortissimo. Aggregazione attraverso la musica. Alla presentazione del progetto, abbiamo avuto la Piazza gremita di gente, lacrime e commozione, un’empatia e una solidarietà che rare volte si erano viste in città. (si può vedere il video al seguente link). Questo è stato l’episodio che fino ad ora, a due anni dal terremoto, ha influito di più – positivamente – su noi musicisti»

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