Dante Alighieri
Share

Nel mese di luglio del 2010, il governo Italiano ha introdotto una novità in materia di integrazione, che rende requisito necessario per ottenere il permesso di lungo soggiorno nel nostro paese, e in seguito la cittadinanza, il superamento di un test di lingua italiana per una certa categoria di immigrati.

Analizzando il concetto di cittadinanza, possiamo definirlo come un concetto giuridico mutevole, dall’importanza altalenante durante i secoli, e alla luce della modernità che ci circonda, possiamo dire con certezza, che siamo sempre più vicini a un idea di “cittadinanza europea”, dalla quale però il nostro lento mediterraneo è di qualche misura distante.

È proprio il Mediterraneo e in particolar modo la zona meridionale dell’ Italia che mi interessa, per il grado di consapevolezza linguistica che si riscontra in queste zone, e mi serve per interrogarmi e interrogarci su quale possa essere il grado di integrazione di quegli uomini e quelle donne immigrate nel nostro paese che intendono raggiungere il traguardo della cittadinanza.

Quali punti di riferimento linguistici incontrano gli stranieri che sbarcano in Italia? In che modo arrivano all’integrazione, che passa certamente anche attraverso l’appropriazione di una lingua, e di tutte le sue componenti?

Se diamo come accertato che l’idea di cittadinanza di un popolo passi anche attraverso la dimensione del linguaggio, leggendo i dati delle ultime statistiche sugli alfabetizzati di origine italiana, potremmo tranquillamente pensare che il nostro non sia un paese fortemente radicato linguisticamente, e quindi culturalmente. Dai dati pubblicati nel 2005, si scopre che il 12% della popolazione italiana, circa sei milioni di italiani, sono da considerare totalmente analfabeti. La questione linguistica è un callo antico del nostro paese, tornando indietro, agli albori dell’unificazione , ricordiamo che la sfida di quegli anni era proprio legata alla creazione di un idea unitaria di nazionalità e automaticamente di cittadinanza, e che questo poteva avvenire solo attraverso l’Italianizzazione del territorio, estremamente frammentato linguisticamente. Mi soffermerei sui dati di cui sopra e sulla nuova legge sulla cittadinanza, relativa al luglio scorso, che come abbiamo accennato, impone agli immigrati un test di lingua italiana. La domanda sorge spontanea. Con che tipo di società linguistica entrano in contatto questi immigrati? E quali difficoltà possono riscontrare nell’apprendimento di una lingua, sconosciuta a una fetta della popolazione, e non tutelata da incentivi culturali e da politiche linguistiche di nessun tipo?

Sono molte le associazioni che dichiarano da tempo le difficoltà di seguire le nuove leggi in materia di alfabetizzazione senza fondi adeguati. Insomma, la patata bollente della diffusione dell’italiano tra gli immigrati è gestita quasi interamente dal volontariato. Sono stati 33.000 gli immigrati che dall’entrata in vigore della nuova legge hanno richiesto di usufruire del test di lingua per ricevere il permesso di lungo soggiorno. Vi sembra una percentuale elevata? Eppure è del 4% minore rispetto ai dati del 2009, anno in cui il test non era ancora entrato in vigore. Capita spesso, in materia di integrazione, che la burocrazia si ponga da limite alla diffusione della legalizzazione, generando clandestinità, e allontanando di fatto le persone dal raggiungimento di uno stato di legalità, che è poi quello sancito dalla cittadinanza, come raggiungimento finale, e dal permesso di lungo soggiorno, come passaggio intermedio. Secondo un dossier statistico della Caritas relativo al 2008, il numero totale di migranti regolarmente residenti in Italia è pari a 3.987.000 persone, la percentuale di illegali è invece stimata a 1.000.000 di persone. La percentuale di immigrati che vive nel nostro paese e che parla correttamente l’italiano, non è invece stilata, quindi non possiamo farci un idea concreta di quale sia la situazione reale di integrazione linguistica in Italia. E’ difficile, in ogni caso, qualsiasi tentativo di descrizione generalizzante del fenomeno, poiché i fenomeni linguistici non possono essere individuati nel presente, ma sempre sul lungo periodo, e devono essere analizzati anche in relazione alle variabili sociali, culturali, linguistiche che accompagnano le singole persone.

Però è da sottolineare, secondo me, oltre alla sconfitta della questione linguistica Italiana, legata agli anni dell’unificazione in maniera stretta con la creazione di un’idea di cittadinanza unitaria, l’allontanamento sempre più netto da un altro tipo di cittadinanza, quella nuova, moderna, ed Europea, le cui parole chiave sono ormai da anni, plurilinguismo e integrazione.

Leave a comment.