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Probabilmente il limone è il frutto con maggiore impiego terapeutico ed i suoi effetti portentosi sono noti sin dall’antichità. Per quanto oggi ricordi la grande solarità mediterranea, col suo colore giallo oro, le sue origini sono orientali. Si pensa che la pianta, appartenente alla famiglia delle rutacee, sia la risultante ibrida tra pomelo e cedro, e che sia apparsa per la prima volta nel 2500 a.C. nella valle dell’Indo, tra l’attuale Pakistan ed India Occidentale, dove è stato rinvenuto un pendente a forma di agrume risalente a quel periodo, per quanto altri studi facciano riferimento alla Cina (ove le prime coltivazioni comparirono soltanto poco prima della dinastia Song tra il 960-1279 d.C.), alla Birmania ed alla regione indiana dell’Assam.

Anche se gli studi di paleobotanica non sono ancora in grado di dimostrare effettivamente quando il limone sia apparso nei Paesi Mediterranei è la letteratura antica a dimostrare che fosse noto ai Greci già verso il V secolo a.C. col nome di mela di Media, regione dell’antica Persia Nord-Occidentale al confine con la Mesopotamia, dalla quale lo importavano per uso ornamentale, per profumare la biancheria e difenderla dalle tarme.

Non le mele bensì i pomi d’oro, e quindi i limoni, appartengono al mito… la leggenda del Giardino delle Esperidi narra di come queste ninfe, assieme al drago Ladone, custodivano i preziosi frutti, dono di Gea a Zeus e che a sua volta li diede alla sposa Era come dote nuziale; Ercole, nella sua undicesima fatica, trafugò i frutti cari agli dei per consegnarli ad Euristeo: in una versione si narra che il semidio uccise Ladone scoccando una freccia dall’alto delle mura erette dal titano Atlante, mentre in un’altra pare che sia stato Atlante stesso a consegnarle ad Ercole dopo che costui si era offerto di custodire i pilastri del cielo e reggere il mondo sulle spalle in sua vece.

Sempre in Grecia i limoni vengono riportati per la prima volta, con chiare indicazioni a scopo terapeutico, nelle opere di Teofrasto, allievo di Aristotele, ritenuto il padre della fitoterapia, mentre in Egitto veniva impiegato nel processo di imbalsamazione e veniva e sovente lo riponevano, con datteri e fichi, all’interno delle tombe.

Sebbene Il limone inizi a diffondersi nell’areale mediterraneo attorno al 700 d.C. giungendo in Persia, in Iraq e in Egitto (non a caso, l’etimologia della parola deriva dal persiano līmū, termine che stava ad indicare genericamente gli agrumi), le testimonianze letterarie di Plinio il Vecchio e di Virgilio, rispettivamente nel Naturalis Historia e nelle Georgiche, dimostrano che fosse già noto in ai Romani in epoche di molto anteriori, addirittura già acclimatato in terra campana nei primissimi secoli dopo la nascita di Cristo, seppur come pianta rara; d’altronde la consuetudine di Nerone, ossessionato com’era dalle congiure, di usarli per prevenire l’effetto di eventuali veleni e la scoperta archeologica che, nel 1951, portò alla luce a Pompei la cosiddetta Casa del Frutteto con l’agrume raffigurato tra le piante dei suoi affreschi a parete, costituiscono ulteriori evidenze.

Probabilmente accantonato dai Romani per il suo carattere tipicamente acre, il limone verrà riscoperto grazie alle invasioni arabe in Italia Meridionale e Spagna avvenute attorno all’anno mille: infatti le popolazioni islamiche, dalle quali veniva considerato pianta sacra, avevano la consuetudine di impiegarlo nell’alimentazione, dimostrando conoscenza sulle note proprietà antisettiche, antireumatiche e tonificanti, oltre che per quelle astringenti contro la dissenteria, per essere impiegato come antidoto contro alcuni veleni e addirittura per tenere lontano gli spiriti malvagi dalle loro case; tra l’XI ed il XII secolo furono i pellegrini ed i crociati di ritorno dalla Terrasanta a portarne le piante nel Sud Italia e sembra che i limoneti comparirono prima a Rodi Garganico , poi in Sicilia ed infine, verso la prima metà del XV secolo, a Genova da dove Cristoforo Colombo le porterà con sé alle Azzorre ed in Hispaniola ; inoltre, grazie alla vocazione mercantile di Amalfi, il limone giunse in maniera ancor più cospicua in molte aree della Repubblica Marinara e dell’entroterra campano, guadagnandosi un ruolo principe in ricette sia dolci che salate, per non parlare del famosissimo elisir a base delle sue bucce, di acqua, zucchero ed alcol: il limoncello.

Il limone è un frutto tutt’oggi caro ai naviganti: ai tempi dell’epopea della vela pare che lo scorbuto abbia causato più morti delle ferite inflitte durante scontri navali, dei naufragi e di altri frequenti incidenti che si verificavano sulle navi di un tempo… si pensa che questo flagello, causato dalla carenza di vitamina C nel cibo di bordo, abbia mietuto le vite di ben due milioni di marinai tra il 1500 ed il 1800: Vasco de Gama nel 1499 perse 116 dei suoi 170 uomini di equipaggio, mentre nel 1520 Ferdinando Magellano riporta ben 208 morti su 230 uomini imbarcati; nel 1593 fu il navigatore Richard Hawkins a constatare che gli effetti di una cura a base di limoni ed arance amare erano sorprendenti contro lo scorbuto; il capitano James Lancaster nel 1601 ebbe a governare una flotta di quattro navi notando che soltanto su una di essa, ove l’equipaggio consumava abitualmente succo di limone, la temuta malattia non era apparsa; John Wondall, padre dell’igiene navale, ne prescriveva l’uso nel suo trattato già nel 1613. Fu nel 1753 che il medico scozzese James Lind condusse uno studio su due diversi gruppi di marinai in navigazione, dimostrando innegabilmente l’indispensabilità del limone a bordo ma nonostante ciò si dovette attendere altri 40 anni prima che la stupidità dell’Ammiragliato della Royal Navy cedesse il passo alla ragionevolezza inserendo così l’agrume tra i viveri, dopo aver lasciato morire per secoli diverse generazioni di uomini di mare.

Il limone, indispensabile per la cura di parecchi malanni, ingrediente fondamentale della gastronomia mediterranea e dell’arte della profumeria, era impiegato anche nella cosmesi: un tempo la buccia del limone veniva strofinata una volta a settimana sui denti per mantenerne bianchi denti, gli impacchi a base del suo succo e di olio di oliva donavano lucentezza ai capelli delle fanciulle, serviva persino come unguento a chi soffriva di eritema solare e, nel Rinascimento, le signore lo usavano per aumentare il rossore delle labbra.

Insomma questo frutto portentoso racchiude un grande laboratorio farmaceutico ed un pronto soccorso naturale che lavora in favore dell’organismo umano depurandolo e bilanciandone il ph, favorendo la perdita di peso e l’idratazione, aiutando nella prevenzione del mal di gola e degli stati influenzali, rinfrescando l’alito e fungendo da battericida, abbassando il colesterolo, proteggendo i vasi sanguigni ed ostacolando l’osteoporosi, favorendo la digestione, riducendo il tasso di acido urico ed il rischio di ictus, costituendo una fonte essenziale di vitamina C e potassio, stimolando il sistema immunitario, prevenendo i calcoli renali, le malattie epatiche e le emorragie interne, favorendo la digestione, contrastando l’effetto dei radicali liberi, favorendo l’efficacia dei pediluvi e purificando la pelle. Il limone è considerato sia un potente antistress che antitumorale ed aiuta moltissimo a favorire coloro che soffrono di anemia e diabete ma, come per tutte le cose, non bisogna eccedere perché il succo del limone è ipotensore, favorisce l’abbassamento della pressione, ha un effetto corrosivo sullo smalto dei denti, potrebbe irritare la mucosa orale a lungo andare e sarebbe il caso di evitarne il consumo in presenza di ulcera e reflusso esofageo.

Secondo una recente ricerca giapponese gli impiegati informatici compiono il 54% di errori in meno al computer se l’ambiente in cui lavorano profuma di limone: non a caso il suo olio essenziale viene impiegato per favorire concentrazione e memoria.

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