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Il Natale a Desulo, e in generale nei paesi di montagna, è fatto soprattutto di silenzi. Il primo silenzio, che coglie impreparati, è quello del risveglio. Aprire gli occhi sotto le lenzuola mentre si cerca di scacciare il freddo. Sapere che attorno, a un soffio di vento dalle case, si è circondati dalla montagna. È un silenzio che fa pensare, ma senza essere mai malinconico: sa di casa e di unione, di luoghi conosciuti e ancora da scoprire. È quel momento in cui si è soli senza sentirti soli: è la mattina di Natale e ci si può godere il proprio tempo prima di incontrare tutti. Se si è fortunati, uno spiraglio di luce entra dalla finestra. Ma non è una luce che si percepisce altrove: è come se si espandesse nello spazio chiuso dei monti, è delicata e larga allo stesso tempo e si posa sulle pareti e sulle cose come se le sfiorasse.

Un sano silenzio sorprende poi nel momento di alzarsi, in quei primi gesti della mattina: preparare la caffettiera, e poi la colazione e il caffè caldo in mano mentre si guarda fuori dalla finestra sperando in un po’ di neve. Ad aprire un po’ la finestra colpisce subito il freddo pungente della montagna, mentre il leggero odore di fumo nell’aria ci racconta di come il paese, tutto attorno, si sta attivando. A fare da cornice a luci, odori, sensazioni c’è sempre quel verde della montagna: un limite, forse, ma anche una protezione.
Mentre gli altri ancora dormono, o ancora non sono arrivati, c’è quel silenzio in cui si predispone tutto per il pranzo. Perché da barbaricini, da sardi e da mediterranei quali siamo, abbiamo una concezione del cibo che è molto al di là del semplice sfamarsi: è condivisione, è riconoscersi in una cultura, è seguire le leggi della cucina, quelle che ti son state tramandate dalle persone incontrate lungo la via e mai come in questo giorno messe in pratica.

Il Natale a Desulo è anche godersi quei primi momenti in cucina: affettare i salumi, dare la giusta collocazione agli antipasti, e, soprattutto, sistemare la carne, cruda e fredda, per la cottura. Mani che lavorano silenziose aspettando il momento in cui si sarà tutti insieme.
Così il Natale porta con se pensieri e piccoli entusiasmi. Sono giorni di fine anno, giorni in cui si incontrano persone che non si vedono da tanto e tutto torna alla mente: passato, presente, futuro. Forse il senso del Natale è in queste meditazioni che ci costringono a guardare cosa abbiamo costruito e cosa ancora abbiamo da fare; è in questi piccoli gesti della mattina che nessuno vede, che simboleggiano l’attesa: quella materiale del momento del pranzo, quando si incontreranno tutti; quella simbolica che accompagna le nostre giornate, l’attesa di una gioia più grande, di un incontro, di una bella notizia.

A prescindere dalla considerazione che si ha del Natale, dal fatto che si sia credenti o meno, non possiamo negare che è un momento che fa pensare e unisce. Viverlo in paese, cullati da tutto ciò che rappresenta la montagna, è sempre estremamente costruttivo e dolce. I silenzi del Natale che ci costringono a pensare, nel letto la mattina, con la tazza del caffè in mano, mentre prepariamo il pranzo sono emblema sì dell’attesa, ma anche della vita stessa: questo immenso fenomeno dove possiamo aiutarci solo da soli, ma certi di avere la possibilità di chiedere agli altri quando ne abbiamo bisogno. Perché gli altri ci sono e, a poche ore dal risveglio, nel giorno di Natale, sappiamo che li vedremo e ci staranno accanto.

Questa è la grande fortuna, specialmente nei piccoli paesi come Desulo, dove i legami familiari e di amicizia sono molto forti e, soprattutto, “sono” per tutta la vita.

Daniela Melis

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