chagall Esquisse pour la Vie
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Da un altro mondo, il libro dell’anno per gli ascoltatori della trasmissione RAI Fahrenheit. Un successo di pubblico e critica, recensito da Rosa Manauzzi per Mediterranea.

“Mia soltanto è la patria della mia anima. Vi posso entrare senza passaporto e mi sento a casa”, scriveva Marc Chagall, artista della leggerezza e dei colori, che amava i performer circensi perché capaci di sospendere tempo e spazio. Li ritraeva nei loro gesti rituali, così simili a una religione calata nel quotidiano. E poi i circhi sono sempre stati piccoli paesi in transito, da un luogo all’altro, senza confini; una grande affinità con l’esperienza migratoria del pittore. C’è fermento nei quadri di Chagall, basta prestarvi orecchio e sembra di entrare in una festa, in cui ogni presenza si muove, danza, sta in equilibrio, suona, muggisce, vola…

La scrittrice Evelina Santangelo (1965) ne ha colto l’atmosfera e l’ha trasposta nei suoi romanzi. Soprattutto ha preso in prestito quel rosso vitale che risalta in qualche macchia che pare casuale o che si palesa in un turbinio solare che determina la vita. Tra tutti cito Esquisse pour la Vie (1964). Ecco il colore rosso, colore mediterraneo.

I Fenici stendevano pezze di lana al sole sulla sabbia del mare nostrum, dopo averle tinteggiate con le chiocciole di mare. Si definiva così la storia del rosso che sarebbe giunto fino a noi, via mare.
Il pittore di Vitebsk sembra dare vita alla valigia rossa del piccolo immigrato, protagonista dell’ultima opera di Evelina Santangelo. In un viaggio a ritroso, dal Belgio in direzione del sud Italia, parte in compagnia di un trolley. Un fil rouge (già sperimentato in Il giorno degli orsi volanti, Einaudi, 2005) di fatto, che l’abilità narrativa di Santangelo tiene in costante movimento, seguendo destini che si incrociano e sollecitando una ricerca simbolica profonda (e necessaria) alla base degli accadimenti in un’area mediterranea che entra nel cuore dell’Europa. L’impegno sociale dietro la scrittura solleva la coltre di indifferenza stesa sui più fragili: i migranti, spesso bambini non accompagnati, in balia di strade piene di pericoli e profittatori. Ma c’è anche la denuncia di un sud depredato da pochi e potenti padroni davanti ai quali si tende frequentemente a chinare il capo, consentendo loro di far man bassa di persone e territorio. La Sicilia è l’isola-casa che la scrittrice palermitana trova naturale descrivere, nel rapporto conflittuale tra ospite e ospitato, padroni e operai-schiavi, giovani speranzosi e il rischio di nuove schiavitù dentro e fuori la propria terra. Tutta la produzione di Santangelo è tanto circoscritta quanto aperta alla globalizzazione (chi può sfuggirne?). La sua geografia è un qui per caso e un espandersi continuo. Il concetto di globale è entrato ferocemente accelerando ritmo e trasformazioni in modo innaturale, in cui l’umanità si perde, i rapporti tra persone si frantumano.

Evelina Santangelo, Da un altro mondo

Tra i suoi romanzi, Da un altro mondo (2018) ha il merito di essere ferocemente attuale nei pericoli mediatici che palesa.
Una tensione crescente avviluppa il lettore in tre storie personali che prima o poi devono guardarsi allo specchio, l’una dentro l’altra.
Eletto a pieno titolo libro dell’anno, nel 2018, dagli ascoltatori della trasmissione radiofonica Fahrenheit, mostra le ipocrisie di quella parte dell’Occidente che vanta valori e virtù, che sarebbero minacciate da altre culture, solo allo scopo di difendere nefandezze compiute quotidianamente contro i più fragili e ambizioni di potere.

Nel 2020, un ragazzino immigrato di nome Khaled (forse siriano), una donna belga di nome Karolina e un ‘padano puro’ di nome Orso, ex rondista, fanno i conti con una vita ingenerosa, tentando di difendere quel poco di tranquillità che hanno. Il primo deve tornare indietro, realizzare un progetto per dovere famigliare; la seconda cerca di rimettere insieme i pezzi perduti della propria famiglia; infine Orso, che ha sempre difeso una certa idea di territorio, si ritrova a fronteggiare una falsa appartenenza comunitaria.

Il lettore, così come i personaggi che incontriamo via via, subisce uno spaesamento, tra riconoscimenti di frasi e azioni. A ben vedere, ciò che suscita imbarazzo e un crescente terrore è il modo in cui viene gestita la quotidianità che ci circonda, a cui assistiamo con indifferenza ogni giorno. C’è un rosso disarmante che pulsa nella rabbia cieca delle idee. Quando un figlio appassionato di combattimenti misti MMA decide di seguire i maestri di riferimento, si avverte un brivido per quei simboli che ritroviamo nelle camerette tappezzate di poster e illuminate da videogames del genere Call of Duty. Dove portano le musiche che urlano “Our people first”? Davvero è tutto un gioco? Davvero gli slogan urlati sono opinioni politiche? Gli estremismi si toccano, c’è la stessa ferocia e lo stesso pericolo nel voler tener fuori l’altro, organizzando ronde e blitz punitivi, e nel voler fare il lavaggio del cervello a qualcuno per condurlo all’interno del proprio gruppo religioso. Nomi precisi che abbiamo la responsabilità di conoscere; movimenti che esistono, oggi nel 2020, che si muovono capillarmente e ai quali dobbiamo prestare la massima attenzione. Evelina Santangelo ce ne fornisce una breve bibliografia, a fine romanzo.

Senza tanti giri di parole, c’è il sovranismo politico, l’ambizione di qualche partito nordista ad arrivare più in alto che si può, utilizzando la fobia, chiudendo dentro “la propria gente” per tutelarla da presenze che possono infrangere porte, finestre, persino attraversare le pareti come fantasmi. Sono gli invisibili, quelli che per vivere vivono ovunque: lo straniero, il rom, persino il vecchio che potrebbe diventare scomodo. Queste presenze quasi vampiriche, che escono di notte, di cui si nota la scia rossa tra le tenebre, vanno annientate, dice qualche sindaco con immediata impennata di consensi. L’informazione è protagonista altrettanto attiva: deve servire, convincere, creare il caso, mai dire la verità. In un quadro tutt’altro rassicurante, a metà tra un noir e un thriller, si trattiene il fiato pensando a ciò che ci viene detto ogni giorno: “Chi senesbatteva se vere, verosimili o fasulle! Le vicende in questione erano comunque la conferma di ciò che lui andava dicendo da anni: quell’invasione [inventata] di clandestini stava compromettendo la vita della gente, aprendo così, – e lì stava l’aspetto interessante – nuove praterie di consenso per il Partito.”

Mentre un trolley rosso prende vita, la cronaca diffonde invasioni, anime vaganti. Chissà se sotto sotto Bruxelles rimane ancora una palude (come dice il suo antico nome), se il palazzo Berlayomont (sede della Commissione Europea) con le sue bandiere blu “che conservano tutte le dodici stelle dorate al proprio posto”, rischia di affondarci dentro. Quanto bisogno di un’Unione Europea a misura di bambino! Che non lasci nessuno indietro e riconosca i danni provocati dalla sua voracità colonialista. Quanto bisogno di comunità allargata, in cui ci si impegni non a tener fuori un virus ma a curare e prevenire vecchi mali.
Rassicura la loquace copertina di Paolo Altan, in cui due mani, anziché una bocca divoratrice, accolgono per tenere un poco al sicuro chiunque è costretto a vagare. Il cielo è ondulato e il mare calmo, un mare su cui si cammina, o forse è la terra ormai blu, perché le storie di mare sono di tutti.

Evelina Santangelo
Presso Einaudi ha pubblicato nel 2000 la raccolta di racconti L’occhio cieco del mondo (con cui ha vinto i premi Berto, Fiesole, Mondello opera prima, Chiara, Gandovere-Franciacorta), i romanzi La lucertola color smeraldo (2003), Il giorno degli orsi volanti (2005), Senzaterra (2008), Cose da pazzi (2012), Non va sempre così (2015), Da un altro mondo (2018). Suoi racconti sono apparsi nelle antologie Disertori e Ragazze che dovresti conoscere (Einaudi Stile Libero, 2000 e 2004) e Deandreide (Rizzoli Bur, 2006). Con il racconto Presenze ha partecipato all’antologia L’agenda ritrovata. Sette racconti per Paolo Borsellino (Feltrinelli, 2017).

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