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Maggie S. Lorelli con il suo nuovo romanzo “The human show” (Castelvecchi, 2022) ci invita all’immersione in una seducente distopia. Ogni romanzo che si riferisca a questo genere letterario, come il ben noto Il mondo nuovo (Brave New World) di Aldous Huxley del 1932, utilizza nella strategia narrativa una vena ironica che vuole rendere più leggera una realtà amara, con ogni possibilità imminente, se non già esistente, e che bussa, con insistenza, alla porta delle emozioni e dei sentimenti umani.

Davanti alla follia crescente che potrebbe essere propagandata e scambiata per progresso, nel bel mezzo della quale l’uomo sembra scivolare sempre di più nell’abisso di un’esistenza virtuale popolata di  followers e cadenzata dal gradimento on-line, non resta altro che reagire con un cinico sorriso di stupore malinconico e nostalgico di un tempo che non tornerà più, nel quale individualità e personalità si evolvevano nella comunicazione autentica tra persone in carne e ossa e, non come accade nel romanzo e sempre di più oggi, nell’interazione tra proiezioni di creature inesistenti e utopiche, idealizzate: questo sta avvenendo sotto i nostri occhi con i social network e con le numerose chat di svariate tipologie; per il tramite di questi strumenti si può attribuire sostanza e credibilità a storie parzialmente o totalmente inesistenti e grazie all’ambiguità che ne deriva è possibile dare vita a identità mascherate dietro le quali si cela il vero volto che affiorerà solo a comando, con tutte le conseguenze devastanti o meno.

Maggie S. Lorelli

L’autrice porta sulla scena del suo romanzo la tematica dell’eugenetica, processo attraverso il quale si vanno a determinare i nascituri, nel caso specifico si tratta di umani generati da madri vere e da robots (umanoidi), con la finalità di perfezionare la specie umana che viene programmata e guidata dall’alto della sua stazione orbitante nello spazio dallo scienziato informatico Adam, che si diletta e si compiace a far rimbalzare immagini allettanti da una dimensione all’altra,  in una sorta di labirinto riflettente e specchiante delle proprie emozioni e dei propri desideri. Nel romanzo di Huxley, che ho citato più sopra, l’eugenetica prevedeva nascite extrauterine e la formazione di caste basate sulla quantità di ossigeno che veniva erogato al feto nel momento della sua formazione. La suddivisione in rigide categorie di umani si ha anche nel romanzo della scrittrice italiana e appare quale falsata sembianza meritocratica, fortemente competitiva, che strizza l’occhio ai giochi di ruolo e alla recente filmografia statunitense.

Si corre il rischio di rimanere affascinati e sedotti dallo scienziato pazzo Adam che, pur di sedurre Marya, la donna “idol” di cui si è innamorato, è disposto a mettere in gioco la propria superiorità dall’alone “divino”, invitandola a una gita su Marte, mettendosi così nelle condizioni vantaggiose di corteggiarla e di offrile in dono un anello con diamante che dovrebbe indurla ad accettare di divenire la sua regina galattica. 

A malincuore il Genio folle è destinato ad ascoltare le fatali parole: “non ti amo” che risuonano e rintoccano quale condanna, senza possibilità di appello, al suo orgoglio maschile di amante rifiutato. Filippo, l’ex libraio di cui Marya si è innamorata a distanza grazie a una chat fantasiosa, per i suoi sentimenti profondi e la sua ricerca di verità in un mondo strutturato sulla finzione, risulta essere un uomo ordinario e comune di buona cultura, dotato di un cuore generoso, pronto e attento ad aiutare i clandestini in una civiltà che li rigetta. E se un tempo non lontano le donne aspiravano all’incontro con il principe azzurro che sarebbe dovuto giungere all’improvviso sul cavallo bianco a salvarle, a questo punto della trama non si può fare a meno di osservare e commentare che nel mondo odierno la favola si è ribaltata: in una società più giusta e ugualitaria è la donna che arriva a soccorrere il possibile principe. Infine è proprio Marya che riesce a rintracciare Filippo e a fuggire con lui inseguendo il loro sogno d’amore.

Trovo toccante e di notevole impatto visivo la comparsa sull’ampia spiaggia del Circeo dei profili di un’umanità sopravvissuta in piccole comunità di buoni selvaggi che in una rinascita arcadica sono costretti a vivere nelle grotte, da dove, in un lontano passato, venivano fuori alla luce del giorno, e all’alba della civiltà, i primi uomini di Neanderthal. Maggie S. Lorelli sembra suggerire che l’unica speranza che abbiamo di salvarci risiede nell’annientamento totale della tecnologia per riuscire a ritrovare in noi l’Adamo e la Eva perduti, riconquistando e rigenerando così il giardino dell’Eden che tornerà a fiorire senza l’ombra inquieta e minacciosa del serpente tentatore.

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