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Come ogni anno da 26 anni Desulo si prepara alla sua grande festa: La Montagna Produce. Nata come sagra dei prodotti tipici della montagna nel 1991, ogni anno viene allestito uno dei tre centri storici del paese, ognuno appartenente ai tre rioni di cui Desulo è composto. Così, se l’anno scorso il protagonista è stato il rione di Ovolaccio, al centro del paese, quest’anno tocca a quello di Asuai. La storia di Desulo si perde nella notte dei tempi. I tre rioni si configuravano un tempo come tre paesi a se stanti e, anche una volta uniti sotto lo stesso nome, hanno tenuto caratteristiche proprie. Le differenze storiche, pur sfumando ormai, si sono determinate nel tempo nelle diverse attività economiche e nei caratteri degli abitanti di ogni rione: a Issiria seri pastori transumanti, ad Asuai allegri venditori ambulanti.

Per l’edizione 2016 de La Montagna Produce è proprio Asuai a farsi a protagonista, con le sue vecchie storie di artigiani del legno e “caminantes”, ossia coloro che giravano per la Sardegna con una bisaccia e, generalmente, un asinello per vendere i frutti della montagna o del loro lavoro.

Asuai, oltre che per quella del legno, è noto anche per un’altra arte, ossia quella poetica. Desulo possiede numerosi altri poeti, rimasti anonimi negli anni, a parte la fama nazionale di Montanaru: la poesia doveva essere un grosso mezzo di espressione per uomini e donne di un tempo. Ad Asuai, tuttavia, a lasciare le sue tracce di poesia è stato soprattutto un uomo, un sacerdote, che visse tra Desulo, Cagliari, Nola, Viterbo, Benevento (dove studiò) e Tonara (dove predicò, tra il 1920 e il 1951). Visse in mezzo alla sua gente fino ai 17 anni e ne condivise l’attaccamento alla famiglia e l’orgoglio di essere parte di una comunità civile e religiosa. Una volta a Cagliari per effettuare gli studi classici, aiutato dallo zio maestro Francesco Deidda, i Superiori del convento dei Cappuccini gli riconobbero grandi doti intellettive e ricchezza interiore. Questi i motivi per cui fu mandato in “continente”. Nonostante la distanza, non smise mai di pensare alla sua Barbagia e alla Sardegna, di cui studiò puntigliosamente la storia, la lingua e la letteratura. Più si informava, più si accendeva per la sua terra, auspicandosi una rinascita alimentata dal ritrovo dell’orgoglio di popolo e da un rilancio economico compatibile con le sue risorse.

“Bobore” Lay Deidda, ordinato sacerdote nel 1947 a Desulo, fu poeta di grande cultura, impegnato anche come giornalista pubblicista. Inviava, infatti, a grandi testate regionali e locali le sue poesie, interventi verso uomini illustri sardi e altri su approfondimenti grammaticali sul sardo, tanto da essere notato, sulla rivista di poesia sarda S’Isciglia, da Pier Paolo Pasolini, sempre attento ai canti popolari. Morì a Tonara, durante il suo monastero, nel 1951, ma nonostante abbia lasciato il mondo in giovane età, la sua eredità letteraria è ampia e densa di passione poetica, che nasceva dalla sua umanità, dall’amore per la natura e dalle lotte contro le ingiustizie vissute dal suo popolo.

La sua produzione letteraria fu notevole per la quantità e per la qualità. In primo luogo, è bene citare l’ampia produzione di versi lirici, che oggi sono raccolti in un libro dal titolo “Cantos de monte. Liriche”, edito da Domus de Janas. Qui irrompe la sua vena giovanile, che canta le sue comunità laboriose, sacrificate, ma pur sempre gioiose; esalta la natura e i suoi colori, soprattutto l’imponenza delle montagne e i suoi boschi, nonché l’ampiezza dei campi agricoli; canta l’amore, quello umano che da vita a una nuova famiglia, e quello divino, per il quale si deve rinunciare al primo. Una raccolta eccezionale per chi vuole leggere Desulo, la Barbagia e la Sardegna tutta in chiave poetica, ma non l’unica, importante opera del sacerdote-poeta, che sentiva di dover essere anche profeta.

La sua opera principale è, infatti, un poema epico scritto interamente in sardo: “Amsicora”, edito da Amsicora Edizioni. Una forma di scrittura scelta non a caso, perché alla stregua di Iliade e Odissea, voleva e doveva celebrare un grande personaggio. Il poema epico di Don Lay Deidda, scritto in ottave, celebra la grande figura di Amsicora e il suo tentativo di rivolta contro la dominazione romana negli anni della seconda guerra punica. Il fulcro centrale dell’opera è l’esaltazione della Sardegna, che era vista dal poeta come terra di ogni bellezza, e della Barbagia, definito ultimo bastione della libertà. All’interno del libro si mescolano vari personaggi, che rappresentano quei valori ideali del mondo civile pensato da Deidda: Amsicora è giustizia, Iosto è coraggio, Desulina è bellezza e virtù domestiche.

L’opera è stata composta nell’immediato dopo guerra e ha come obiettivo quello di risvegliare i sardi, ricordando loro un passato mitico e glorioso, che è quello rievocato nel poema. I messaggi di Don Lay Deidda sono ancora oggi attuali per la Sardegna, una terra che lotta tra ciò che è e ciò che potrebbe essere.

Daniela Melis

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