Palio della balestra
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Non è facile trovare in nascosti, accatastati, ed impolverati libri di storia medioevale, la frase: “attività ludica”. La pratica, e le competizioni sportive, durante l’età di mezzo non piacevano alla Chiesa. Queste attività venivano viste per certi versi eretiche, spesso pornografiche, anche se nel Vangelo non esistevano frasi di censura ai giochi. Nel 393 a.C, infatti, Sant’ Ambrogio emanò un editto che fece definitivamente finire la tradizione Olimpica. Bisognerà aspettare il 1984 perchè i giochi riprendano piede. Lo start up lo darà la fondazione del Comitato olimpico internazionale (CIO) ad opera di Pierre de Coubertin. A lui andrà il merito della rinascita delle Olimpiadi moderne, che ispirate all’Iliade cominciarono ad essere viste come mezzo per fermare le guerre.

Bisognerà aspettare il Rinascimento e la rivalutazione del Medioevo da parte degli illuministi per scoprire che in seguito alle invasioni germaniche nacquero numerose attività ludiche. Tra tutte emergevano i tornei cavallereschi del periodo feudale. Ma anche le giostre, le corse ad anello, ed i giochi equestri della cavalleria. Alcune competizioni sono sopravvissute fino ad i nostri tempi, come “il Palio di Siena”, ad esempio.

Nel Medioevo era molto apprezzata dai cavalieri “la quintana”: un fantoccio di legno, a simboleggiare l’infedele, che dovevano cercare di centrare con una lancia. E poi a seguire le gare tra sbandieratoli, la corsa con i sacchi, Balestra ed arco. Proprio nelle grandi battaglie della guerra dei cent’anni, l’arco inglese sconfisse non soltanto la spada e la lancia del cavaliere, ma anche la balestra. Antica invenzione cinese, questa comparve tra gli armamenti europei alla fine dell’XI secolo, ma venne condannata dalla Chiesa al concilio ecumenico Laterano II del 1139. La ragione di questa proscrizione, con scarsa efficacia pratica, si può comprendere considerando le caratteristiche dell’arma, che è fatta per uccidere e per essere usata da uomini senza onore militare come i mercenari.

La saetta lanciata dalla balestra era in grado di disarcionare un cavaliere, e con forza di penetrazione, era in grado di perforare le corazze allora in uso. Il suo principale difetto consisteva nel tempo richiesto per ricaricare l’arma. Un balestriere non riusciva a scagliare più di due saette al minuto, mentre i lunghi archi degli inglesi potevano lanciare fino ad otto frecce. L’arco inoltre aveva una maggiore gittata. Ma i vantaggi nel loro uso richiedevano lunghi periodi di addestramento, forza e prontezza notevoli.

Se da una parte nascono attività in apparenza ludiche, dall’altro i valori predominanti sono comunque declinati a giochi di forza in difesa dell’onore, e di principi inculcati da una dottrina ecclesiastica oscurantista. Molte attività erano viste come esercizi per prepararsi ad una guerra.
La nobiltà cavalleresca divenne nel Medioevo specchio di un’epoca ricca di violenza, e spesso sanguinose lotte per un amore rivendicato, o offeso.

“Or de una cosa te voglio pregare, che, prima che veniamo a cotal piato, quella donzella che il tuo cor disia, tu la abandoni, e lascila per mia.” (Orlando Innamorato, Parte I, canto XVIII, ottave 173-176). Sono alcuni versetti tratti del famoso duello tra Orlando e Agricane ne “L’Orlando innamorato” di Matteo Maria Boiardo (1476), quando Agricane, re di Tartaria, a capo di un forte esercito, vuole conquistare a forza Angelica, figlia del re Galafrone, innamorata invece di Orlando. Questo, eroe e paladino dell’epopea carolingia, difenderà la fanciulla uccidendo Agripane, che per amore cinse d’assedio con il suo esercito la rocca di Albracca. Orlando, l’eroe intento solo alla difesa della patria, e della fede, diviene in primo luogo l’eroe innamorato, che nell’amore trovala ragione prima della sua vita e del suo agire. Ma in realtà la vicenda è proiettata sullo sfondo epico della lotta tra cristiani e saraceni.

Il gioco, inteso come attività ricreativa e volontaria perde questa valenza nel Medioevo, a vantaggio di una prodezza cavalleresca da “guerriero”.
“La cultura sorge in forma ludica, la cultura è dapprima giocata […]. Ciò non significa che il gioco muta o si converte in cultura, ma piuttosto che la cultura, nelle sue fasi originarie, porta il carattere di un gioco, viene rappresentata in forme e stati d’animo ludici.” E’ quanto affermerà lo storico olandese Johan Huizinga nella sua opera intitolata Homo ludens (1938).

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