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Contrariamente a quel che molti possono pensare, il fantasy ha origini lontane, seppure non nel senso moderno del termine. Già nel Medioevo l’elemento fantastico era presente in tanti romanzi cavallereschi e il Ciclo Arturiano ne è un esempio.

In poesia abbiamo, nel Cinquecento, il mirabile esempio dell’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto, seguito dalla Gerusalemme liberata di Torquato Tasso. In tempi più recenti non si può non citare il Ciclo di Cthulhu di Lovecraft e il famosissimo Signore degli Anelli di Tolkien. Se nell’antichità l’elemento fantastico era anche una comoda via per spiegare eventi che non potevano trovare una sistemazione scientifica, in età più recente si è soliti considerare il fantasy come una fuga dalla realtà per tuffarsi in mondi sconosciuti, popolati da creature insolite protagoniste di grandi storie e avventure memorabili.

Eppure il fantasy, per essere credibile, deve rappresentare fedelmente una data realtà, qualunque essa sia. Molti scrittori che tentano di muovere i primi passi in questo particolare e complesso genere letterario spesso confondono la descrizione di una storia fantastica con la totale assenza di regole. Qualunque storia si voglia raccontare deve essere supportata da una costruzione minuziosa del tempo, dei luoghi, delle usanze. Tolkien, nel Signore degli Anelli e ancora prima in Lo hobbit, compie uno sforzo sovrumano nella creazione di Arda, il mondo in cui i suoi personaggi vivono e agiscono, inventando addirittura le lingue che essi parlano, con tanto di alfabeti e regole grammaticali.
Perché profondere tanto impegno in un’opera di fantasia?
David Gerrold, scrittore statunitense e autore di uno degli episodi più noti della serie Star TrekAnimaletti pericolosi – nel suo saggio Worlds of Wonder and Fantasy afferma:

“In a fantasy story, you assume it’s already possible, and you don’t bother explaining the how or the why. In that respect, fantasy seems to offer much more freedom to the author: freedom from explaining. Go ahead, make something up! Anything. After all, this is fantasy, right?
The audience still wants to believe in your world—and believability comes from the recognition of an internally consistent system of logic. If things are not consistent, they are – literally!-  unbelievable”.

Traduzione:

In una storia fantasy, tu dai per scontato che essa sia già possibile, e non ti preoccupi di spiegare il come e il perché. Nel rispetto di ciò, il fantasy sembra offrire molta più libertà all’autore: libertà dal dover fornire spiegazioni. Vai avanti, fai qualcosa. Qualsiasi cosa. Dopo tutto è fantasy, giusto?
Sbagliato.
Il pubblico ha voglia di credere nel tuo mondo e la credibilità deriva dal riconoscimento di un sistema coerente di logica. Se le cose non sono coerenti, sono – nel senso letterale del termine – incredibili.

Quindi la prima regola del fantasy è la credibilità. Sono assolutamente vietati gli anacronismi, qualunque sia il tempo – anche non definito in base ai nostri parametri – in cui gli eventi accadono. Il mondo inventato deve seguire delle regole che siano coerenti al loro interno, perché i lettori devono poterlo considerare reale. Di conseguenza l’autore, prima ancora dei lettori, deve considerarlo tale, ponendosi delle domande e offrendo a se stesso risposte sensate. Se si ambienta una storia in un periodo simile al Medioevo, l’abbigliamento, le cibarie, le armi e via dicendo dovranno essere credibili in quel contesto. Per citare ancora Gerrold, “Il fantasy non è l’abbandono della logica, ma la sua reinvenzione. Un fantasy credibile lo si ha solo con la creazione di una struttura logica alternativa”.

Quindi in un mondo fantastico, esattamente come in quello in cui viviamo, ogni avvenimento ha una sua spiegazione o quantomeno un’origine. Se il lettore non percepisce le regole del mondo in cui lo si sta proiettando, il romanzo – o racconto – è destinato a finire presto nel dimenticatoio.

George R. R. Martin, autore della fortunata saga Le cronache del ghiaccio e del fuoco, da cui è stata tratta la serie televisiva Game of Thrones, una delle più viste degli ultimi tempi, sembra aver preso alla lettera questi accorgimenti. Il suo fantasy ha tantissimi legami con la storia: gli eventi del continente occidentale sono molto simili, come tipologia, a quelli dell’Europa medioevale; l’odio tra gli Stark e i Lannister è simile a quello che condusse alla Guerra delle Due Rose gli York e i Lancaster, mentre il popolo Dothraki ricorda i Mongoli di Gengis Khan. E ci sono le lotte di religione, gli incesti, la vendetta, la sete di potere e una dose abbondante di sesso, che in fin dei conti è da sempre il motore delle vicende umane, nel bene e nel male. Il fantasy si allontana progressivamente dalla pura fantasia per avvicinarsi sempre più a una rivisitazione – fantastica – della realtà storica. Benché non manchino le forze soprannaturali, i veri nemici degli uomini sono gli uomini stessi, con le loro debolezze e i loro vizi. L’elemento puramente fantastico non è predominante – almeno fin dove è arrivata attualmente la narrazione – e questo ha provocato due effetti contrastanti: da un lato ha fatto sì che la saga martiniana sia seguitissima, nella versione narrativa e in quella televisiva, dall’altro lato questa vicinanza alla realtà storica ha scatenato critiche accese da parte di estimatori del genere fantasy tout court. Si veda, a titolo di esempio, questo articolo.

Alcune critiche possono essere condivisibili, ma non si può ignorare il grande successo e la scrittura efficace di Martin. E, al contrario di quel che pensano tanti detrattori, i lettori delle Cronache del ghiaccio e del fuoco non appartengono solamente alla schiera di coloro che si innamorano della serie e poi vanno a leggere i romanzi più per dovere che per reale interesse; la saga ha fatto breccia anche nelle menti più colte, per la ricchezza e l’efficacia delle descrizioni, per la mole di personaggi, tutti perfettamente caratterizzati, per la grandiosità dell’opera – al momento non ancora conclusa –. L’opera di Martin può non appartenere al fantasy come molti lo intendono, ma in fin dei conti, anche nella versione più pura di questo genere letterario, tutto ruota comunque intorno ai sentimenti umani, anche quando a viverli sono esponenti di razze fantastiche. Esse nascono sì in un altrove a noi sconosciuto, ma vivono e agiscono con l’animo ancorato al nostro mondo, e questo aspetto impedisce al fantasy e a noi umani di superare davvero i confini della realtà.

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