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di Carla Cossu – guida naturalistica e scrittrice etnobotanica

Non è un giardino come tutti gli altri dove il silenzio è rotto dal vociare dei bambini che giocano o dal chiaccherìo della gente che passeggia lungo i suoi viali. È un grande museo a cielo aperto, unico nel suo genere, dove osservare, studiare, conoscere e salvaguardare alberi, arbusti ed erbe provenienti da tutto il mondo in una cornice di testimonianze archeologiche risalenti al periodo punico-romano. È l’Orto Botanico della città di Cagliari.

L’Hortus Botanicus Karalitanus, questo è il nome ufficiale, è uno dei polmoni verdi più rinomato e frequentato del capoluogo sardo. Cagliaritani e turisti possono trascorrervi ore di relax e tranquillità. Immerso nel verde, nel centro storico della città fu fondato nel 1866 da Prof. Patrizio Gennari, primo Direttore dell’Orto, nonché primo Direttore (Prefetto) del Dipartimento di Scienze Botaniche dell’Università di Cagliari. È ubicato tra l’Anfiteatro Romano e la Villa di Tigellio, nella località conosciuta dai cagliaritani come Vallata di Palabanda. Ha una superficie di circa 5 ha.

La sua posizione e la sua forma, simile a un trapezio, lo proteggono dai venti e ne determinano un clima particolarmente mite, di tipo mediterraneo secco, adatto ad accogliere specie vegetali provenienti da varie zone climatiche della Terra. Ed è proprio questo lo scopo che voleva raggiungere il suo fondatore, Prof. Gennari, cioè quello di creare un orto modello per l’acclimatazione delle piante esotiche tropicali. Nel corso degli anni i suoi successori portarono avanti il progetto del fondatore. Alcune strutture vennero riqualificate, altre furono ricostruite. Vennero aggiunte nuove specie a quelle già presenti che diedero vita a nuovi settori da studiare e visitare, fino ad arrivare all’aspetto attuale dell’Orto.

Chi visita l’Orto botanico per la prima volta non si aspetta di trovarsi immerso in così tanto verde nel cuore della città. Le impressioni dei visitatori, che siano scolaresche, cittadini o turisti, sono sempre quelle di meraviglia e di curiosità che viene poi colmata man mano che lo si visita.

Coinvolgere i visitatori al rispetto per l’ambiente e della biodiversità è l’obiettivo primario della visita al sito.

È stato creato un percorso itinerante con numerose tappe che può essere seguito in forma autonoma o guidata, con l’aiuto di strumenti quali brochure, etichette e cartellonistica che contribuiscono a rendere la visita più stimolante.

La visita guidata è comunque l’elemento fondamentale che contribuisce a rendere l’Orto fruibile, oltre che come svago, come vera e propria esperienza di introduzione alla Botanica quale scienza della Natura. Ogni visita, guidata esperti Naturalisti di professione, non è mai uguale a se stessa, può variare sia in base all’istituzione scolastica di appartenenza, all’età degli alunni, alle esigenze richieste dai docenti al momento della prenotazione e sia al pubblico privato o dei turisti sempre numerosissimi.

Una visita guidata dura circa un’ora e mezza. Inizia con l’accoglienza dei visitatori all’ingresso dell’Orto, vicino alla biglietteria o sotto il gazebo, se si tratta di scolaresche. La guida si presenta e illustra brevemente la storia degli Orti Botanici in generale e dell’Orto Botanico di Cagliari in particolare. Spiega anche come leggere le etichette che accompagnano tutte le specie presenti. Infatti, ogni etichetta presenta il binomio scientifico accompagnato dal nome dell’autore che ha descritto la specie, la famiglia d’appartenenza e l’areale di distribuzione. La guida procede a descrivere i vari settori in cui è suddiviso l’Orto che si andranno poi a visitare.

Rari frutti di Cycas (foto C. Cossu)

La visita inizia nel settore delle Gimonosperme o piante a seme nudo, rappresentate in particolare dal genere Cycas e dalla Metasequoia, considerata un fossile vivente, situate alla sinistra e alla destra dell’ingresso principale. Continuando lungo il viale principale troviamo: Ceiba speciosa detto albero bottiglia con la caratteristica forma del fusto, a bottiglia appunto, le sue spine e i suoi vistosi fiori rosati e bianchi; le Tillandsie, specie per lo più epifite cioè piante prive di vere radici fissate al suolo, ma munite di filamenti che gli permettono di sostenersi ad altre piante o altri sostegni, appartenenti alla famiglia delle Bromeliacee; la vasca del Papiro; il gelso degli Osagi o Arancia del Texas, così chiamato per via dei suoi usi e del suo paese d’origine. Giunti alla cosiddetta vasca centrale è possibile osservare un magnifico esemplare di Ficus macrophylla ssp. columnaris, uno delle piante più longeve presenti in Orto, comunemente conosciuto come “albero strangolatore” in quanto quando germina su altri alberi, man mano che le sue radici aeree crescono e arrivano al suolo, avvolgono e soffocano la pianta ospite che muore e ne occupa il suo posto.

Fior di loto (foto G. Bacchetta)

Sulla sinistra del Ficus troviamo il busto in bronzo raffigurante Prof. Patrizio Gennari, fondatore dell’Orto Botanico di Cagliari. Sulla destra si trova una lapide commemorativa di marmo che ricorda la Congiura di Palabanda (1812) con la quale il popolo sardo tentò invano di rovesciare il governo sabaudo. Sempre in questa zona è possibile seguire un percorso sulle specie esotiche e invasive, di recente inserimento, evidenziato da diversi pannelli esplicativi distribuiti in diverse aree dell’Orto. Dalla vasca centrale si sale verso la zona del Deserto che include il settore delle piante succulente, suddiviso in due sottosettori: quello americano, posto nella parte alta e quello africano situato nella zona in basso. In questo ambiente, ricreato appositamente, sono presenti varie specie succulente, ognuna con un proprio adattamento che permette di sopravvivere a temperature estreme. In primavera inoltrata è possibile vedere la zona del deserto, partendo dall’alto verso il basso, vivacemente colorata da fioriture a tappeto di diverse specie della famiglia botanica Aizoaceae dalle fioriture multicolori.

Deserto in fiore (foto G. Bacchetta)

Lasciata la zona del Deserto si accede alla Cava Romana, uno dei luoghi più suggestivi dell’Orto. L’importanza di questo sito riguarda sia l’aspetto archeologico sia quello botanico. La cava scavata nella roccia calcarea marnosa miocenica, veniva utilizzata in epoca romana e fino agli anni ’50 del secolo scorso, per l’estrazione di materiale per l’edilizia. Nella parete rocciosa, a circa un metro dal suolo è possibile osservare una canaletta scavata nella roccia, facente parte di un antico sistema idrico, che permetteva il travaso dell’acqua da una cisterna verso l’esterno. L’aspetto botanico è dovuto sia alla presenza di due esemplari di Ficus macrophylla ssp. columnaris, tra i primi alberi inseriti nell’Orto sia per la presenza diverse specie di felci arboree che si sono adattate facilmente a crescere in questo ambiente.

Visitata la Cava Romana ci si avvia verso la cisterna romana. Nell’area antistante la cisterna si può osservare una piccola zona dove sono state inserite alcune specie mediterranee termofile cioè adatte a vivere in ambienti caldi e temperati caldi ed eliofile, piante che prediligono esposizioni luminose e soleggiate, come palma nana, rosmarino, mirto comune, euforbia arborea e diverse altre.

La cisterna romana è detta a damigiana per via della sua forma. È l’unica, fra numerose presenti, visitabile all’interno dell’Orto. È scavata nella roccia calcarea marnosa, risalente al periodo punico, continuò a essere utilizzata in epoca romana. Attraverso un condotto lungo circa 40 m, scavato in epoca successiva, si arriva alla base della cisterna e, attraverso un varco, è possibile entrarci dentro. Le sue pareti interne sono rivestite da uno strato di cocciopesto, un impasto di calce, sabbia e frammenti di laterizi, ancora intatto, usato in epoca romana per impermeabilizzare cisterne e acquedotti. Ancora oggi il cocciopesto é usato in campo edilizio.

Ficus macrophylla nella cava romana (foto G. Bacchetta)

Il percorso prosegue e ci si imbatte in un edificio che è la sede del Centro Conservazione Biodiversità (CCB). Annesso al Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente dell’Università di Cagliari, si occupa dello studio, gestione e conservazione della diversità vegetale della Sardegna. Lo scopo principale di questo centro è quello di conservare il maggior numero di specie endemiche cioè specie che crescono solo in determinati areali, rare e a rischio di estinzione. Per questo è stato creato all’interno dell’Orto, nella parte più alta, il settore denominato Roccaglie che è dedicato alla biodiversità. Qui è possibile ammirare specie endemiche, rare e/o minacciate presenti nei sistemi insulari del Mediterraneo, soprattutto in Sardegna.

Dalle Roccaglie si scende verso il pozzo romano o Libarium, di dubbia origine romana, e la noria. Si tratta in realtà di un pozzo profondo circa 50 m, la cui falda acquifera ricca di acqua fu sfruttata fino agli anni 50 del secolo scorso per gli usi quotidiani degli abitanti della zona. Sul pozzo è stato ricostruito un sistema idraulico, detto noria, caratterizzato da una ruota in cui sono inserite delle brocche, che azionata in origine da cavalli o asinelli, sollevava l’acqua che veniva svuotata all’esterno.

Nello scendere in direzione dell’ingresso l’imponente Fontana Pampanini, dedicata a Prof. R. Pampanini, Direttore dell’Orto botanico tra 1930 e il 1943, con le sue cascatelle d’acqua è habitat degli equiseti, piante antiche e primordiali. Nelle due terrazze di cui è costituita si possono osservare poi menta acquatica, capelvenere e tante altre.

In prossimità della fontana una pausa è d’obbligo per ammirare due veri e propri giganti verdi: il Taxodium distichum o Cipresso calvo di palude e la Fitolacca. Il Taxodium distichum è un maestoso albero che perde le foglie nella stagione sfavorevole, originario del Nord America vive nelle paludi tropicali. La sua particolarità è dovuta alla presenza dei pneumatofori, particolari radici respiratorie che fuoriescono dal terreno per permettere gli scambi gassosi con l’esterno. La Fitolacca, uno degli esemplari più antichi dell’Orto botanico, è una pianta sempreverde che cresce nelle praterie del Sud America in Brasile, Argentina e Paraguay. La caratteristica principale di quest’albero è la forma del colletto, la zona di passaggio tra il fusto e la radice, detta a piede di elefante, che agisce come riserva d’acqua.

Due edifici bianchi fanno da cornice a questo angolo dell’Orto: la Sala convegni e il Museo Botanico. La Sala convegni è dedicata alla Prof.ssa Eva Mameli Calvino, oltre che madre del celebre scrittore, fu la prima donna ad essere nominata Direttore dell’Orto Botanico di Cagliari tra il 1926 e il 1929. Fu anche la prima donna in Italia a conseguire, nel 1915, la libera docenza in Botanica. Il Museo Botanico, inaugurato nel 2008, comprende strumenti scientifici antichi, come microscopi, bilance, un eliofanografo e vetreria varia, oltre a una collezione di preparati vegetali conservati in formalina. È poi presente un originale allestimento di modelli botanici tridimensionali raffiguranti piante, fiori, funghi, pollini e insetti. Sono stati realizzati con l’antica arte della Ceroplastica, dal primo Curatore del Museo, la Dott.ssa Cristina Delunas. Rappresentano una dimostrazione di come arte, passione e scienza possono sussistere insieme per creare delle vere e proprie opere d’arte.

Papavero da oppio. Ceroplastica. Realizzazione C. Delunas

L’Orto dei Semplici, dedicato alle piante officinali è una delle ultime, ma imprescindibili tappe. Ospita oltre 120 piante tra medicinali, aromatiche e cosmetiche, inserite in apposite aiuole in base all’uso. Ogni pianta è accompagnata da una scheda descrittiva, dove sono riportati gli usi secondo la tradizione popolare, nella fitoterapia e in erboristeria. Da notare la presenza di due aiuole attrezzate per gli ipovedenti.

Il Settore delle specie mediterranee, l’ultimo oggetto della visita guidata, comprende diverse piante tipiche del clima mediterraneo, tra cui i carrubi vetusti dai dolci frutti, le carrube, e le foglie coriacee, verdi scure e lucide; il leccio, lentisco dal forte odore resinoso. In sardo il lentisco è moddizzi o kessa, i cui rami venivano usati in passato sia per pulire i forni del pane sia per alimentare il fuoco. Da ciò probabilmente deriva il nome Moddizzosu, dato a un tipo di pane sardo tipico del Campidano.

La vasca centrale (foto stock.adobe.com)

La visita termina con il ritorno presso la vasca centrale. È un momento sempre emozionante: i visitatori, ormai entrati in confidenza con la loro guida, non sono più timidi ed ecco finalmente affiorare ogni dubbio, ogni domanda sul mondo verde, quello che hanno appena iniziato a conoscere da punti di vista inaspettati. La soddisfazione più grande nel momento dei saluti e dei ringraziamenti è sentire gli apprezzamenti dei visitatori verso la guida, la bellezza dell’Orto e il bagaglio d’informazioni che si portano a casa. Alcuni ancora affascinati dal luogo, continuano a vistare l’Orto per altre lunghe e verdi ore.

Si ringrazia il Prof. G. Bacchetta Direttore dell’Hortus Botanicus Karalitanus per la concessione all’utilizzo delle immagini

Foto aerea in apertura di C. Delunas

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