farmacovigilanza
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“Un’emergenza sanitaria di cui non c’è ancora sufficiente coscienza e conoscenza”. Così sono descritte le reazioni avverse ai medicinali in un documento elaborato dall’Agenzia Italiana del Farmaco che risale al 2018. Nel frattempo è scoppiato il caso dei vaccini contro la COVID-19 che ha acceso i riflettori sulla tematica ma dal dibattito pubblico non emerge, in modo evidente si intende, lo strumento che permette di gestire la sicurezza dei medicinali, già in commercio, con il contributo degli operatori sanitari e dei cittadini. Ci riferiamo alla cosiddetta “segnalazione spontanea” del sospetto di una reazione avversa a un farmaco o vaccino. Ne parliamo perché secondo i dati diffusi dall’ AIFA e dai Centri Regionali di Farmacovigilanza i cittadini segnalano poco, eppure possono fare la differenza nella tutela della salute pubblica.

La segnalazione spontanea è prevista nel sistema della farmacovigilanza diretto dall’AIFA sotto il coordinamento europeo. Oggi la materia è disciplinata principalmente dalla legge del 2 luglio 2012 che recepisce il Regolamento UE 1235 /2010 e dal decreto del Ministero della Salute del 30 aprile 2015.

Cos’è la farmacovigilanza? Si tratta dell’insieme delle attività che mirano a identificare il più rapidamente possibile le nuove reazioni avverse ai medicinali nonché a migliorare le informazioni su quelle già note, precisandone la frequenza e anche le possibili conseguenze cliniche. Secondo le stime della Commissione Europea riferite dall’AIFA, le reazioni avverse sono la quinta causa di morte negli ospedali.

In sostanza, la farmacovigilanza permette di svolgere la pratica medica in modo sempre appropriato e sicuro per i pazienti. Questo è possibile anche grazie alla segnalazione spontanea, che il cittadino è tenuto a compiere ogni volta che sospetta di aver subìto una reazione avversa a un medicinale. Ad esempio quando il sintomo insorge a poca distanza dalla somministrazione oppure quando migliora o scompare dopo aver sospeso il medicinale. La segnalazione può riferirsi a un evento di qualsiasi gravità e a una reazione avversa riportata o meno sul foglietto illustrativo.

La procedura prevede di compilare una scheda da inviare al Responsabile per la Farmacovigilanza della propria ASL entro 36 ore in caso di vaccini e biologici, entro 2 giorni per tutti gli altri farmaci. Sul sito dell’AIFA sono disponibili i moduli cartaceo ed elettronico nella versione sia per il cittadino che per l’operatore sanitario e l’ elenco dei Responsabili con relativi recapiti suddiviso per regioni. Oppure il segnalatore può seguire la prassi interamente online sulla piattaforma VigiFarmaco, dal 2017 attiva su tutto il territorio nazionale.

Dopo la validazione dei dati contenuti nelle schede, il Responsabile è tenuto a inserirli entro 7 giorni dalla ricezione nella Rete Nazionale della Farmacovigilanza, a sua volta collegata al network EudraVigilance, che raccoglie quelli forniti da ogni Paese Europeo.

La procedura appena descritta è una fonte di dati di importanza decisiva nella gestione del profilo della sicurezza di ogni medicinale utilizzato nel contesto reale, sia in ambito ospedaliero che nel territorio. Chiaramente non è l’unica fonte, le autorità attingono anche alla letteratura scientifica e periodicamente promuovono gli studi di “farmacovigilanza attiva” che coinvolgono gli stessi cittadini.

Il vantaggio della segnalazione spontanea risiede nel generare tempestivamente l’allarme su una reazione avversa rara, poco documentata o ignota. Una volta identificato il cosiddetto “segnale” l’AIFA e l’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) procedono con gli approfondimenti per chiarire il nesso di causalità tra l’evento e il medicinale, da cui seguono le eventuali azioni regolatorie. Queste comprendono la comunicazione di raccomandazioni sull’utilizzo del prodotto, la modifica del foglietto illustrativo, prevista anche nei casi in cui il profilo benefici/rischi rimane invariato, la sospensione della vendita e il ritiro dal mercato del prodotto.

In pratica ciò che viene segnalato è fino a prova contraria un “evento avverso”. Infatti una “reazione avversa” è per definizione <<la risposta nociva e non voluta di un medicinale>>, per cui la terminologia va utilizzata solo quando c’è la certezza che la causa dell’evento sfavorevole è riconducibile al prodotto farmaceutico.

Per generare l’allarme, chiarisce l’AIFA, servono più segnalazioni che descrivono lo stesso fenomeno. Secondo i parametri stabiliti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), il sistema di un Paese è efficiente se produce ogni anno 300 segnalazioni per milione di abitanti, il cosiddetto “tasso di segnalazione”. Almeno il 10% deve provenire dai medici e almeno il 30% delle schede deve essere relativo a reazioni avverse “gravi”.

Come accennato all’inizio, i cittadini segnalano poco. Salvo quando partecipano agli studi di farmacovigilanza attiva. In quell’anno il sistema registra un notevole aumento delle segnalazioni, per calare “drasticamente” al termine dei progetti. Questo comportamento è segno che i cittadini richiedono una stimolazione continua per mantenere l’efficienza del sistema. Sono le conclusioni a cui giunge l’AIFA in un’analisi dell’andamento delle attività dal 2001al 2011.

Il tasso viene raggiunto prevalentemente con il contributo degli operatori sanitari, fin dalla prima volta nel 2010 con 335 segnalazioni per milione di abitanti. In seguito l’Italia lo ha superato di gran lunga, ad esempio nel 2019 e nel 2016.

Come prevede la normativa sulla farmacovigilanza, gli operatori sanitari sono tenuti a segnalare ogni sospetto di reazione avversa a un medicinale, quando un cittadino che accusa un sintomo, ma è ignaro della procedura o poco motivato a seguirla, si reca al Pronto Soccorso o dal medico curante o in alcuni casi dal farmacista.

Chiariti questi aspetti, vediamo i dati nazionali dei principali segnalatori nel periodo 2014-2020 estratti dai Rapporti annuali del Centro Regionale di Farmacovigilanza della Sardegna.

La percentuale delle schede inviate ogni anno dai cittadini si ferma all’8 – 10% del totale delle segnalazioni. L’estensione della procedura online sul territorio nazionale non produce un ruolo più attivo come auspicato.

La percentuale dei medici supera notevolmente il 10% stabilito come parametro dall’OMS (2020- 63%; 2019- 64% e 2018- 64%). Fino al 2016 il dato è riportato con la distinzione tra “medici ospedalieri” e “medici di medicina generale”. I secondi partecipano intorno al 5% contro il 43-45% dei colleghi ospedalieri: lo sarà stato anche dopo? La percentuale di schede inviate ogni anno dai farmacisti non supera il 15% (2020-13%).

I dati suggeriscono che promuovere la cultura delle reazioni avverse nei cittadini possa incidere positivamente sul contributo degli operatori sanitari presenti sul territorio. Va detto però che la sottosegnalazione da parte dei professionisti in comunità, risponde anche a criticità formative e a “barriere psicologiche”, è quanto emerge dal documento dell’AIFA citato all’inizio. Da allora è stato fatto qualcosa?

Allo stesso tempo il ruolo più attivo dei cittadini/segnalatori consente di non perdere i dati dei medicinali utilizzati sul territorio. Questo è ciò che invitano a ritenere i parametri stabiliti dall’OMS.

Per sostenere la partecipazione più marcata dei cittadini sono necessarie iniziative di sensibilizzazione in modo capillare e continuativo. La pianificazione delle attività tiene conto dei fattori di rischio alle reazioni avverse ossia l’età, le differenze di sesso e di razza, la presenza di patologie croniche e concomitanti.

Secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, in Italia più della metà delle persone tra i 65 e i 75 anni convive con una o più patologie croniche.

Ma quando insorge una reazione avversa? Il fenomeno può accadere sia quando assumiamo un medicinale secondo le indicazioni riportate sul foglietto illustrativo sia per l’uso non conforme. Un’importante causa sono le “interazioni farmacologiche” che possono avere un esito fatale. Questo accade quando prendiamo più farmaci in concomitanza o un medicinale assieme a un’erba officinale contenuta negli integratori alimentari.

In Europa, l’Italia è il primo mercato degli integratori alimentari, lo rivela un’indagine del 2019/2020 condotta da FederSalus, l’Associazione Nazionale Produttori e Distributori di Prodotti Salutistici. Sono tra i prodotti più acquistati nel web, secondo il sondaggio di Cittadinanzattiva pubblicato su Farmacista33 . Ma solo il 30% di coloro che ricorrono a questo canale sanno riconoscere una farmacia autorizzata dal Ministero della Salute a vendere online. Questo espone i cittadini a rischi per la salute, lo chiarisce l’AIFA sul proprio sito (farmaci-contraffatti-e-vendita-on-line).

La vendita online sfugge alla consulenza del professionista sanitario, necessaria per l’acquisto di un prodotto privo di controindicazioni per il cittadino. Comunque, il sondaggio di Cittadinanzattiva rivela che il 51% dei rispondenti preferisce “il rapporto diretto con il farmacista”.

In definitiva la tematica che abbiamo esposto, ma senza la pretesa di esaustività, sollecita la promozione dell’uso consapevole dei medicinali in ogni fascia della popolazione. E non solo, la divulgazione al pubblico deve mirare alla comprensione della ricerca clinica sui medicinali.

Gli studi pre-marketing non possono fornire tutte le informazioni che derivano dall’uso di un medicinale. Essi stabiliscono la tollerabilità, la sicurezza e l’efficacia del prodotto in un gruppo di pazienti ben selezionato, che lo assume per un periodo limitato nelle condizioni più possibile vicine al contesto reale. Una volta sul mercato, il numero sempre più ampio di pazienti e di circostanze d’utilizzo arricchisce e migliora le conoscenze sul medicinale. Questo vale fino a quando ogni prodotto è in commercio.

La segnalazione spontanea è uno strumento irrinunciabile per mantenere il rapporto tra i benefici e i rischi correlato all’uso di un medicinale come al momento dell’autorizzazione all’immissione in commercio, in ogni caso sempre favorevole per la popolazione generale.

Detto ciò la domanda nasce spontanea: i cittadini non segnalano perché sono poco sensibili verso la problematica o perché non conoscono la procedura?

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