Il viaggio rappresenta, dacché esiste l’uomo, un metodo efficace, oltre che piacevole, di collegarsi alla memoria del mondo. La storia, che ha attraversato i secoli e che oggi sentiamo come indelebile traccia del nostro passato, ci definisce e identifica come esseri umani pensanti.
È per questo che la conoscenza di una cultura diversa dalla propria amplia le prospettive spesso accecate da una visione biecamente culturocentrica. Il viaggio consente sia la lontananza dalla propria cultura, sia la possibilità di penetrarne realmente un’altra. Non conta quanto si sia letto o le immagini che si siano viste di un luogo. Trovarcisi è un altro discorso, soprattutto se si è soli e si ha la possibilità di riflettere senza alcun filtro derivante da collegamenti con il proprio mondo. La dimensione di collegamento con una sorta di dio della memoria si esprime su due livelli: quello più specificatamente interiore e legato al proprio io e un altro riferito alla memoria condivisa e universale che va a basare le sue origini nella storia e le tradizioni di un determinato popolo.
Queste due sfere, se si riesce ad affrontare un viaggio di vera conoscenza del luogo che si sta visitando, tendono a fondersi perché si entra davvero nella cultura “altra” fino a diventarne parte, partecipare insomma pienamente al suo presente e arrivare perciò a far parte del suo passato prossimo.
Ogni popolo ha una sua memoria condivisa che può comprendere guerre, rivoluzioni, l’alternarsi di governi, la libertà o l’oppressione, lo stile di vita, la cultura e lo stesso modo di pensare. Eppure ci sono dei luoghi che possiedono qualcosa in più, qualcosa che li rende speciali. Certo ciò dipende dal punto di vista di chi li percepisce tali: per una persona estremamente religiosa (e cattolica) potrebbe essere Roma, per una patita di edonismo all’eccesso Ibiza, per un’amante della filosofia e dei miti è sicuramente Atene.
Salire faticosamente per l’Acropoli o passeggiare per l’Antica Agorà, per una persona di questo tipo, significa oltrepassare secoli di storia e di pensiero dell’uomo, legarsi a un passato che in qualche modo le appartiene, identificarsi con le proprie origini culturali. In poche parole ci si connette alla memoria condivisa di un altro popolo, la si comprende e la si fonde con la propria.
Questo fa nascere una maggiore consapevolezza e eleva il pensiero a una riflessione più acuta sulla nascita dell’uomo e soprattutto del suo pensiero, nascita scandita passo dopo passo dai filosofi ateniesi sul selciato dell’Agorà o declamata orazione dopo orazione nella grande sala dell’Acropoli. Uno dei primi luoghi dove nacque la filosofia (occidentale), e quindi il primo tentativo dell’uomo di dare un senso alle cose del mondo e all’esistenza stessa, fu infatti proprio Atene. Collegandosi con la sua memoria è dunque originarsi nell’acqua taletiana, o captare pitagoricamente la trasmigrazione della propria anima, o prender parte dell’essere di Parmenide, o penetrare il proprio io attraverso il “conosci te stesso” socratico, o proiettarsi nei miti platonici e nel suo mondo delle idee, o farsi carico dell’essere aristotelico e così via. Una memoria di questa portata è l’apice del godimento per chi è convinto che l’uso critico della ragione nobiliti l’uomo.
Tuttavia non è solo la sfera filosofica a conferire importanza alla Grecia, c’è la religione e il suo Olimpo e poi c’è la letteratura e il suo uso del mito. Ciò riguarda sempre e comunque un passato molto lontano, ma la penisola ellenica non è solo questo, essa è anche quella che è oggi a causa della sua storia più prossima che la vede lottare e cercare di sopravvivere a una difficile crisi economica che, nonostante molti greci tentino di sminuire, esiste e piega la popolazione. Atene sembra una città a buchi: interi palazzi buttati giù e occupati da parcheggi, case diroccate sparse qui e là, graffiti di denuncia in ogni quartiere, camionette della polizia nei punti nevralgici. Finisce che nel grande calderone della memoria ci entra anche questo, anche perché ti permette di capire lo stato d’animo delle persone che incontri, ti fa intuire i loro dubbi e comprenderne i comportamenti.
Poi è vero che “tutto scorre” (a proposito di) e tutto passa: la memoria appena recepita, una volta in patria, un po’ si dimentica ma non è nel ricordo in sé che la memoria arricchisce il proprio io, quanto nell’aver mutato quest’ultimo nella sostanza imprimendogli la propria impronta.
È così che paese dopo paese, città dopo città, cultura dopo cultura e memoria dopo memoria ci si sente sempre più collegati all’anima del mondo.