Astrolabio
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di Ouejdane Mejri Presidente dell’associazione PONTES dei tunisini in Italia

Il tempo è al centro dell’esperienza umana, ed è attraverso il modo di pensarlo e di esprimerlo che ognuno di noi coglie le variazioni del mondo, di ciò che lo circonda ma anche di quello che cresce dentro di se.

La temporalità è quella cornice all’interno della quale penetriamo la nostra esistenza e il nostro vissuto e la lingua come espressione di questa esperienza la porta in se come elemento essenziale per pensare e per descrivere. Se si vuole raccontare il tempo nel mondo arabo, bisogna sicuramente calarsi nella sfera linguistica ma senza mai tralasciare quella della civiltà e della cultura araba ricca di particolarità e di contraddizioni.

La percezione del tempo ci porta a viaggiare tra passato, presente e futuro. Dimensioni che nella lingua araba possono sovrapporsi oppure raddoppiarsi creando concetti alquanto singolari. Per esempio, ciò che precede e va in avanti [In arabo salifon‌] esprime con la medesima parola ciò che è accaduto in tempi precedenti, il tempo trascorso, finito. L’eternità invece è espressa nella lingua araba con due parole distinte, una che guarda il passato e un’altra il futuro. L’eterno preesistito che non ha inizio [In arabo azaloun‌] e quello che invece inizia ma non ha una fine [In arabo abadon], ricordano la temporalità eterna propria della divinità radicalmente altra dalla temporalità definita e limitata propria del genere umano.

Il passato sembra essere quel ritaglio di tempo che va obliato nella vita di un saraceno. “Ciò che è passato è morto [“Elli fet met”]” dice un proverbio tunisino avvalorando il detto arabo che lo caratterizza come “fuggente”. È intrigante come un’unica parola nella lingua araba designa sia un momento andato sia il vuoto o la solitudine. L’accostamento di questi concetti, aldilà di un lavoro filologico che non mi compete, pone a chi scopre questa meravigliosa cultura come il tempo sia affiancato a sentimenti o situazioni cariche di emozioni.

Il presente nel mondo arabo invece sembra quasi repentino. Infatti, la traduzione letterale della parola italiana adesso, è “l’istante” [In arabo Al’An‌]. Il momento fuggente che se non viene dominato ci domina, come lo racconta così bene Scherazade nelle sue Mille e una notte.

Finalmente il futuro sembra quello che offre maggiori speranze, esso è dipinto dalla lingua araba come l’appoggio e il sostegno. La parola futuro [in arabao Mustakbil‌] nella mia lingua significa anche andare verso l’altro per accoglierlo come se oggi aspettasse il domani con impazienza per accoglierlo. Ciò che avverrà però è tra le mani di Allah, infatti, se si esprime il momento prossimo si accompagna inconfutabilmente dall’”inshallah” inaugurale. Espressione di un fatalismo esacerbato che caratterizza colui che accetta il futuro predestinato, come possono denigrare alcuni, questa parola che significa “Se Dio Vuole” è pronunciata quotidianamente da milioni di arabi e di musulmani. Inschallah non va solo letta in chiave di scetticismo e di rassegnazione ma mi piace pensarla e pronunciarla come un’espressione portatrice di speranza e di buon auspicio.

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