Santa Sofia Istanbul
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A proposito di Istanbul, Santa Sofia e la sua trasformazione da museo a Moschea. Come è noto, l’edificio è nato come basilica, trasformata poi in moschea con la conquista di Costantinopoli da Maometto II, e solo negli ultimi cento anni trasformato in museo dal padre della Repubblica Mustafa Kemal Atatürk. Ora si torna nuovamente a luogo religioso con Erdogan, perdendo la sua connotazione culturale, riconosciuto come patrimonio Unesco.

Quello di Santa Sofia non è un caso isolato, anzi. Il Mediterraneo ha ospitato diversi esempi di edifici o santuari a “doppio culto”, come ad esempio La Madonna di Porto Salvo di Lampedusa, rispettata da cristiani e musulmani.

La questione di Santa Sofia, inoltre, mi ha portato alla mente una città spagnola in cui sono stata diversi anni fa, Toledo, che deve il suo fascino all’intreccio storico, monumentale e stilistico delle tre grandi religioni monoteistiche occidentali: l’ebraismo, l’islamismo e il cristianesimo. Passeggiando per la città si respira ancora oggi quella mezcla di culture e religioni che si avvicendarono rapidamente, anche convivendo per certi periodi. La chiesa (o Mezquita) del Cristo de la Luz è uno dei tanti esempi di cambiamento che ha interessato i luoghi di culto, la chiesa era infatti una moschea, ma poi venne trasformata, due secoli dopo, in tempio cristiano.

La condivisione, come abbiamo visto, è sempre stata la norma in molti luoghi di culto. Mi permetto di citare un nostro pezzo sulla Mezquita di Cordova “Una Cattedrale in una Moschea: incredulità e compiacimento, solennità e magnificenza, stupore e riverenza, tolleranza e rispetto si mescolano mentre si passeggia – tra la selva di colonne rosse e bianche, tra crocifissi e simboli musulmani ancora intatti – in un luogo dove il tempo sembra essersi fermato e dove non sembrano esistere confini culturali e religiosi”.

Ma torniamo alla questione della riconversione di Santa Sofia o Ayasofia per i turchi. Chi è stato a Istanbul è rimasto indubbiamente ammaliato dalla bellezza di questo gioiello dell’architettura bizantina. Oltre allo splendore dell’edificio ciò che colpisce è la sua storia travagliata, una storia millenaria che l’ha vista cattedrale greco-ortodossa, cattolica di rito romano, moschea ottomana e infine, museo.

Santa Sofia interno (foto Scoprire Istanbul)
Santa Sofia interno (foto Scoprire Istanbul)
La Storia

I lavori di costruzione ebbero inizio nel 532 e si conclusero nel 537, sotto l’imperatore Giustiniano I, sulle ceneri di quella che fu la basilica voluta da Teodosio II, incendiata durante la rivolta di Nika. Fino al 1453, Santa Sofia è stata una cattedrale cristiana e sede del Patriarcato di Costantinopoli, eccezion fatta per il periodo compreso tra il 1204 e il 1261, quando i crociati la trasformarono in cattedrale cattolica di rito romano. Nel 1453 con l’assedio di Costantinopoli ad opera del sultano Maometto II, che determinò la fine dell’Impero Romano d’Oriente , Santa Sofia venne convertita in moschea ottomana. Una conversione del luogo di culto non indolore, poichè vennero coperti i mosaici bizantini con una mano di calce – per cancellare il passato di Santa Sofia- e costruiti minareti e fontane.

Rimase luogo di culto islamico fino al 1931, in seguito venne sconsacrata e trasformata in museo nel 1935 da Mustafa Kemal Atatürk, primo presidente e fondatore della Repubblica turca. La trasformazione in museo fu l’emblema del suo progetto politico innovatore: una Turchia laica rivolta all’Occidente. Inoltre dal 1985 è Patrimonio dell’Umanità Unesco, uno dei luoghi maggiormente attrattivi per i turisti che fa registrare ogni anno milioni di ingressi.

Santa Sofia, fino ad oggi, è stata appunto un museo, un luogo di unione tra Oriente e Occidente con al suo interno testimonianze del mondo cristiano e islamico, che vanno dai mosaici bizantini ai minareti e ai mausolei dei sovrani musulmani Mehmet III e Selim II.

Erdoğan e la riconversione in moschea

Il 10 Luglio il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan ha firmato un decreto che ordina la riconversione della basilica di Santa Sofia di Istanbul in una moschea. Con la firma del decreto, Erdoğan ha trasferito il controllo della basilica al Direttorato degli Affari religiosi turco. La firma del decreto è giunta successivamente all’annuncio del Consiglio di Stato, il più alto tribunale amministrativo della Turchia, sull’illegittimità della decisione con cui nel 1934 il primo presidente turco Mustafa Kemal Atatürk aveva trasformato in museo Santa Sofia, all’epoca luogo di culto islamico.

Come annunciato dal presidente turco, Santa Sofia a partire dal 24 luglio sarà nuovamente luogo di culto islamico.

Questa decisione tuttavia è stata maturata da tempo, difatti già nel marzo del 2019 il presidente aveva affermato la volontà di cambiare la destinazione d’uso dell’edificio. In seguito, lo scorso 29 maggio in occasione del 567esimo anniversario della conquista ottomana di Istanbul da parte dei turchi, Erdoğan ha partecipato in diretta streaming a una cerimonia di commemorazione organizzata a Santa Sofia e ha fatto recitare, per la prima volta in più di 80 anni, a un imam versi del Corano all’interno della basilica. Gesto che va indubbiamente contro alla proibizione dell’utilizzo di Santa Sofia come luogo di culto, moschea o chiesa che sia.

Viene da chiedersi indubbiamente il perchè di questo cambiamento dopo ben 85 anni, la trasformazione avrebbe non solo un valore simbolico ma soprattutto politico (per Erdoğan). A detta di molti membri dell’opposizione il presidente ha premuto per la riconversione per fini meramente politici, per tamponare il calo di consensi del suo partito – evidente in seguito all’elezione a sindaco di Ekrem Imamoglu, candidato del partito laico CHP – e per distogliere l’attenzione dalla crisi economica che la Turchia sta attraversando.

La riconversione di Santa Sofia a detta di esperti ed analisti rientra nel cosiddetto “ottomanismo”, ossia il progetto di Erdoğan di recuperare la tradizione e la cultura dell’Impero Ottomano. Un’azione volta a far breccia nel cuore dei nazionalisti e della parte maggiormente conservatrice del Paese, nonchè una velata, ma non troppo, presa di distanza dal primo presidente della Repubblica Turca Atatürk, autore della riforma in senso laico del Paese.

Deesis – Santa Sofia (foto Wikipedia)
Deesis – Santa Sofia (foto Wikipedia)
Le reazioni alla riconversione

Da quando ha iniziato a prospettarsi agli inizi di luglio la possibilità della riconversione, voci di protesta e a favore si sono levate in tutto il mondo.

Una delle voci più autorevoli del mondo religioso che si è levata contro questa decisione è quella di Papa Francesco, che durante l’Angelus di domenica ha dedicato queste parole alla trasformazione: «E il mare mi porta un po’ lontano col pensiero: a Istanbul. Penso a Santa Sofia e sono molto addolorato». Il Patriarcato caldeo guidato da Louis Raphael Sako ha dichiarato: «I musulmani di Istanbul non hanno bisogno di una nuova moschea a Istanbul, dove ci sono già innumerevoli moschee». Il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, ha affermato che: «la trasformazione di Santa Sofia, per la sua sacralità, centro vitale in cui Oriente e Occidente si incontrano, dividerebbe questi due mondi». E ancora l’imam di Milano e presidente della Coreis (Comunità religiosa islamica italiana) Yahya Pallavicini ha osservato che Santa Sofia non dev’essere né moschea né museo ma che deve rimanere una chiesa e basta, tuttavia si è detto contrario ai “politicanti italiani” che speculano su questa vicenda.

Reazione contraria anche da parte del Segretario di Stato statunitense Mike Pompeo, che ha esortato il governo turco a non modificare l’attuale destinazione d’uso di Santa Sofia per «rispettare la storia di diversità di fedi che ha contribuito alla nascita della repubblica turca». La reazione greca è maggiormente dura: «inaccettabile l’utilizzo di un sito destinato ad altri culti».

Nonostante l’opposizione di tantissimi Paesi e di parte dell’opposizione turca, da un sondaggio condotto da Areda Survey e pubblicato l’11 giugno, è emerso che il 73.3% delle 2.414 persone facenti parte del campione, è favorevole alla riconversione, contro il 22.4% non favorevole e il 4.3% che non ha una precisa opinione in merito. Erdoğan dunque gode del sostegno della popolazione turca.

Santa Sofia o Ayasofya si trova al centro di una potente battaglia ideologica, e diverse ombre ancora da chiarire si calano su questa vicenda, tra cui – questione che preme anche i non fedeli – il destino dei mosaici e delle icone cristiane presenti nell’edificio. Si teme che vengano occultati e in questo modo condotti nell’oblio come successe in passato quando vennero ricoperti con la calce.

«Non c’è alcun ostacolo dal punto di vista religioso all’apertura di Santa Sofia ai visitatori al di fuori dell’orario delle preghiere» islamiche, ma «le icone» cristiane «dovranno essere coperte con delle tende o altri strumenti idonei» così si è pronunciata la Presidenza per gli affari religiosi turca (Diyanet), l’autorità che gestisce le moschee del Paese e che ha assunto anche l’amministrazione di Santa Sofia.

Tutti gli amanti dell’arte e della cultura e in particolare chi come me non è mai stato a Istanbul, rimarranno in attesa del 24 luglio per vedere come si presenterà al mondo la riconvertita Santa Sofia, da luogo laico a luogo religioso, un’altra volta!

1 thought on “Istanbul: la riconversione di Santa Sofia, contesa dalle fedi

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