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Troppo spesso giunge l’eco del Mediterraneo come teatro di morte e disperazione. Vi sono tuttavia molte realtà che operano affinché il Mare Nostrum torni ad essere ciò che è sempre stato: centro del mondo e culla di civiltà. Il Progetto Mediterranea, una spedizione nautica, culturale, scientifica e sociale, si propone proprio di ripartire dal Mediterraneo per dare vita a un nuovo mondo, un nuovo pensiero, un nuovo modello di sviluppo. Una nuova civiltà. Navigando fra sponde lontane, e favorendo il dialogo fra i popoli, l’imbarcazione del Progetto porta con sé un messaggio di pace, rispetto per l’ambiente, sdegno per la violenza e la prevaricazione, rifiuto delle ingiustizie sociali, rifiuto di ogni totalitarismo, amore per la differenza, passione per la comunicazione, culto della libertà.

“Progetto Mediterranea è nato da scelte precise, individuali, di cambiamento, di ricerca dell’autenticità – spiega a Mediterranea lo scrittore e giornalista Simone Perotti, promotore del Progetto – Volevo vivere mettendo al centro ciò che amavo e sentivo di essere profondamente: uno scrittore e un marinaio. E così ho lasciato le vecchie occupazioni, sono andato a vivere vicino al mare, mi sono messo a navigare e a scrivere per vivere. A quel punto, liberato il tempo da ciò che mi impediva sogni, progetti e movimenti, ho sentito che potevo diventare libero di fare ciò che dicevo di amare così tanto. Navigare per anni nel Mediterraneo”.

In questo caso, tra il dire e il fare c’era di mezzo proprio il mare… Dunque, come fare?

Per saperlo bisognava partire. Ma come? Non potevo avere una barca e mantenerla. E poi non volevo partire io, per conto mio, punto e basta. Ci voleva un progetto, un’idea, capaci di declinare il mio grande amore per il Mediterraneo in un disegno solido e longevo. E per fare grandi cose bisogna parlare con le persone, misurare il loro entusiasmo, le loro reazioni. E così andò. Ne parlai navigando ai miei ospiti (facevo ancora charter all’epoca), nacque l’idea dello sharing, pensammo a come organizzare un gruppo in grado di sostenere una viaggio importante per anni. E come le rocce che si fatica a sollevare ma poi rotolano da sole in discesa, tutto accadde.

Simone Perotti

Quali sono gli obiettivi culturali che ci si pone con la messa in mare dell’imbarcazione “Mediterranea”?

Mediterranea è in mare da oltre 8 anni, ha percorso oltre 21.000 miglia, e navigherà ancora a lungo. L’obiettivo che ha da sempre è principalmente culturale: intervistare intellettuali e artisti, ascoltare la gente, vedere luoghi, capire storie, e poi raccontare tutto, come fossimo novelli esploratori che tornano e spiegano ciò che hanno visto e sentito. Poi naturalmente l’obiettivo è nautico, studiare, spiegare, raccontare il mare, formare marinai, celebrare la cultura del sapere nautico come paradigma del rispetto per la natura, dell’umiltà dell’uomo di fronte a essa, del valore della marineria.

Maggie S. Lorelli a bordo di “Mediterranea”

Quali invece quelli sociali?

L’obiettivo sociale è ultimo, ma non ultimo. Ci siamo resi conto che a bordo accadono cose straordinarie tra gente orientata già al cambiamento, che vuole confrontarsi, che ha bisogno di simili per evolvere. Quando parlo di obiettivi sociali, non mi riferisco solo a quelli in cui cooperiamo con associazioni che hanno finalità sociali, dunque; parlo di persone che vogliono cambiare, e che normalmente non hanno molta facilità di parlare delle loro aspirazioni e delle loro paure. Mediterranea è un laboratorio di comunicazione, di testimonianze, di scambio, di ascolto. Un’oasi nel caos della non comunicazione attuale, della non relazione diffusa.

Gli Equilibristi Onlus sull’imbarcazione “Mediterranea”

Il progetto persegue anche finalità scientifiche?

Certo. Nel tempo abbiamo anche lavorato per mettere a disposizione di scienza e ricerca oceanografica la barca e l’equipaggio. Abbiamo collezionato plancton, fatto osservazioni sulle meduse, oggi raccogliamo campioni per cercare il dna dei mammiferi marini, facciamo osservazione e mappatura dei cetacei, dell’inquinamento in superficie, lavoriamo con ISPRA, Milano Bicocca e tante altre belle realtà.

Avete stabilito delle collaborazioni istituzionali o pensate ad altre forme di partnership?

Abbiamo partner a progetto o compagni di viaggio istituzionali. Nessuno ci dà un euro, semmai siamo noi che sviluppiamo lavoro e valore per loro. Abbiamo qualche sponsor tecnico che ci dà dei materiali, ma zero euro. A chiunque ci aiuti capitano cose buone, perché noi portiamo fortuna, come tutti i temerari testardi e pieni di sogni.

L’equipaggio

Quindi come si finanzia un progetto che richiede un grande dispendio di energie umane e che ha le potenzialità per incidere concretamente nella visione futura della società?

Avremmo potuto cercare sponsor, legarci a finanziamenti. Ma volevamo partire, non aspettare che qualche distratto direttore marketing notasse il nostro fascicolo sulla sua annoiata scrivania. E allora abbiamo creato il modello del co-sailing, cioè tanti che mettono poco a testa e così consentono tanto a tutti. La semplice idea della condivisione, della relazione per valori autentici, in cui dentro il denaro conta poco o niente, dunque non inquina tutto come al solito. Siamo dei concreti rivoluzionari, facciamo cose diverse, con successo, non piagnucoliamo mai e non chiediamo niente a nessuno. Un vettore come Mediterranea, che naviga senza sponsor, libero, autonomo, è una ricchezza per tutti. Noi, di fatto, finanziamo la scienza con barca equipaggio e lavoro. E ne siamo onorati.

L’imbarcazione “Mediterranea”

La barca è un simbolo di dialogo e pacifica comunicazione fra i popoli. Quali sono i valori che intende veicolare? E’ possibile parlare di “valori mediterranei”?

Certo che è possibile. Naturalmente questi valori vanno dissepolti, difesi, sostenuti, perché colonialismo culturale, omologazione, distrazione di massa hanno coperto tutto come la cenere a Pompei, e pare che il mondo sia diventato una landa desolata. Ma sotto quella cenere c’è la vita ricca e importante di una civiltà, quella che si affaccia sul nostro mare. Occorre studiare, capire, sentire, trovare spunti, idee e poi risvegliare le coscienze sulla nostra comune identità. Ed è questo che, umilmente ma caparbiamente facciamo.

La percezione comune del Mediterraneo è di via di fuga e luogo di morte, e gli scambi culturali fra i Paesi che vi si affacciano languono. Immagina che nel futuro il Mare Nostrum possa tornare ad essere culla di civiltà?

Non credo sia esattamente così. Le iniziative sono tante, il Mediterraneo dialoga. La morte e le diseguaglianze sono solo il risultato della cultura imperante e di una classe dirigente insensibile e non ispirata. Il potere, la burocrazia, stanno facendo vittime. Noi siamo per il sostegno a un Mediterraneo di pace e di ispirazione. Sogniamo un paese unito dalle differenze. un paese unico, enorme, saldo nelle sue identità.

La bandiera

A chi è rivolto il progetto e quali attori dovrebbero essere maggiormente coinvolti?

Ciò che stiamo facendo avrà un’eco ampia, stiamo seminando. Il progetto è rivolto a tutti coloro che pensano che una umanità migliore conseguirà certamente da una più chiara visione sulla propria identità. Bisogna cercare se stessi se si vuole cambiare il mondo. Altrimenti si viene cambiati.

Con l’Accademia dei Saperi del Mediterraneo, si affrontano progetti tematici della durata di circa una settimana. Quali sono i temi che vi stanno più a cuore?

Tutti i temi a cui possiamo accedere con le nostre esperienze: cibo, musica, lettura, scrittura, ambiente, apnea, autoproduzione, nautica…

In che modo questi corsi possono svegliare le coscienze su temi nodali per il futuro dell’intera umanità?

Nulla sveglia nessuno se prima non ci si mette a fare con passione ciò che si ama. E noi questo tentiamo di fare.

Quanto è importante la presa di coscienza e le conseguenti scelte e comportamenti del singolo nei cambiamenti globali di… rotta sociale?

Be’, totale. Se una persona cambia, il mondo è cambiato di un millimetro. Se due o tre o trecento o tre milioni cambiano, il mondo è cambiato radicalmente.

Il progresso della civiltà passa per la conoscenza e l’accettazione di sé e dell’altro da sé. Pensate a dei progetti formativi sul valore dell’accoglienza e dello scambio rivolti ai giovani?

Accoglienza e scambio li pratichiamo costantemente, sono esattamente la nostra cifra valoriale. Il progresso della civiltà passa per l’accettazione di sé, prima di tutto, e per la consapevolezza della differenza tra ciò che siamo e ciò che sentiamo di poter diventare. In quell’intervallo c’è tutta la nostra vita, il nostro percorso identitario. Lì c’è la nostra rotta. Solo percorrendo quella rotta il mondo cambia.

La sua è stata una scelta idealistica che sta trovando concreta realizzazione. Quanto contano le idee nella nostra società materialistica? Pensa che le idee possano cambiare il mondo?

Le idee sono le vele. Se non le issi resti all’ancora nella baia. E noi vogliamo navigare…

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