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Nelle pieghe esposte sta tutto un vissuto, quello che denuncia con serena consapevolezza lo scorrere che è stato del tempo, di una vita andata di una vita fatta di gioie e dolori. ” Il profondo senso del vivere”, il ”confesso che ho vissuto” di Pablo Neruda.

opening : sabato 10 febbraio 2018 ore 18.30, a cura di Maria Laura Petrilli


Non c’è tatuaggio più marcato e preciso che quello delle rughe su di un corpo. Evidente si propone la capacità di Antonio Finelli di tracciare con una matita il vissuto di una persona.

Un percorso di crescita in continua evoluzione e accelerazione che lo ha portato a trasferire la ragnatela della vita con il leggero ma potente tocco di una matita, dal volto fino all’intero corpo, nella sua completa, nudità arrivando a toccare la sfera più intima. Nelle opere di Finelli privato interiore e fisico si toccano, vengono annullate e cancellate le barriere poste da qualsiasi falso pudore. I soggetti si propongono in tutta la loro completa interezza; raccontare il proprio vissuto, senza vergogna, non può che essere un dono grande per tutti soprattutto per le nuove generazioni. I protagonisti delle sue opere hanno un grande potenziale empatico. Lo strumento è offerto dal soggetto in posa, attraverso il sorriso tra il sarcastico e la dolce delicatezza di uno sguardo malinconico. Antonio Finelli in questa personale presenta  anche una serie di sculture realizzate in ceramica con placche d’oro, sono il segno di quanto debba considerarsi prezioso, donare il proprio vissuto,con tutto il suo sapere, alle nuove generazioni.

Su queste delicate sculture sono impresse le impronte di parti del corpo per rendere ancora più immortale ”il senso del vissuto”. Non esiste un futuro che non si regga sulle tracce di un passato. Ma un passato lo fa solo chi è consapevole della sua rilevanza e come Antonio Finelli, lo marca sulla morbida ceramica perchè possa essere li, sempre presente, come ”un cimitero”, ove tornare con serena consapevolezza ad attingere il ricordo di chi ha segnato il proprio vivere.
Nella cancellazione delle parti sta un sorta di donazione del vissuto; frammenti di corpo che si staccano,come blocchi di ghiacciai, fino a sciogliersi, ad annullarsi. Possono parti bianche su una  una tela  avere la valenza delle parti disegnate? Come il padre della cancellazione della parola, Emilio Isgrò disse parlando di Klein: ”mi colpì lo spazio, la sua organizzazione concettuale. Compresi che lo spazio non era solo una questione geometrica,ma anche mentale”.
Isgrò cancella partendo dal principio per cui la vita è piena di ripensamenti, di rimozioni, di ricordi, di gesti cancellati e cancella le parole. L’atto di Finelli è ancora più forte; lui cancella l’uomo.
In fondo nella cancellazione dei suoi corpi e dei suoi volti c’è un donare, ma in quell’atto non viene trasferita alle nuove generazioni solo la parte positiva di un passato vissuto ,ma anche quella negativa che va annullata  e dalla quale è necessario rigenerarsi. L’opera di Finelli è una creazione di ”speranza”.

Il suo è un ”umanesimo” contemporaneo dal quale sarà possibile una volta ricostruito gettare le fondamenta di un nuovo rinascimento. L’arte ci tirerà fuori, con tutta la sua cruda denuncia, dai secoli bui del medioevo che stiamo attraversando.

opening : sabato 10 febbraio 2018 ore 18.30

curatore: Maria Laura Perilli
orari: tutti i giorni 10.00-13.00 16.00-19.00
chiusura: domenica e lunedì
galleria triphè : via delle Fosse di Castello 2 Roma
contatti: 366/1128107- info@triphe.it – facebook: maria laura perilli/galleria triphè Roma

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