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Grande successo dell’autore Silvano Agosti all’edizione 2015 del Marina Café Noir di Cagliari, presente con il seminario  “Dall’impotenza alla creatività”.

 Durante la prima settimana di settembre nelle zone del terrapieno di Cagliari il programma proposto dal Festival di letteratura Marina Cafè Noir si è confermato occasione per scoprire e rileggere autori, temi, modalità espressive a cui la città ha risposto riempendo e usando gli spazi a disposizione. Spin off della manifestazione, grazie al gemellaggio con un altro festival di linguaggi isolano Ottobre in Poesia, il seminario ideato e condotto da Silvano Agosti Dall’impotenza alla creatività, ospitato alla MEM. Era prevista una sola giornata, ma la grande affluenza del pubblico ha costretto l’organizzazione a replicare il seminario per una seconda giornata. 

Quando si traccia la biografia di Silvano Agosti, si parte dal momento in cui, a 17 anni, scappa di casa per andare per il mondo. Non a caso: è lui stesso a rintracciare in quella scelta il punto critico che gli ha consentito di intraprendere il suo destino di libertà. Quando si prova a raccontare di chi si stia parlando, si dice che è il regista, o il poeta, o lo scrittore, l’artista, e lui ridacchia e dice “ma guardate che vi sbagliate, allora ora che sto camminando sono il camminatore” e intanto andate a vedere la sua produzione e trovate più di cinquanta titoli tra film, interviste, documentari e opere letterarie.

Io al seminario ci sono andata attirata dal senso dei discorsi sulla tenerezza, la sensualità e l’amore raccolti nel documentario D’amore si vive; dalla capacità predittiva contenuta nel film N.P. Il Segreto, un pezzo del 1971 ancora in grado di rappresentare le logiche di ciò che sta accadendo e potrebbe accadere. Non li ho visti in tv, non credo possiate vederli in tv. Scoprirò dal regista che la Rai ha acquistato i diritti de Il Segreto 40 anni fa, e non lo ha mai trasmessoi.

Ci sono andata perché volevo capire che cosa un regista, scrittore, camminatore ecc. volesse proporre, ad un incontro che parla di creatività ma è chiaramente rivolto a tutti; volevo capire quali fossero gli obiettivi di un regista ecc. che chiede che l’essere umano venga riconosciuto quale Patrimonio dell’Umanità: quel capolavoro assoluto che è l’essere umano, dice lui. Se sulla fondatezza di questa petizione ci fosse qualche dubbio, basterebbe osservare i bambini piccoli, fino ai tre anni, dice lui.

Dopo quasi tre ore di articolarsi di considerazioni, interpretazioni, proiezioni, condivisione di esperienze, ancora non andiamo via, Silvano ci ha regalato un suo libro (a me Chiaro di Luna, una raccolta di racconti disarmanti), oltre che il dvd del film Il pianeta azzurro di Franco Piavoli, ed è disponibile a offrire a ciascuno dediche personali e poetiche. Io gli chiedo un incontro, così lascerò a lui il compito di raccontare cosa è successo in quella stanzetta della MEM. Io ancora ci devo pensare, il mio intuito ha capito ma lo sento lì ancora impegnato a preparare i pacchetti al fine trasferire tutto dalla pancia alla testa, e immagino ne avrà ancora per un po’ di giorni. In uno dei pacchetti però so già cosa c’è: è ciò che stavo cercando e cerco da quando mi è stato chiaro che il mondo, il quartiere, il condominio i rapporti, non si cambiano dall’alto, a partire dalle istituzioni, ma che siamo tutti lì a fare la nostra parte nell’interazione che costruisce questo mondo, quartiere, condominio, rapporto. Quindi l’etichetta che si trova nel pacchetto è questa: Responsabilità significa possibilità.

Silvano è disponibile e sembra contento della mia richiesta: oggi no, domani, pranzeremo insieme, ma lui avrà appena finito la seconda mattina di seminario e quindi desidererà riposare un po’. Ci daremo appuntamento più tardi al Caffè Savoia.

In questo tempo resto in compagnia di Leonardo Onida, organizzatore di Ottobre in Poesia e ponte tra la proposta di Silvano Agosti e la Sardegna. Mi racconta di quando è andato a cercarlo nel suo cinema (l’Azzurro Scipioni) a Roma, “abbiamo parlato un po’, e ho avuto la conferma di trovarmi davanti a un vero essere umano: un essere umano autentico, curioso, con gli occhi di un bambino che guarda la vita e tocca tutto ciò che lo circonda; dell’intuizione che lo ha portato ad invitarlo al suo festival, e ora al festival amico MCN – in cui hanno anche presentato la raccolta, con tre autori (oltre ai due, anche Beppe Costa) Gli alberi non scrivono poesie – “per me lui è un poeta della vita, che non solo la scrive, la racconta, la celebra, ma è uno che la vita la ama davvero e la rispetta, e questo per me è estremamente poetico”.

Silvano è in ritardo di quasi mezz’ora. No, è lì e mi aspetta da quasi mezz’ora; eravamo a due tavolini diversi e non ci siamo visti. Mi avvicino, lui sembra che mi stia invitando ad entrare in casa sua. Iniziamo.

Con il mio bravo quadernetto, i miei bravi appunti e il registratorino preso in prestito, inizio ad argomentare la prima domanda su queste lezioni. Ecco qua, lo sapevo che non dovevo fargliela così la domanda, l’avevo anche pensata meglio! Avevo anche chiesto suggerimenti a Leonardo, ed eravamo d’accordo che no, non avrei parlato di lezioni. E invece: le lezioni. Provo a recuperare…cioè, queste lezioni, volevo dire…ecco: in cosa non sono lezioni? E da subito, nonostante il mio equipaggiamento semi pro, non posso più nascondermi: sono una principiante che fa un’intervista a uno che ha intervistato pezzi di storia come Indira Gandhi, Osho, Panagulis, un espertissimo, insomma (mi riprometto di scusarmi appena finiremo. Ecco, mi scuserò per la mia inadeguatezza, questa sì che è una strategia confortante, mi scuserò; e intanto andiamo avanti che comunque mi sono data un obiettivo e a questo sono ancorata. Ecco. Poi mi scuserò!). L’avvio della risposta, in effetti, ha un tono po’ perplesso:

Le lezioni sono una caratteristiche della scuola e io identifico nella scuola una macchina demolitrice che distrugge, rendendola inservibile, la personalità degli esseri umani: non il corpo, come i campi di sterminio. Io non posso dire questo e poi dire che faccio delle lezioni. I miei seminari sono degli avvertimenti, io non vado insegnando delle cose, io metto dei cartelli in cui c’è scritto, per esempio: Attenzione! voi avete un governo che non è stato eletto da nessuno; e dico: Attenzione! ché così come questo governo silenziosamente in 5 anni si è auto-legittimato, fra poco potrà legittimare la vostra distruzione. Sono considerazioni tendenti ad aiutare le persone a salvarsi da questo sterminio invisibile che è quello della scuola, che è anche quello del lavoro e della convivenza. Sono tutte gabbie che servono a domare questo colosso, questo capolavoro assoluto che è l’essere umano.

Io l’ho chiamato seminario perché semino, e lo faccio in un territorio in cui i semi in genere attecchiscono, che è il territorio della scelta volontaria. Sono aiutato dal fatto che il titolo del seminario – Dall’impotenza alla creatività – corrisponde al desiderio dei più: questo titolo produce una nostalgia di sé che fa dire “perché io non gioco più? perché non faccio niente di veramente creativo? perché non scrivo? perché non dipingo? perché non mi comporto dando una risposta ai miei desideri? perché sono così finto? perché sono un cittadino, invece che essere un capolavoro assoluto?”. Questi perché giacciono sul fondo della mente umana e a un certo punto rispetto a qualche richiamo, come può essere il mio – dall’impotenza alla creatività – salgono un po’ e qualcuno li intravede.

Il mio pensiero è molto semplice, io sono un protettore di opere d’arte e dico: guardate che l’essere umano, chiunque egli sia non è un ragioniere, non è un operaio, non è un marito. È un capolavoro assoluto. Così come un quadro di Leonardo non è un pezzo di legno che serve a chiudere una finestra perché non entri il freddo.

Però, Silvano, io ogni volta che leggo un giornale penso che l’essere umano sia davvero uno schifo.

Io mi riferisco ai bambini fino a 3 anni di età, i quali rivelano una purezza di sé assoluta, corrispondono in modo perfetto a sé stessi. Poi questa corrispondenza diventa sempre di più fuori sincrono, sempre più diversa, più lontana, la persona gestisce sé stessa a distanza: mettiamo che senti nascere dentro di te un desiderio, quando sei bambino dici, per esempio: io desidero un gelato. Quando sei trasformato in un adulto dici: che ne dici se facciamo una passeggiata che magari troviamo una gelateria e magari prendiamo un gelato?

Come vedi non c’è niente di metafisico, non c’è niente di filosofico, è un problema di valutazione del valore reale di un essere umano. Per ridurlo in schiavitù è chiaro che il potere lo definisce una nullità. È stato così per secoli, ancora ci sono luoghi in cui l’essere umano è ridotto in schiavitù. Poi ci sono posti come l’Europa in cui la schiavitù è stata resa quasi invisibile, però c’è ancora: nell’obbligare le persone a pensare che se non lavorano non mangiano; come nel non comunicare loro che è finita l’epoca in cui c’è bisogno di lavorare, perché una macchina sostituisce anche 15 mila, anche 30 mila lavoratori, e allora è assurdo investire in 30 mila stipendi, 8 ore di lavoro al giorno, costerebbe molto meno prendere un po’ di profitti delle macchine e dare da mangiare a tutti quelli che un tempo lavoravano nelle fabbriche, per 8 ore al giorno. No? Questo mio pensiero si rivela semplice, ed è così un po’ in tutti i settori.

Ecco, semplice, è una parola che è ritornata spesso nelle scorse ore. Nel senso di semplice come la natura, come in balcone, che se il seme lo annaffi germoglia, se ha il tanto di sole e acqua sufficiente cresce, e poi ti fai il pesto o ti condisci il sugo; e poi ci sono altri semi, ma il processo è più o meno quello. Non c’è alcuna utopia, alcun non luogo. Si svolge tutto nel presente, con le possibilità che si generano a partire dall’assunzione di responsabilità. Dal momento che Silvano spiega semplice, gli chiedo di aiutarmi un po’ a spiegare come fa, chi lo fa, a uscire dalla trappola di quel diffuso senso di impotenza per cui sono costretto, inerme, a pagare le conseguenze del fatto che altri rubano, ledono, corrompono, ti tradiscono, non ti chiamano, non ti pagano e comunque non abbastanza.

C’è una porzione di 3 minuti di una conferenza, che gira in internet, si chiama Discorso tipico dello schiavo; quel pezzettino lì è stato sentito da un paio di milioni di persone. Ma perché? perché io a nome di tutti coloro che dovrebbero lamentarsi per il proprio destino, mi lamentavo del fatto che mi veniva rubata l’intera vita per lavorare, e questo si esigeva lo vivessi come un grande favore che io ricevevo. E questa è proprio la truffa! E allora io ho denunciato questa truffa. Ieri c’era una signora che l’ha sentito e ha detto “è vero!” e si è licenziata; mi ha detto “io stavo morendo di lavoro, mi sono licenziata e da lì è iniziata la mia vera vita”. E mi è sembrata molto sincera, onesta, no?

Io avuto la sfortuna o la fortuna immensa di scappare di casa a 17 anni e di decidere che nella mia intera vita avrei voluto avere il tempo necessario per capire cosa mi stava accadendo; solo che mi trovo a vivere in mezzo a milioni di persone che non sanno perché sta accadendo quello che a loro accade. Per cui si può far accadere qualsiasi cosa.

L’impotenza è diffusa equamente in tutti i settori, ti costringe a dire continuamente cosa vorresti fare, e a non farlo mai. Magari uno sentendo il mio messaggio dice “è vero il lavoro mi sta uccidendo quindi io lo elimino”, quindi fa qualcosa. Il problema è il fare! Se tutta la gente che è disoccupata facesse delle cose senza associarle all’ineluttabilità dell’essere pagati ci sarebbe un oceano di fare intorno a noi, vedremmo uno che va lì e dice “che peccato questa piazzetta, cancelliamo la scritta No Tav, che tanto qui non serve a niente”, e si mette lì e cancella, e fa una cosa. Il fare dovrebbe sostituirsi all’attesa di fare. La responsabilità di ciascuno è molto grande. Ed è molto facile: per esempio, dicendo “il nostro governo” si dà legittimità a un governo che non ce l’ha, perché non è stato eletto da nessuno, si dovrebbe invece dire “il loro governo” e questo susciterebbe una serie di domande in chi ascolta.

Quello del potere è un problema grosso, è un problema simile quello del tumore: è un tumore sociale che è in metastasi, ha raggiunto gli angoli più piccoli della socialità, ha raggiunto persino le persone che non possono difendersi da una tassazione offensiva, e sono costretti a truffare per campare. La truffa è una metastasi del potere che è arrivata fino al più piccolo bottegaio che se vuole campare deve rubare: ruba da una tassazione del 70% su quello che riceve, non fa lo scontrino, cerca di non farlo, e si sente umiliato perché deve continuamente nascondersi, fare finta. Il tumore del potere, essendo in metastasi, ha diffuso la disperazione dappertutto, persino nei privilegiati tra quelli che prendono 40 mila euro al mese, che sono disperati perché dicono “se qui cambia il regime io non prendo più niente”, quindi la disperazione è tutta tarata sul denaro. E il denaro…non è nulla, è un oggetto, sono pezzi di carta, sul nulla si struttura una disperazione in metastasi come il potere.

Nessuno che si chieda perché rubano? Perché non c’è una consuetudine per cui chi va in parlamento o al governo, lo fa come volontario? Nel senso che continua a ricevere gli stessi soldi di quando esercitava come medico, avvocato, ragioniere e non era impegnato al governo. Cosa vuoi che rubi uno che fa volontariato, ruba virtù? È chiaro che se cominci a dirgli “Come medico guadagni 5 mila euro al mese, qua te ne diamo 40 mila”… “Te ne diamo 40 mila”… E chi sono quelli che dicono ”ecco 40 mila”? Nessuno se lo chiede? Ecco, quello che prende 40 mila dal momento in cui si siede lì, in genere, tende a verificare insieme agli altri se da 40 si può passare a 45 o 50, perché se passa a 50 potrebbe forse acquistare quella catena di dieci appartamenti che gli darebbe da vivere anche se non facesse politica, per dire. E lì si intreccia un infittirsi patologico di miserabilità che è il possesso dei beni materiali.

Quindi lottare per prendere il potere è come lottare per prendere l’AIDS, è una cosa assurda! E qui chiamo in campo le forze cosiddette rivoluzionarie che, paradossalmente, non sono mai esistite: tutte le rivoluzioni, compresa quella francese, quella del ‘68, del ‘78 in Italia, sono state fatte dal potere che, accortosi di essere consumato, aveva come unica carta quella di concretizzare una rivoluzione, al fine di domarla e quindi rinnovarsi. Come vedi è sempre più incomprensibile, i più si sentirebbero smarriti. Perché più ti avvicini alla verità più ti allontani dal destino dei più, che è immerso nella menzogna. Ma non sono loro che mentono, è la menzogna che li tiene intrappolati.

E ora come la metto con gli amici aspiranti rivoluzionari? Già prima, Silvano, con l’esempio della scritta No Tav ci siamo fatti dei nemici, adesso vogliamo anche mettere la gente di fronte al fatto che attraverso la contrapposizione dura e pura non si fa che dare rinnovata forza al potere?.

Quando torno a casa, Silvano, mi butto dalla finestra.

Ma guarda che questo mondo è meraviglioso perché malgrado tutto questo, che è diffuso dappertutto, riesce ancora a dare un messaggio di presenza su questo pianeta. Per esempio c’è qualcosa che va avanti e tende ad allargare il privilegio della tecnologia a tutti. I grandi utopisti dell‘800 in Francia teorizzavano di riuscire a raggiungere un pasto caldo al giorno per tutti. Certo, non si è ancora raggiunto perché nel mondo ogni giorno 35.000 bambini muoiono di fame, ma se uno ora in un’intervista dicesse che vorrebbe che in Italia si raggiungesse un pasto al giorno per tutti, gli direbbero che questo forse c’è già, che forse si dovrebbe sperare questo per la Nigeria.

Poi hai visto che la gente ha cambiato totalmente il modo di mangiare? Ora mangia poco, non si strafoga più (io ho vissuto il periodo dopo la guerra e la gente si faceva pastasciutte alte 40 cm), ha iniziato a mangiare una modica quantità, e questo è un segno positivo. Ci sono un sacco di segni positivi, ci siamo tu che mi ascolti e io che ti posso parlare di queste cose. Durante il fascismo io non avrei campato più di tre giorni dicendo che il potere è come un tumore, e ogni giorno che mi sveglio sono grato a tutti quelli che sono morti perché io possa dire le cose che sto dicendo. Adesso si può, seppur in misura infinitesimale, avviare un processo di autocoscienza e dire: sai che sei responsabile del tuo destino individuale, ma sei anche responsabile, in piccola parte, di tutto ciò che è accaduto, accade e accadrà nel mondo? Sta a te non dimenticarlo e chiederti come fare a gestire questa responsabilità.

Ieri al seminario è successo un fenomeno stranissimo e indimenticabile, che succede anche quando qualcuno guarda un mio film: c’erano una cinquantina di persone che continuavano a ridere nel sentire delle cose terribili che una persona attribuiva al loro quotidiano. E ridevano di gusto! come se uno ridesse quando gli dicono che ha una malattia. Questo è interessante perché vuol dire che siete ancora lì, a vigilare su voi stessi, ed è quello che dà a me la certezza che è utile che io parli. Ma la mia è un opera molto piccola, talmente piccola che rischia di avere una risposta, perché se fosse più grande il potere la farebbe saltare. Invece cosa vuoi che sia 50 persone in un angolino?

Il modo che Silvano Agosti promuove anche entro il suo seminario, si trova poeticamente rappresentato in un libro, un libretto che si chiama Lettere dalla Kirghisia in cui, avevo pensato, si può ritrovare una descrizione di come sarebbe se la petizione di annoverare l’essere umano tra i patrimoni dell’umanità divenisse realmente operativa. Ma mi pare chiaro che non stiamo ad aspettare la risposta, il permesso, delle istituzioni, allora mi informo su come fare per fondare la Kirghisia.

Esiste già! Centinaia di persone mi scrivono dicendomi che stanno mettendo da parte i soldi per andare in Kirghisia. La Kirghisia per adesso ha un cittadino, ha un presidente della Repubblica, e se vuoi diventi cittadino anche tu. Non c’è bisogno di andare là, sono tutte cose che puoi fare anche qua, in mezzo a tutto questo. C’è nel libro una frase, forse la più abissale che io abbia mai scritto: Basta saper immaginare un isola perché quest’isola cominci realmente ad esistere. Però è importante che capisca cosa significhi. Allora dimmelo tu, cosa vuol dire?

… … …

– Adesso ti insegno a vincere a braccio di ferro.

i È possibile, oltre che consigliato, vedere i film e tutti i trailer delle opere di Silvano Agosti in streaming dal sito www.holyfilm.com (2,70 euro per tre giorni di disponibilità).

Immagine in evidenza di Alec Cani

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