giovanni maria angioy
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Esplorare la vita e l’opera di Giovanni Maria Angioy, controverso personaggio della «Sarda rivoluzione», equivale a porsi la questione: fu Angioy un rivoluzionario anti-monarchico o gli eventi lo condussero a diventarlo?

Per rispondere alla spinosa questione, con gravi implicazioni di ordine morale, occorre risalire agli anni 1718-1720 in cui la Sardegna passava la corona ai Savoia, suscitando un grande malcontento popolare diffuso ugualmente presso i filo-austriaci e i filo-borbonici. I Savoia avevano da subito mostrato disinteresse per l’isola, delegando il suo governo a corrotti e rapaci funzionari che non rispettavano la popolazione, ignorandone gli usi, i costumi e i delicati equilibri interni che la regolavano da secoli.

Gli aristocratici, estromessi dagli affari pubblici, avevano superato i contrasti fra loro per esprimere un unico malcontento anti-Savoia. I villaggi e le campagne erano oppressi da un intollerabile fiscalismo di natura feudale. Mal sopportavano di essere governati da istituzioni centralizzate e guidate dalla monarchia che ignoravano le loro realtà e i pesanti problemi che incombevano sulle popolazioni.

Se a tutto ciò aggiungiamo che la Sardegna s’impregnava delle nuove idee provenienti dall’Europa e che avrebbero condotto alla Rivoluzione Francese, il quadro è completo.

In tale vibrante prospettiva si staglia la figura di Giovanni Maria Angioy, personaggio altrimenti incomprensibile, senza un substrato storico impregnato di idee di libertà dei popoli che arrivavano da oltremare e abbattimento dei gioghi feudali tenuti in vita dalle monarchie per meri interessi dinastici.

Un uomo con una brillante carriera accademica che lo condusse a far parte della Real Udienza, massimo organo giurisdizionale del suo periodo, non potrebbe essere compreso e analizzato se non osservandolo attraverso il sopracitato punto di vista. La chiave di lettura della sua adesione alla rivoluzione, va letta, a nostro modesto avviso, in parallelo con la sua nomina di Alternos del Capo di Sopra, ovvero longa manus del Vicerè che lo aveva nominato per sedare i torbidi che scuotevano la Sardegna del nord.

Fu proprio durante il suo mandato che Angioy si rese conto delle tragiche situazioni dei campagnoli e si commosse per la loro indigenza e i soprusi feudali che opprimevano anche gli abitanti dei villaggi, anche loro dissanguati dagli abusi feudali. Empatico e generoso con i più deboli, fece estirpare gravissimi e annosi abusi perpetrati dal feudalesimo, scarcerare detenuti innocenti e pacificare famiglie separate da insormontabili discordie.

Sostituì i più esosi ministri di giustizia che sgozzavano il popolo con tributi esagerati. Ascoltò il popolo sardo depresso da tanti problemi, distribuendo il pane nelle città della propria giurisdizione. Giurò di difendere tutto il Capo di Sopra che gli era stato affidato dalla schiavitù del feudalesimo che i Savoia non intendevano estirpare, mantenendo fedeltà al re e tentando di salvarlo, abolendo unicamente il feudalesimo.

La sua nobile causa, tuttavia, gli valse la persecuzione da parte dei Sabaudi, spingendolo sempre di più fra le braccia della Francia contro cui non aveva esitato a combattere quando questa, in passato, aveva tentato di annettere la Sardegna.

Non v’è dubbio, dunque, sul carattere patriottico di Giovanni Maria Angioy che chiese aiuto alla Francia per supportare le forze sarde che volevano liberare l’isola rendendola una repubblica sovrana, sotto la tutela francese. Angioy si adoperò per tutta la vita al fine di realizzare tale sogno ma il 1800 lo vide infrangere in quanto, paradossalmente, la Corsica fu scossa da un movimento indipendentista anti-francese supportato dal Regno Unito.

La Francia dovette dunque intervenire sull’isola sorella convogliandovi le sue forze militari al fine di recuperarla. Fu questo il trauma più grande di Angioy perché il disegno dell’Alternos era sul punto di realizzarsi, supportato dal suo meticoloso lavoro per convincere Napoleone ad intervenire in Sardegna, tramite il Memoriale del 1799 e una fitta corrispondenza con le personalità francesi più influenti e suscettibili d’indurre Bonaparte a scontrarsi apertamente con i Savoia.

La politica di Napoleone si dovette spostare invece verso l’Europa, dove imperversavano preoccupanti focolai bellici. La supremazia navale inglese risultava oramai un’evidenza e la posizione sarda diveniva meno strategica agli occhi della Francia.

Intanto, sull’isola, si consumava un’immane tragedia, dopo il tentativo rivoluzionario animato da Francesco Cilocco e Francesco Sanna Corda che vide la morte del secondo durante lo scontro a Longone (attuale Santa Teresa di Gallura) e la cattura di Cilocco che, consegnato alle autorità sabaude, subì un vero e proprio martirio emblematico della sorte che toccava ai Sardi che osavano ribellarsi ai soprusi.

Per sottolineare ulteriormente l’amore che Angioy nutriva per la Sardegna e la razionalità che l’aveva spinto a chiedere aiuto alla Francia, ex antagonista della sua isola, basti pensare che malgrado la Francia fosse sotto Napoleone, la Rivoluzione aveva lasciato molti dei suoi principi ai quali si appellava il nostro eroe, nella speranza di vederli applicati al suo popolo, nella sua isola.

La lettura del suo Memoriale del 1799 in cui Angioy, dichiarandosi a capo del partito patriottico, implora l’aiuto della Francia per intervenire in Sardegna, è fondamentale per comprendere la generosa azione nei confronti della Sardegna e il sogno che animò Angioy, Michele Obino, gli angioiani sull’isola e gli esuli sardi tutti, di vedere la Sardegna libera insieme al sorgere di un’alba repubblicana sarda.

L’intera isola, estenuata da annosi soprusi feudali, era pronta a mettere fine all’evidente collusione fra la classe dominante sarda che godeva d’importanti benefici e i Piemontesi che li perpetravano, impiccando i campagnoli e gli abitanti dei villaggi con i lacci dei tributi.
Angioy non vedeva il mondo attraverso lenti rosa. Al contrario, il moltiplicarsi dei suoi ammonimenti sulla difficoltà di un intervento militare francese peraltro necessario, lo mostra attento osservatore della triste realtà sarda in cui la tirannia savoiarda appariva come un male ancora peggiore rispetto a una tutela francese.

L’indipendenza della Repubblica sarda avrebbe garantito, agli occhi di Giovanni Maria Angioy, la speranza di una nuova organizzazione sociale e politica all’insegna del pensiero rivoluzionario.

Liberté – Égalité – Fraternité: tre ideali sul cui altare Gio Maria Angioy immolò la propria salute, l’amore della famiglia, la patria e il benessere materiale.

Parigi, 23 Febbraio 2021

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