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Musica, immagini e teatro che si fanno poesia, per un viaggio mitico-metaforico alla scoperta della nostra isola. Lo spettacolo, ispirato all’opera “Mare & Sardegna” di D. H. Lawrence, racconta scene di vita, storia e cultura di una terra così autentica e al contempo aspra e selvaggia. 
Un ritratto denso di colori, tradizioni e atmosfere, accompagnato dalle musiche originali di Fabio Furia e dalla voce recitante dell’attore Simeone Latini.

Sul palco
ContraMilonga Quartet & Simeone Latini:
Simeone Latini, attore e regista
Fabio Furia, compositore, arrangiatore e bandoneonista
Gianmaria Melis, violino
Marcello Melis, pianoforte
Massimo Battarino, contrabbasso
Musiche originali composte da Fabio Furia.
Video a cura di Luca Sgualdini.

Un riflesso di luce colorata addolcisce il profilo severo delle mura del Castello di Salvaterra, ad Iglesias e sul palco bandoneon, violino, pianoforte e contrabbasso aspettano rispettivamente Fabio Furia, Gianmaria Melis, Marcello Melis e Massimo Bettarini perché diano loro vita.

Sembra una normale serata di musica estiva, ma lo schermo dietro al palco e il leggio in primo piano fanno sospettare che tanto normale non sarà. Se ne ha certezza non appena Simeone Latini esordisce con le parole di David Herbert Lawrence e del suo “Mare e Sardegna”, diario di un viaggio in Sardegna intrapreso nel 1921, ricco di scomodità e costellato d’imprevisti.

La musica del ContraMilonga Quartet è struggente, nostalgica, incanta, a tratti si fa ironica mentre accompagna il racconto delle peripezie, talvolta comiche, dei viaggiatori, che quasi si vedono nelle immagini d’epoca che scorrono sullo schermo. Musica come pennellate di un quadro, capace di descrivere ora la vitalità della via Roma affollata a Cagliari, ora la desolazione di un minuscolo paese privo di attrattive. Ci si potrebbe limitare a lasciarsi trasportare dalla composizione di Fabio Furia, e sarebbe già abbastanza.

Ma, ad ascoltare e a guardare bene l’intreccio perfettamente sincronizzato di musica, parole e immagini, ad un certo momento il passato comincia a confondersi col presente e non si può non essere disturbati dal fastidioso pensiero che il nostro presente difficoltoso sia già stato vissuto e descritto quasi 100 anni fa.

Lawrence cercava “una Sardegna indomita. Che giace nella rete di questa civiltà europea, ma non è ancora acchiappata. E la rete si sta facendo vecchia e lacera…. e probabilmente la Sardegna sta scivolando via, fuori dalla rete”.
Trovò una terra bellissima ma che reputò del tutto inadatta alla vita civile. Una terra che costantemente poneva innanzi al visitatore e agli abitanti la scelta se amarla, e quanto, o se odiarla, e quanto. E la descrisse col coltello affilato del suo sarcasmo.
L’ironia amplificata dal contrabbasso; i contrasti e le asprezze sottolineate dal violino; l’armonia nascosta nella indifferenza apparente di uomini e paesaggi, portata in superficie dal pianoforte.
Le parole di Lawrence entrano sotto la pelle, scavandosi la strada a suon di musica e, un attimo prima di diventare pietra, si sciolgono nella morbidezza delle note calde del bandoneon. E’ la musica che risolve il dilemma.

Quando Fabio Furia allarga le braccia in tutta la lunghezza del bandoneon, in quello che sembra l’invito ad un abbraccio, come Lawrence, veniamo catturati da questa terra che si amerà sempre un po’ di più di quanto la si possa odiare.

E’ un progetto emozionante, un pezzo di bravura che scorre senza che si abbia percezione della difficoltà di coniugare i tempi della musica, quelli del racconto e quelli delle immagini e che prende per mano gli spettatori per portarli in un altrove di tempo e spazio che sembra piuttosto un ritorno a casa.

Testo di Ornella Fanni, foto di Antonello Casu

 

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