
La piccola cittadina di Paduli, in provincia di Benevento, fa poco più di 3500 abitanti e, posta sulla sommità di uno sperone roccioso dell’Appennino Campano, domani sia la valle del fiume Calore Irpino che quella del fiume Tammaro. Questo borgo è piacevole paesaggisticamente e la vita che si respira, a parte un’atmosfera di altri tempi, è a misura d’uomo, per quanto Il territorio comunale, attraversato com’è dalla strada statale 90 bis, costituisca un vero e proprio crocevia che interconnette il capoluogo con Ariano Irpino e Foggia.
Con molta probabilità queste terre, già abitate in epoca preromana, erano molto frequente dagli Hirpini, una tribù di origine sannita. In epoca preromana il territorio dovette essere abitato dagli Hirpini, una tribù sannitica stanziata su buona parte dell’Appennino Campano; l’insediamento era molto frequentato anche al tempo dei Romani per via della sua posizione privilegiata, posto a confine con Sant’Arcangelo Trimonte, lungo la rotta che attraversava la Valle del Miscano, come attestano i rinvenimenti archeologici, i ruderi e le antiche iscrizioni. Con la dispersione demografica a causa della caduta dell’Impero Romano e delle invasioni barbariche vi fu un certo declino, ma grazie ai Normanni il paesino di Paduli venne ampliato e fortificato, garantendo una certa autonomia, almeno fino al periodo feudale. Sotto al dominio degli Angioini, persa l’indipendenza, Paduli passò successivamente alla famiglia Shabran, poi alla famiglia Carbone, dunque a Gentile da Montecalvo, poi ai Pignatelli, ai Cossa, ai Caracciolo, ai Barone, agli Spinelli, e ancora ai Cybo, i quali ne cedettero la proprietà ai Coscia di Benevento nel 1726; questi signori misero mano alla ai ruderi dell’antico castello di Paduli che un tempo ospitò illustri personaggi a partire dai conti di Ariano al duca Rainulfo, dai re Ruggiero, Tancredi, Federico II, Manfredi, fino a Ladislao, Renato D’Angiò, Francesco Sforza, e Alfonso I d’Aragona, edificando un grande palazzo, poi posseduto dalla famiglia De Vivo. Paduli è gemellata con la cittadina statunitense di Oyster Bay e quella australiana di Campbeltown. La concentrazione di architetture religiose è di per sé una grande attrattiva per visitare Paduli: la chiesa madre di San Bartolomeo e l’ingresso alla base del campanile costituiscono un unicum architettonico più unico che raro, poi la chiesa di San Nicola, la chiesa di San Giovanni Battista, il Convento e chiesa Santa Maria di Loreto e la chiesa della Madonna Addolorata e del Sacro Cuore, contenente diverse opere del maestro Mimmo Paladino, rappresentano esempi di superba bellezza, unitamente alla chiesa Madonna di Lourdes di Piana Ferrara, alla chiesa della Madonna delle Grazie ed ai palazzi storici. Non sono pochi gli eventi, le sagre e le festività padronali durante l’anno e, dal punto di vista gastronomico, si possono apprezzare primi piatti della tradizione con i cicatielli, la tiella e la tipicissima zeppola padulese.
Come attesta la tradizione familiare di Piero Verlingieri, alla conduzione di Rossovermiglio dal 1988, la vitivinicoltura è piuttosto remota a Paduli e l’azienda, così come la conosciamo oggi, risale almeno all’800, principiando con la produzione di uve a bacca rossa, del vino e della conseguente vendita presso la storica cantina nel centro di Paduli. Nel 1992 Piero, aiutato da sua moglie Maria Teresa, convertì la sua azienda con maggiore slancio e caratterizzandosi fortemente sui vini bianco, lasciando inalterato l’inconfondibile marchio.


Le uve Falanghina ad uso per il Frenesia sono state allevate con sistema a spalliera nei vigneti di Rossovermiglio a Paduli, su terreni a matrice calcareo-argillosa posti a 260 metri di altitudine, con una densità di impianto di 5000 piante e una resa complessiva per ettaro che non supera i 100 quintali. La raccolta delle uve è manuale e metodica e, dopo una pressatura soffice dei grappoli, il mosto viene trasferito in serbatoi di acciaio inox, non prima di una rigorosa sfecciatura, fermentando in autoclave a temperatura controllata. A seguire affinamento sui lieviti per circa 12 e un successivo affinamento in bottiglia per altri 2 mesi.
Prodotta in 10 mila bottiglie il Frenesia Spumante Brut Falanghina del Sannio Doc 2023 di Rossovermiglio presenta le seguenti caratteristiche: veste giallo paglierino e riflessi verdolini, con bollicine numerose, persistenti e abbastanza puntiformi. Le note si schiudono con note floreali di camomilla e fieno, per spaziare ai riconoscimenti fruttati della mela champagne, dell’albicocca e della pera con un tocco finale mielato e di radice di zenzero fresca. Al sorso è cremoso e voluttuoso, si presenta come un vino allegro, esattamente quel che ci vuole per celebrare le feste con disinvoltura, grazie all’acidità, appena una spanna sopra al salino. In bocca torna la mela con i suoi aromi, ma anche la nota citrina del pompelmo fresco con una nota di scorza di cedro candito. Coniglio ripieno alla ligure con crema di parmigiano al limone e basilico.